Decisione del giudice di New York su richiesta del New York Times per proteggere contenuti a pagamento
OpenAI deve conservare, a tempo indeterminato, le chat degli utenti, anche quelle eliminate. È la conseguenza, come si legge da una nota ufficiale della startup americana, di un'ordinanza del giudice distrettuale di New York del 13 maggio, resa nota di recente.
Una decisione che arriva dopo che il New York Times e altri querelanti hanno chiesto a OpenAI di tenere una copia di qualsiasi conversazione intrattenuta dagli utenti, gratis o con un abbonamento, come eventuale prova di un loro utilizzo di ChatGpt per generare risposte basate su articoli a pagamento, protetti da "paywall".
Le informazioni oggetto della controversia vengono rimosse dai sistemi di OpenAI entro 30 giorni. Per l'accusa, il chatbot della startup, in alcuni casi, può aggirare il sistema, rispondendo a domande su contenuti che richiedono un acquisto, di fatto svelandoli. Secondo OpenAI, la modifica potrebbe essere applicata anche all'Unione Europea, dove vigono norme di tutela differenti, come il Gdpr, ed è per questo che la startup la contesta: "Stiamo adottando misure per ottemperare alla legge, ma la richiesta del New York Times non è in linea con i nostri standard sulla privacy. Per questo motivo la contestiamo".
"È una richiesta inutile" prosegue sul sito dell'azienda il direttore operativo, Brad Lightcap. "È in netto contrasto con i nostri impegni sulla privacy e abbandona norme consolidate, indebolendo la tutela degli utenti. Crediamo fermamente che il New York Times abbia esagerato. Continueremo a presentare ricorso contro questa ordinanza per continuare a dare priorità alla fiducia e alla riservatezza dei dati". L'impatto si avrà su chi usa ChatGpt Free, ma anche Plus e Pro, nonché gli sviluppatori, con accesso alla piattaforma di programmazione. Esclusi invece i clienti di ChatGpt Enterprise ed Edu.