laR+ Vallemaggia Magic Blues

Magico blues nella swinging valley

Il festival valmaggino, al via l'11 luglio, nelle parole del suo ‘motore’, Fabio Lafranchi. Aspettando gli Yardbirds, un salto nel tempo anche ticinese

The Yardbirds live @ Innovazione (agosto 1964, Locarno). Il programma completo dell’edizione 2025 è su www.magicblues.ch
(E. Galbiati)
7 luglio 2025
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«È successo un anno fa, non è molto. È un momento che non dimenticheremo. La tragedia in valle, i morti. Il primo pensiero come festival fu “e adesso cosa facciamo?». Fabio Lafranchi, promotore (motore) del Vallemaggia Magic Blues, così ricorda i momenti antecedenti l’edizione 2024, figlia di un’alluvione ma anche del desiderio di non esserne sopraffatti. «Annullarla si sarebbe potuto, e nemmeno saprei dire quanto ci sarebbe costato, ma dopo un paio di giorni di smarrimento, parlando con il presidente Raffaele Dadò, con gli altri del gruppo, con i comuni di Lavizzara e Cevio, nacque l’idea di dare un segnale forte: la valle non poteva fermarsi, doveva ripartire». Tempo quattro o cinque giorni ed ecco il piano B, lo spostamento dei concerti di Brontallo a Giumaglio e quelli di Cevio a Gordevio. «Cevio, in particolare, ci tenne in ballo fino a poche ore dall’inizio, perché voleva tanto ospitare il Magic Blues sulla piazza». Fu solo la mancanza del ponte a imporre una nuova sede.

Alla fine la macchina ripartì, «con il panico iniziale del dover organizzare tutto da capo, per poi renderci conto che spostare le date era il minore dei mali». Un ultimo inconveniente, la serata di Brontallo spostata a Giumaglio, annullata ventiquattr’ore prima per un’allerta meteo di livello 4. «Il primo concerto, quello di Moghegno, ci diede la sensazione di avere riconquistato un minimo di normalità. La bassa Vallemaggia non era stata toccata granché, a parte la passerella di Aurigeno, dunque la valle era viva».


Fabio Treves (sx) e ‘Blue’ Lou Marini

E così il Vallemaggia Magic Blues suonò in faccia al destino, per tornare un anno dopo, dall’11 luglio al 7 agosto prossimi, con la sua 23esima edizione. «Il pensiero c’è ancora», confessa Fabio. «I fatti sono stati ricordati da poco, ma da allora la valle si è compattata, si è mossa nella direzione di un ritorno alla normalità in tempi il più possibile brevi, compatibilmente con la gravità dell’accaduto. Se penso alla frana di Fontana, per esempio, per tornare alla normalità potrebbero servire decenni, ammesso che quella zona possa tornare come la conoscevamo».

Di questo Magic Blues 2025 che «ricalca le ultime due edizioni», se si parla di blues puro allora Lafranchi cita Lou Marini, dalla Blues Brothers Band a Maggia il 6 agosto quale featuring della prima blues band italiana di sempre, quella di Fabio Treves. E cita il ritorno in valle, quindici anni dopo, dei Dr. Feelgood, formazione tra più longeve (il 7 agosto, sempre a Maggia). E poi gli Atomic Rooster di Pete French e Steve Bolton, il 23 luglio a Cevio per la prima Magic Rock Night. «La novità di quest’anno è proprio il rock. Raddoppiamo le serate». Per un piccolo cambio di programma, Cevio ospiterà gli storici Yardbirds nell’atteso concerto del 24 luglio. «Tornano sessant’anni dopo, con Jim McCarty, membro fondatore». Ed è bello ritrovare le band storiche con almeno un originale al loro interno. Fa decisamente più ‘storia’.

Correva l’anno 1964...

“I locarnesi avranno presto una grande sorpresa: tra pochi giorni arriveranno in città per trascorrervi un periodo di vacanza i famosi ‘Yardbirds’, londinesi, diretti concorrenti dei non meno famosi ‘Beatles’. Gli ospiti approfitteranno della loro vacanza per offrire alla cittadinanza, e specialmente alla gioventù, quattro serate di divertimento con musiche, canti e danze (…) Assieme ai cinque componenti l’orchestra dei (sic) ‘Yardbirds’ giungeranno anche 15 ragazze inglesi le quali apprenderanno (sic) ai giovani locarnesi le nuove danze ora in voga a Londra e lanciate appunto dai ‘Yardbirds’”. E ancora: “In questi giorni giungeranno a Locarno anche i dirigenti dalla casa discografica ‘Columbia’, la quale incide per i ‘Yardbirds’, perché si vuole raccogliere una documentazione incisa delle reazioni e del successo che il complesso inglese avrà sulla gioventù locarnese”.

L’11 agosto di quasi 61 anni fa, con lessico almeno colorito e un’idea personalissima su chi incide e chi produce, così l’Eco di Locarno annunciava l’arrivo in Ticino degli Yardbirds per una manciata di concerti tenutisi dal 14 al 17 agosto. L’articolo era intitolato “Quattro giorni di follie musicali” e il successivo resoconto (un po’ folle) di quella ‘follia’ è stato sintetizzato anni fa da Mauro Stanga per Ticino7. Così recensiva il Giornale del Popolo uno di questi concerti, tenutosi nel reparto giocattoli dell’allora Innovazione: “Tra dimenamenti e urla dentro il microfono, presentati a Locarno gli anti-Beattles”, i Beatles con due ‘t’. “Un successo che si chiama amplificatore”, oggetto che nel 1964 doveva risultare fastidioso più o meno come oggi l’autotune. “Un baccano d’inferno”, quel concerto, risultato del “rumore fatto uscire più forte – appunto – dagli altoparlanti” e delle “mosse scimmiesche impiegate durante l’esibizione”. Per Popolo e Libertà, la musica degli Yarbirds “non è musica nel vero senso della parola: è un insieme di suoni ritmati” che produce due possibilità, quella di “tapparti le orecchie se non hai i timpani corazzati, o impazzire”. Musica pericolosa, quella dei britannici, “perché alimentata da scimmiesco spirito di emulazione di certa gioventù moderna la quale, presa singolarmente è formata da individui innocui e normalmente ‘senza spina dorsale’, ma che in gruppo si fa minacciosa e ha delle reazioni incontrollabili, selvagge”.

Diavolerie

In Ticino, nell’agosto del 1964, causa malattia, il cantante Keith Relf lasciò il posto all’omologo irlandese Mick O’Neill, frontman dei The Authentics. In base alle testimonianze dei presenti, a cantare il grosso fu Eric Clapton. Insieme ai due, e insieme a McCarty alla batteria, la line up degli Yardbirds era completata da Chris Dreja alla chitarra ritmica e Paul Samwell-Smith al basso. Al termine dei concerti si tenne quello che ancora non si chiamava ‘firmacopie’: autografi sull’unico 45 giri disponibile al tempo, ‘I Wish You Would’, stampato dalla Columbia (per la quale gli Yardbirds incidevano, e non viceversa).

Chissà quanta gente “senza spina dorsale” sarà a Cevio il 24 luglio per celebrare la British Invasion che a metà anni Sessanta alzò la gradazione del rock. Nati nel 1962 dalla fusione delle preesistenti Metropolis Blues Band e Suburban R&B (con dentro McCarty), gli Yardbirds sono noti anche per aver lanciato tre fra i chitarristi di riferimento della storia del rock: Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page. Nel 1968, dopo alcuni anni di innovazione, intesa non come grandi magazzini, bensì come fusione tra r’n’b e rock psichedelico, inserti di canto gregoriano, strumenti etnici, feedback, distorsioni e altre diavolerie tecnologiche (la tecnologia del tempo), i primi Yardbirds si sciolgono: il licenziamento di Jeff Beck per ‘intemperanze’, l’addio di McCarty e del vocalist Keith Relf passati ai Reinassance, la proprietà del nome in mano a Dreja e a Page chitarrista unico, che vuole alla voce tale Robert Plant, il quale si porta il batterista John Bonham. E quando Dreja lascia la musica per la fotografia e al suo posto entra il session man John Paul Jones, i da poco rinominati New Yardbirds diventano Led Zeppelin. Il resto è storia.

Bluesmen

È storia anche quella del ticinese acquisito Giorgio Gomelsky, cui si devono gli Yardbirds in Ticino e molto di più. Figlio di papà georgiano e madre monegasca con origini italiane, fuggiti con lui dall’Unione Sovietica per ostilità al comunismo, Gomelsky era cresciuto ad Ascona. Negli anni Cinquanta era partito per Londra e nel 1963, nel suo Crawdaddy Club, aveva fatto incontrare Beatles e Rolling Stones, divenendo poi, dei secondi, il primo manager. «Il viaggio in Ticino – ricorda Lafranchi – era una specie di vacanza premio per il contratto firmato con la Columbia. Giorgio aveva portato gli Yardbirds dove aveva vissuto». Un concerto al Lido di Locarno, uno al ‘Taverna’ di Ascona e uno ai suddetti grandi magazzini. A Lugano, si racconta, l’evento meno fortunato e peggio pagato di tutti. Quella musica completamente nuova produsse in un altro ticinese, Eliano Galbiati, una visione chiamata Nightbirds. Chiediamo a Lafranchi cosa darebbe per esserci stato. «Da un lato non troppo, perché oggi sarei molto vecchio (ride, ndr). Dall’altro darei tantissimo, perché sessant’anni fa The Yardbirds erano tra i nomi più grandi».

Giorgio Gomelsky è morto a New York nel 2016, aveva 81 anni. Con la sua Marmalade Records ha pubblicato dischi di Julie Driscoll, Brian Auger e dei futuri 10cc, ma c’è del suo anche nelle carriere dei Soft Machine e dei Gong. Il 2025 non genera alcuna ricorrenza per ricordarne la figura, ma questo Magic Blues lo omaggia indirettamente e inevitabilmente. Vale anche per Marco Marchi, altro ticinese acquisito, bluesman che se n’è andato da poco e che fu tra i protagonisti del 21esimo Vallemaggia Magic Blues. «Lo abbiamo salutato sui nostri canali social con una foto del suo concerto a Maggia. Marco era una gran persona». Il fatto che questa 23esima edizione ospiti la finale della Swiss Blues Challenge dà senso ulteriore allo Swiss Blues Award, il massimo riconoscimento elvetico per un bluesman, vinto nel 2022 da Marchi, bluesman vero.


Gli odierni Yardbirds