laR+ Eurovisioni

Non saranno solo cuoricini

La nazione prepari i fazzoletti: l’Esc prende il via questa sera con la prima semifinale, aperta da una swiss-celebration da ricordare

Da sinistra, Sandra Studer e Hazel Brugger, le presentatrici, sabato con Michelle Hunziker
(Keystone)

È tanto bella Basilea, e non c’entra che la targa è BS e per uno nato a Brescia due semplici lettere possono fare molto per il processo di integrazione settimanale. È ancor più bello il fatto che i basilesi parlano la lingua che preferisci: se sbagli una umlaut non fanno le facce strane come gli zurighesi (mai come i francesi), e nemmeno si mangiano le sillabe come i britannici. Se proprio gli vuoi trovare qualcosa, ai basilesi, è che fanno i palazzi storti (sul regolamento condominiale delle Torri Roche dev’esserci scritto “non mettetevi tutti dalla stessa parte, altrimenti cade”).

Un’altra cosa bella dei basilesi è che vedono il pass dell’Eurovision, tutto pieno di cuoricini, e invece di maledirti come a Sanremo, dove la gente del posto prega che tu te ne vada presto così le fogne tornano a funzionare e i parcheggi a parcheggiare, qui ti chiedono cosa ne pensi delle canzoni delle nazioni di appartenenza. Come Francisco, originario di Santiago de Compostela, guidatore di treni svizzeri in pensione con il quale nel tragitto dall’Eurovision Street alla fermata della linea 14, quella che porta alla St. Jakobshalle, si è parlato amabilmente di musica e placche in titanio (“Non sono quelle che fanno suonare i metal detector, mi creda. A me per l’usura ne hanno messe un paio nella spina dorsale. Lei porta una cintura?”). Tutto questo in spagnolo italianizzato, per cortesia sua.

“Le piace la canzone della Spagna? Magari quest’anno ce le facciamo a vincere”. Tenuto conto che l’ultima vittoria della Spagna risale al 1969, si capisce perché uno spagnolo con il mal di schiena ci tenga a vincere l’Eurovision Song Contest prima di essere troppo in là con gli anni. A noi la Spagna piace, Melody canta bene, ‘Diva’ è un potente inno femminista, ci sono tante chitarre… “Vengono dal flamenco, sono una cosa proprio nostra!”. Da quando è a Basilea, di Eurovision Francisco non se n’è perso uno. Ancora qualche anno e tornerà a Santiago, “anche se mi dispiace”. Vorremmo parlargli dei palazzi storti, ma forse non è il momento. “E lei, ci va tutti gli anni all’Eurovision?”.

L’ultima volta fu Torino, con il test anti-Covid all’arrivo e da ripetersi ogni tre giorni nelle aule di una scuola. A metà settimana poi, il test divenne facoltativo. La sala stampa, che a Basilea è un intero palazzetto dello sport, a Torino era l’hub per le vaccinazioni riconvertito in press room, accanto allo Stadio Olimpico già Comunale, lo stadio che fu di Platini e Boniek. Quello del 2022, vinto dall’Ucraina e con i Mäneskin che proprio a Torino lo avevano portato, fu un Eurovision meno sociale e più social, come l’emergenza voleva. In cerca di storie da scrivere andammo a farci raccontare le bizze delle star dai tassisti torinesi che accompagnavano gli artisti dagli alberghi ai palchi, cosa che a Basilea non sarebbe possibile perché tra gli elementi turisticamente meno attrattivi della Svizzera ci sono i taxi, che costano un botto. Ma non è colpa di Basilea, e nemmeno dei basilesi.


Keystone
Le Torri Roche

La prima semifinale

Stasera che sera

Preparate i fazzoletti. Tutto comincerà con la sigla dell’Eurovisione, forse la canzone più famosa dell’Eurovision Song Contest, composta tra il 1688 e il 1689 da Marc-Antoine Charpentier, quando ancora non c’era l’Eurovisione e nemmeno i dischi e la televisione. Poi centinaia di milioni di persone sulla Terra assisteranno a quella che potrebbe essere (potrebbe perché quando l’ingegnere scozzese John Logie Baird diede dimostrazione del concetto di televisione nel centro commerciale Selfridges di Londra, giusto cent’anni fa, non eravamo ancora nati) la più emozionante ricostruzione della storia svizzera che la televisione ricordi.

Così si aprirà questa sera la prima semifinale dell’Eurovision Song Contest di Basilea, tra Alpi, corni delle Alpi, alpigiani e padri fondatori. Non bisognava essere di sangue svizzero per emozionarsi davanti alle prove generali della prima serata tenutesi nel pomeriggio di ieri. Prepariamoci anche a celebrare la musica svizzera, dai pionieri Yello al ‘Ballo del Qua Qua’ (perché ce l’abbiamo sulla coscienza). Ulteriore e bella Svizzera sarà nelle già annunciate ‘cartoline’ recapitate agli artisti in gara, le clip introduttive che sposano località elvetiche tra le più fascinose. C’è chi per presentare la propria canzone è andato a sciare a Laax e chi a Zermatt, chi a Lavaux a bere vino, chi a Magglingen (Be) a imparare la lotta svizzera (quei buontemponi degli svedesi KAJ), chi a fare il bigliettaio sui tram di Basilea (Lucio Corsi, che già sa fare molte cose di suo) e chi al mulino di Bruzella (Gabry Ponte).

In ordine di uscita

Aspettando Michelle Hunziker, attesa sabato, nella St. Jakobshalle di Basilea faranno gli onori di casa Hazel Brugger e Sandra Studer. Dopo averli visti nei rispettivi videoclip, il pubblico eurovisivo vedrà dal vivo, nell’ordine: l’Islanda del duo Væb, con ‘Ròa’, in un momento di K-pop nordico; la Polonia con la rumorosa ‘Gaja’ (Terra) di Justyna Steczkowska, digitalmente immersa nei quattro elementi e con ampie chance di finale; la Slovenia di Klemen sotto un cielo rosso di stelle e una storia di vita vera (la guarigione della moglie); l’Estonia di Tommy Cash con la ormai nota ‘Espresso Macchiato’, che forse per troppa notorietà non ha scaldato i cuori degli addetti ai lavori. In finale di diritto, ma anche per soddisfare le aspettative di Francisco, la Spagna con Melody (‘Diva’), che gioca su alcuni punti fermi nazionali (flamenco in testa) in un brano che passa dal buio alla luce. L’Ucraina con gli Ziferblat (‘Bird of Pray’) è per i palati fini del miglior alternative rock.

Quella della Svezia con i KAJ (‘Bara Bada Bastu’) è una sauna svedese riprodotta in legno, asciugamani e foreste di betulla (tutta la halle giornalistica canta “Åh, ey-åh, ey-åh”, per quel che può valere). Gli amanti dei volumi bassi potrebbero apprezzare i Napa dal Portogallo, a parlare di nostalgia di casa nella bella ‘Deslocado’, dove gli effetti speciali più potenti sono il panorama di Madera, cittadina sul mare. Poi la Norvegia con ‘Lighter’ di Kyle Alessandro, che per cassa in quattro fa il pari con ‘Strobe Lights’ del rosso (di capelli) Red Sebastian, il martello dance del Belgio che tanto piacerà agli amanti del tunz-tunz più estremo. L’Italia è nei due Marshall giganteschi e il pianoforte a coda lunghissimo di un fumettistico Lucio Corsi, accolto tiepidamente dai presenti ma congedato con più convinzione. Il funk dell’Azerbaigian dei Mamagama (‘Run with U’) verrà oscurato dal David di Michelangelo alle spalle di Gabry Ponte per San Marino: nella halle pomeridiana, quella per ‘Tutta l’Italia’ è una piccola ovazione.

Seguiranno l’Albania dell’elegante duo elettro-pop Shkodra Elektronike (‘Zjerm’), i Paesi Bassi di Claude (‘C’est la vie’) e la pulsante Croazia di Marko Bošnjak (‘Poison Cake’). Poi il mondo vedrà la Big Five Svizzera in tinte caravaggesche con Zoë Më nel suo ‘Voyage’, una cosa di classe che quest’anno non ce n’è. Chiuderà l’energico Theo Evan per Cipro: il titolo della canzone, ‘Shh’, è un invito al silenzio che all’Esc pare quasi una bestemmia, ma il contenuto è tutt’altro.

Il boato della St. Jakobshalle, quello dei fortunati che hanno trovati i biglietti per la prima delle prove generali di ieri, iniziate alle 21 e proiettata nella sala stampa, è cento volte quanto vissuto di pomeriggio nel palazzetto semivuoto dai più composti rappresentanti dei media. Una cosa è certa: non saranno solo cuoricini.


Keystone
Giusto un’anticipazione