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Il Consiglio degli Stati serve la ‘lex bratwurst’

‘Altri criteri’ per definire i valori soglia, tempi diluiti, sostegno ai contadini colpiti: i ‘senatori’ reagiscono al caso San Gallo. Parla Markus Ritter

Il consigliere nazionale sangallese del Centro, agricoltore bio, è presidente dell’Unione svizzera dei contadini
(Keystone)
5 giugno 2025
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Le aziende agricole i cui prodotti contengono livelli eccessivamente elevati di Pfas (vedi box) dovrebbero essere sostenute finanziariamente. Mercoledì il Consiglio degli Stati ha approvato (32 voti a 12; contrari Ps, Verdi e la verde-liberale Tiana Moser) una mozione in tal senso della sua Commissione per l’ambiente, la pianificazione del territorio e l’energia (vedi sotto). La mozione – che chiede fra l’altro di prendere in considerazione “anche altri fattori, oltre ai rischi per la salute e l’ambiente” nella fissazione dei valori massimi consentiti dalle pertinenti ordinanze – prende le mosse dalla situazione venuta a galla lo scorso anno nel canton San Gallo (vedi box). Dallo stesso cantone, anche se non dalla regione dov’è stata scoperta la superficie contaminata, proviene il consigliere nazionale del Centro Markus Ritter, presidente dell’Unione svizzera dei contadini. Lo abbiamo intervistato.

Signor Ritter, quanto è grave il problema della contaminazione da Pfas in agricoltura?

Non lo si può dire con certezza. Indagini e misurazioni sono in corso, sia nei cantoni che a livello federale. È importante disporre di una solida base di dati, prima di prendere delle decisioni. La mozione approvata oggi [ieri per chi legge, ndr] dal Consiglio degli Stati va in questa direzione [chiede infatti una regolamentazione transitoria, ndr].

Nel suo cantone sono state scoperte numerose aree contaminate da Pfas, verosimilmente a causa dello scarico in passato di fanghi di depurazione contaminati provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue. Come si presenta la situazione oggi?

Il Cantone ha già preso delle decisioni e ha messo a bilancio una somma importante [5 milioni di franchi, ndr] per sostenere le aziende agricole colpite. Per queste famiglie è un momento difficile.

Non è rischioso allentare i criteri impiegati per definire i valori limite?

‘Allentare’ non è il termine giusto. La mozione propone un approccio all’insegna della proporzionalità, con l’inclusione di tutti i criteri opportuni. Se non fosse così, il Consiglio federale in commissione non vi avrebbe contribuito, come invece ha fatto. E non la sosterrebbe, come invece ha fatto con convinzione [la consigliera federale] Elisabeth Baume-Schneider davanti al plenum. La commissione del Consiglio degli Stati ha lavorato in modo molto serio. Sono convinto che abbia trovato una buona soluzione.

Il principio di precauzione non viene rispettato, sostiene la sinistra.

Non sono d’accordo. La salute delle persone è qualcosa di molto importante. Ma molti altri aspetti vanno considerati. Come gli interessi delle famiglie colpite. Tutti questi aspetti devono confluire nella ponderazione. È il senso di questa mozione equilibrata, che opportunamente chiede anche di non recepire alla cieca la direttiva Ue sull’acqua potabile, ma di definire norme svizzere.


Keystone
Il consigliere nazionale sangallese del Centro, agricoltore bio, è presidente dell’Unione svizzera dei contadini

Carne, uova, latte, pesce contaminati rischiano di incrinare la fiducia dei consumatori. Se adesso alziamo i valori limite non la si compromette ulteriormente?

Non si tratta di alzare o no le soglie, ma di includere altri criteri tra quelli impiegati per definirle. È importante che la valutazione sia comprensiva.

Migros ha annunciato che intensificherà i controlli sulla carne. Non teme che questo possa spaventare i consumatori?

Tutti i grandi distributori sono obbligati a effettuare controlli regolari sulle derrate alimentari. Sanno che queste devono rispettare rigorosamente i requisiti di legge. Non c’è nulla da ridire al riguardo.

Non è preoccupato per la produzione agricola?

Abbiamo un conflitto di obiettivi. Da sempre l’uomo cerca di migliorare la propria vita, con prodotti nuovi, che però hanno degli effetti collaterali e, prima o poi, vanno smaltiti. L’agricoltura vi è confrontata direttamente. Dovremo sempre cercare di gestire al meglio questo conflitto di obiettivi, per fornire alle persone i migliori alimenti possibili. Sono convinto che la mozione vada nella giusta direzione: invece con soluzioni estreme – come il divieto dei pesticidi – non andremo da nessuna parte.

Non si dovrebbe cominciare col vietare i numerosi pesticidi contenenti Pfas ancora in circolazione?

Anche questo aspetto deve rientrare nelle valutazioni in corso da parte della Confederazione. I lavori mostreranno esattamente dove e come intervenire. L’obiettivo è chiaro: tornare a valori non preoccupanti. Ma non potremo mai e poi mai avere una tolleranza zero nei confronti di queste sostanze. Possiamo affrontare il problema solo con pragmatismo.

Il dibattito

Ipotesi mescolamento, la ‘ministra’ è scettica

Approvando una mozione della ‘senatrice’ Marianne Maret (Centro/Vs), nel 2023 il Parlamento aveva incaricato il Consiglio federale di definire nelle ordinanze dei valori specifici per i Pfas. E così dallo scorso anno pesce, carne e uova non possono più essere venduti se superano determinati valori massimi.

Una maggioranza Udc/Centro/Plr della Commissione dell’ambiente, della pianificazione del territorio e dell’energia del Consiglio degli Stati (Capte-S) trova queste soglie troppo stringenti. Ne è convinto anche il plenum: il Consiglio degli Stati vuole che il Consiglio federale prenda in considerazione “anche altri fattori, oltre ai rischi per la salute e l’ambiente”, in particolare l’inquinamento di fondo esistente, l’applicabilità della misura, la sua coerenza con altri valori limite e le conseguenze economiche, “con particolare riguardo agli effetti su aziende agricole o sui fornitori di acqua interessati”. Nell’ordinanza rivista andrebbero poi introdotti “condizioni e termini transitori adeguati” relativi al raggiungimento dei tenori massimi di Pfas nelle derrate alimentari di origine animale. Infine, la Confederazione dovrebbe esaminare, in collaborazione con i cantoni e gli istituti di ricerca, misure di sostegno alle aziende agricole interessate.

“Una ‘strategia zero’ per i Pfas è del tutto irrealistica”, ha dichiarato martedì in aula Benedikt Würth (Centro) a nome della commissione. Per le aziende colpite, la contaminazione potrebbe avere una valenza economica esistenziale. Occorre affrontare questo problema “non solo complesso, ma anche emotivo” senza “allarmismo”, con “un’adeguata regolamentazione transitoria”. “I livelli massimi per la carne e il pesce sono stati introdotti troppo bruscamente. Ci vuole tempo per abbassare i valori”, aveva detto il sangallese alla ‘Nzz am Sonntag’, preconizzando una riduzione “proporzionale e graduale”.

Una minoranza rosso-verde/verde-liberale si è battuta invano contro la mozione. “Non basta alzare le soglie per risolvere il problema”, ha detto Tiana Moser (Pvl/Zh). La zurighese ha deplorato che la Svizzera abbia valori “laschi” in materia e auspica un piano d’azione nazionale sui Pfas, con il coinvolgimento dei cantoni. Sulla stessa lunghezza d’onda la giurassiana Mathilde Crevoisier Crelier (Ps): “Di fronte al consenso assoluto sulla portata della contaminazione da Pfas e sulla potenziale pericolosità per la salute ambientale, animale e umana, allentare la protezione va contro i dati scientifici, il principio di precauzione e la legislazione sulle derrate alimentari”.

Il Consiglio federale invece proponeva di accogliere la mozione. II Dipartimento federale dell’interno sta già lavorando a una regolamentazione temporanea per consentire l’immissione sul mercato di prodotti alimentari provenienti da luoghi con una maggiore contaminazione da Pfas. Le richieste dell’atto parlamentare “possono essere integrate nei lavori in corso”, ha assicurato la consigliera federale Elisabeth Baume-Schneider (Ps), che ha definito “pragmatica” la mozione. Una delle (controverse) idee sul tavolo – ha spiegato negli scorsi giorni alla Srf Sarah Camenisch, portavoce dell’Ufficio federale della sicurezza alimentare e di veterinaria (Ufv) – è quella di permettere a produttori e trasformatori di mescolare o lavorare alimenti provenienti da aziende agricole contaminate con alimenti non contaminati, a condizione che il prodotto finale rispetti i valori soglia. Baume-Schneider ha parlato di “un’ipotesi”, mostrandosi piuttosto perplessa, anche in relazione alle diffuse riserve emerse sin qui.

Le reazioni

‘Così si fa semplicemente scomparire il problema’

Il Consiglio nazionale deve ancora esprimersi sulla mozione approvata dai colleghi ‘senatori’. Ma l’esito appare anche qui scontato. I Verdi saranno in prima linea a battersi contro un allentamento dei criteri impiegati per definire i valori limite in materia di Pfas. “È una ponderazione di interessi: vogliamo proteggere la salute delle persone, oppure favorire la produzione di derrate alimentari contaminate?”, dice a ‘laRegione’ la consigliera nazionale dei Verdi Manuela Weichelt. La situazione è “molto seria”, i Pfas sono “ovunque: nel suolo, nelle sorgenti, nelle acque superficiali, negli animali, negli alimenti, persino negli imballaggi”. E non solo: “Residui eccessivi di Pfas sono stati riscontrati in Svizzera nel sangue del 41% delle donne in età fertile. I danni alla salute delle persone sono gravi”, fa notare la deputata di Zugo. Il “problema più grande” è l’impiego su larga scala di pesticidi, afferma il consigliere nazionale ecologista Kilian Baumann. “Un centinaio di prodotti fitosanitari ancora impiegati in agricoltura contengono Pfas”, osserva il contadino bio bernese, presidente dell’Associazione dei piccoli contadini. “Dovremmo cominciare da qua: vietare l’utilizzo di questi prodotti”. Poi occorre “indennizzare i contadini che lavorano su terreni contaminati”. Alzare i valori limite, come chiede la mozione approvata dal Consiglio degli Stati (“e come si fa anche con i pesticidi”), “non è una soluzione sostenibile”: in questo modo “si fa semplicemente scomparire” il problema. Mischiare prodotti contaminati con prodotti sani? “A corto termine, in casi ben circoscritti e controllati, magari può anche funzionare. Ma a lungo termine non porterebbe a nulla”. Per Sophie Michaud Gigon (Verdi/Vd), “solo adesso cominciamo a renderci conto della montagna” con cui abbiamo a che fare, del “problema gigantesco in termini di salute pubblica e di risorse finanziarie” necessarie per risanare i siti più contaminati. “Non possiamo fare come lo struzzo, mettere la testa sotto la sabbia”, dice la direttrice della Federazione romanda dei consumatori, che insiste sulla necessità di trovare “una volontà politica” per “riorientare la produzione verso metodi meno inquinanti”.

In Ticino

Oggi i risultati dell’indagine

Novità sono attese per il Ticino: oggi il Laboratorio cantonale pubblicherà l’esito della sua indagine sulla presenza di Pfas in alimenti (pesci e carne in primis) e acqua. La notizia più recente, positiva, giunge dal cantiere per la seconda canna del Gottardo e l’ha comunicata l’Ustra il 27 maggio durante l’incontro con la popolazione: non vi sono valori sopra la soglia e in ogni caso è vietata l’aggiunta di Pfas nel cemento, pratica fatta in passato per migliorarne le qualità tecniche; inoltre le ditte devono certificare il non utilizzo. Caso emblematico Sant’Antonino, nel cui pozzo idrico presente in paese due chilometri a valle di quello che fu il cantiere AlpTransit, nel 2022 sono emerse tracce di Pfas, poi confermate l’anno successivo da un’analisi su scala nazionale. Pur essendo i limiti di legge rispettati e l’acqua potabile, la Confederazione ha deciso di finanziare la posa dei filtri a carbone (1,8 milioni) e la loro gestione (100mila franchi annui). Mentre le Ffs si sono impegnate a filtrare l’acqua in uscita dalla galleria. Analoga situazione a Capriasca, con Pfas scoperti nel pozzo Pezza su cui ha influito il cantiere AlpTransit di Sigirino: qui tuttavia la situazione è risultata meno grave e si sta tutt’oggi valutando quale provvedimento adottare. A Chiasso è infine nota sin dal 2020 la contaminazione della falda che alimenta il pozzo Pra Tiro, con inchiesta penale finita l’anno scorso in un decreto d’abbandono. Pure qui i filtri a carbone nel frattempo posati permettono di ritrovare un’acqua priva di Pfas.