laR+
logoBol

A soli 11 anni già ricoverati per ansia o tentativo di suicidio

Pedopsichiatri preoccupati per una sofferenza sempre più precoce. L’esperta Aldini: ‘Liste d’attesa di tre settimane per i ricoveri programmati’

Pedopsichiatri preoccupati per una sofferenza sempre più precoce. L’esperta Aldini: ‘Liste d’attesa di tre settimane per i ricoveri programmati’

26 giugno 2025
|

Scompensano, diventano violenti, tentano di suicidarsi ed hanno solo 11, 12 anni. Che cosa si divora la spensieratezza di questi ragazzini e ragazzine? Cerchiamo qualche risposta, osservando più da vicino la realtà del disagio adolescenziale in Ticino. Al microreparto di pedopsichiatria all’ospedale Civico di Lugano, per minori sotto 16 anni, il letto per le urgenze (uno dei cinque disponibili) è quasi sempre occupato da chi diventa un pericolo per se stesso o per gli altri. «Lo scorso anno abbiamo avuto una sessantina di ricoveri. Per quelli programmati ci sono fino a tre settimane di attesa. In media arriva un’urgenza a settimana, quando sono due, diventa già difficile, il weekend è spesso il momento peggiore», ci spiega Alexia Aldini, specialista in psichiatria infantile e caposervizio al Servizio medico psicologico del Sottoceneri. Ci aiuta a capire che cosa raccontano i numeri della sofferenza giovanile. Dati alla mano, nel 2023 la Clinica psichiatrica cantonale ha ammesso 86 pazienti minorenni, nel 2022 erano stati 63. Il passo successivo, per alcuni è l’assistenza e/o l’invalidità, che possono essere scongiurati da una precoce presa a carico. «Quello che ci preoccupa del crescente disagio giovanile, in parte psichiatrico è che si manifesta sempre più in tenera età. Curiamo anche preadolescenti, ragazzi e ragazze di 11, 12, 13 anni».

Soprattutto ansia e depressione

Un trend, continua la psichiatra, che si riscontra anche nel monitoraggio dell’Organizzazione mondiale della sanità del 2021: «Metà dei disturbi mentali inizia prima dei 14 anni e il suicidio è la quarta causa di morte tra 15 e 19 anni. Tra i problemi di salute mentale, la fanno da padrone ansia (diagnosticata nel 3,6% tra 10 e 14 anni e nel 4,6% tra 15 e 19 anni) e depressione (diagnosticata nell’1,1% tra 10 e 14 anni e nel 2,8% tra 15 e 19 anni)».

C’è chi va alla deriva, scompare dai banchi e dai registri di scuola, si inceppa. Adolescenti ‘ritirati sociali’ che smettono di uscire di casa, ma anche ‘disinibiti sociali’, i nuovi vagabondi senza regole. La frustrazione monta e diventa rabbia che esplode interiormente, disegna una mappa di tagli sulla pelle, nel tentativo di spostare la sofferenza mentale sul corpo e renderla forse più sopportabile, o si traduce in azioni pericolose per sé stessi o per gli altri, o in problemi alimentari o chiude le porte di ogni via comunicativa con il mondo esterno. Riagganciarli laddove si sono incastrati è la sfida. Rialzarsi dipende spesso da chi si incrocia sul proprio cammino.

Diverse lacune nelle strutture diurne

Non c’è una ricetta che vale per tutti. Mettono in scacco genitori, docenti, operatori. Come agganciarli e accompagnarli verso una matura responsabilità è la sfida. E con quale approccio: gli strumenti attuali sono ancora adeguati? È opportuno chiederselo considerando i numeri di un crescente disagio giovanile. Per chi è al fronte, la coperta è scelleratamente troppo corta. Quando il foyer esiste, trovare un posto è un percorso a ostacoli. Molto spesso mancano proprio le strutture, soprattutto diurne. Aldini: «L’offerta in Ticino va diversificata e andrebbe ulteriormente articolata per le varie fasce di età».

Sarà una boccata d’ossigeno, per i casi più gravi, la nuova Unità di cura integrata per minorenni in via di allestimento alla ex clinica di San Pietro di Stabio, prevista nella pianificazione sociopsichiatrica cantonale per ovviare al problema del ricovero di minori in reparti per adulti dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale (Osc) o in cliniche private del cantone. La struttura provvisoria avrà a disposizione 13 posti letto acuti, alcuni saranno dedicati al disturbo alimentare.

Prevenire per ridurre la medicalizzazione

La dottoressa Aldini è coinvolta nell’allestimento del nuovo servizio. «Sarà importante fare prevenzione per ridurre la medicalizzazione, altrimenti rischiamo che nemmeno questi posti basteranno». La sede di Stabio è una tappa transitoria verso la struttura finale, che non sarà realizzata prima del 2028: «Idealmente a Bellinzona vicino all’ospedale. Conterà 10 posti letto acuti in pedopsichiatria, 5 in day hospital e 5 a domicilio». Insomma un grande cantiere aperto. «Da un anno e mezzo, un gruppo di riflessione sta disegnando il concetto di cura nella futura Unità integrata, pensando anche ai disturbi alimentari».

Perché un ragazzo o una ragazza a 12 anni arriva a pensare al suicidio?

Per varie ragioni, sia neurobiologiche, sia di fragilità familiare ma anche sociale. La pandemia ha accelerato un crescente disagio giovanile mettendo in luce vari limiti del sistema familiare e sociale. I giovani esprimono il loro disagio e malessere in molti modi: vediamo più disturbi dell’umore, atti di autolesionismo, violenza, tentativi di suicidio, disturbi alimentari, ma anche ritiro sociale e assenteismo scolastico. Gli esordi sono più precoci, anche a 10, 11 anni. Non solo ragazzi, accogliamo sempre più ragazze con esplosioni di aggressività, in fuga da casa o che hanno commesso furti. In questa fascia di età è già diffuso il consumo di canapa.

Parlando con gli adolescenti si è fatta un’idea dei motivi? Che cosa scatena tutta questa sofferenza?

Le cause sono molteplici. C’è un cambiamento dei nuclei familiari, molti ricostituiti, c’è più libertà, meno limiti e regole, meno conquiste da fare, più possibilità di affermarsi: tutto ciò ha alterato i ruoli tradizionali familiari in una società più fluida, che ha indebolito il ruolo paterno riconosciuto e riconoscibile, una società narcisista e più esibita verso l’esterno. Tutta questa esibizione mediatica estrema fin dalla tenera età attraverso i social media, espone i giovani in modo precoce, intenso e rapido a tanti stimoli emotivi. Non hanno però la maturità psichica per sostenerli e integrarli. Inoltre, reputo che oggi abbiamo più strumenti diagnostici per individuare precocemente le problematiche intrapsichiche.

Quindi non è una generazione più fragile, ma abbiamo più strumenti di diagnosi precoci, siamo dunque più attenti e formati per curarli?

Rispetto ad altre generazioni, gli adolescenti di oggi sono più riconosciuti nella loro fragilità. Curando i figli, spesso scopriamo che genitori o nonni hanno avuto problemi simili in adolescenza senza beneficiare di cure. Questi ragazzi talvolta sono portatori di una sofferenza transgenerazionale mai trattata.

Dopo la fase acuta, una volta dimessi dal reparto di pedopsichiatria, chi segue settimana dopo settimana questi ragazzi? Le famiglie lamentano lunghe liste di attesa nei foyer, lacune nella presa a carico. Non ci sono comunità terapeutiche di recupero… Come vede lei la situazione in Ticino?

L’offerta in Ticino va diversificata e andrebbe ulteriormente articolata per le varie fasce di età. Penso ai centri psicoeducativi, semiresidenziali, già esistenti per la fascia di età dalla scuola dell’infanzia alla scuola elementare, così come penso a ciò che è da mantenere e ulteriormente far crescere: centri diurni terapeutici per adolescenti, strutture residenziali terapeutiche, progetti di prevenzione del disagio psichico sin dai primi anni di vita su situazioni a rischio (ad esempio depressione post-partum). Avere un’offerta di cura diversificata attorno ed esterna alle cure acute ospedaliere aiuta a prevenire, curare e ridurre al minimo la medicalizzazione di questi adolescenti.

Infatti, sempre più ragazzi si ritirano in casa e si isolano dal mondo: come riuscite ad agganciarli? Per il futuro pensate a nuove forme di aiuto a domicilio?

Vediamo tanti casi di assenteismo scolastico, associati a un più generale quadro di ritiro sociale: è un fenomeno che va a ondate. Molto spesso vengono segnalati dalle scuole alle autorità di protezione, perché per i 16enni c’è l’obbligo scolastico. Questi quadri non rappresentano un motivo di ricovero ospedaliero in urgenza (se non quando a queste problematiche si associano sintomi di tipo anticonservativo, come idee di morte) ma semmai di ricovero programmato. Ora non abbiamo risorse per trattamenti a domicilio, le avremo in futuro con la nuova unità di intervento.

Intanto, che cosa potete fare in queste situazioni di ritiro sociale e assenteismo scolastico?

Optiamo per una prima linea d’intervento in ambulatorio: supporto alla famiglia, intervento psicoeducativo a domicilio, visita medica a domicilio in alcune situazioni, con l’obiettivo di pervenire a una cura ambulatoriale. Se il ragazzo rimane inaccessibile o l’intervento è inefficace, si attiva una seconda linea d’intervento che è quella del ricovero a scopo di diagnosi e programmazione terapeutica. Un periodo di osservazione e presa in carico intensiva in ricovero, in un contesto separato da casa dove il minore è ritirato, può favorire la ripresa di una quotidianità e anche della frequenza scolastica, oltre che permettere una migliore comprensione dei motivi psichici sottesi ai sintomi.

Significa che il ritiro sociale può anche mascherare l’esordio di una malattia psichica?

Alcuni casi possono nascondere esordi psicotici spesso accompagnati da un abbassamento del tono dell’umore, isolamento e stati depressivi e quindi simulando un problema psicologico più lieve. Talvolta l’attivazione dell’autorità di protezione da parte della scuola o, se già non avvenuto, da parte dei servizi di cura – soprattutto quando le terapie non possono realizzarsi per motivi di grave resistenza del ragazzo e del suo sistema familiare a darvi seguito – può portare a una reazione positiva nel ragazzo, sostenendo il percorso.

In concreto, riuscite ad aiutare questi adolescenti a superare queste fasi e rimettersi in carreggiata?

Prima si interviene, tanto più la prognosi sarà buona. Questi ragazzi possono guarire sia dai disturbi alimentari sia dai tentativi di suicidio. Come primo passo valutiamo la loro storia, l’ambiente in cui sono inseriti, la rete di amici, il loro livello di funzionamento cognitivo e quali progetti hanno per il futuro. Tocca a noi progettare reti di cura multidisciplinari per sostenere questi adolescenti e invertire la rotta patologica.