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‘Tentò di uccidere i genitori’. Chiesti 5 anni di carcere

Primo giorno di processo a carico del 46enne che lo scorso novembre, a Losone, aggredì padre e madre in casa

Pugni, percosse e anche ferite da coltello
(archivio Ti-Press)
19 agosto 2025
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«Quella mattina ha cercato di uccidere i suoi genitori e solo l'intervento di un vicino di casa ha evitato il dramma. L'imputato ha agito guidato da un'idea distorta di giustizia personale, sotto l'influsso dell'alcol. Ha voluto vendicarsi soprattutto di quel padre che lo ha sempre sminuito e denigrato». La requisitoria della procuratrice pubblica Chiara Buzzi ha chiuso oggi pomeriggio la prima giornata di processo alle Assise criminali di Locarno, riunitesi a Lugano. Alla sbarra un 46enne che il 10 novembre 2024 aveva aggredito con pugni, percosse e poi con un coltello gli anziani genitori in casa loro, in un quartiere residenziale a Losone.

Per Buzzi, che ha chiesto una pena di cinque anni di carcere da scontare per tentato omicidio intenzionale ripetuto, i fatti sono chiari e in gran parte ammessi dallo stesso accusato. Uscito da un'infanzia e da un'adolescenza difficili, di carattere sensibile e fragile, l'uomo, oggi sposato e padre, si è scontrato con la mancanza di empatia dei genitori: «Loro si sono dedicati al lavoro per dare ai figli certezze economiche. Non sono dei mostri, ma persone con la mentalità di una volta. Si sono accorti tardi del disagio del figlio, e la madre a suo modo ha cercato di rimediare. La ferita è però diventata patologica e l'imputato ha voluto vendicarsi. La dipendenza dall'alcol ha fatto crescere l'ossessione di voler attribuire le colpe del suo malessere al padre». Dal punto di vista giuridico, la procuratrice ha trovato gli argomenti che confermano l'intenzionalità. Il 46enne durante e subito dopo le percosse ha più volte espresso la volontà di uccidere il padre. Le ferite sono state inferte ai genitori (entrambi sopra i 75 anni) anche alla testa e al torace, ed erano quindi potenzialmente mortali. Infine, dopo un primo round il figlio era stato spinto fuori casa, ma è tornato armato di coltello: ha sfondato una vetrata e ha raggiunto le sue vittime per riprendere l'attacco. Insomma, ha perseverato. Buzzi ha comunque riconosciuto che se non fosse stato ubriaco, l'imputato non avrebbe agito con tanta violenza.

Nella prima parte del processo, il giudice Curzio Guscetti (affiancato dai giudici a latere Giovanna Canepa Meuli e Luca Zorzi) ha disegnato assieme all'imputato la cornice utile per inquadrare meglio i fatti avvenuti quella mattina dello scorso mese di novembre. È emerso un conflitto tra il 46enne e i genitori, in particolare il padre 77enne. Stando al figlio, l'anziano è sempre stato «narcisista, poco empatico e pronto a sminuirmi», ma soprattutto per nulla incline al dialogo. «Non ha mai esitato a rimproverarmi. Però poi non si prende le sue responsabilità per come mi ha cresciuto e per gli errori che ha commesso nei rapporti familiari». Scarso anche il sostegno da parte della madre, con la quale sono mancati scambio e condivisione. Per anni il 46enne ha cercato di staccarsi dall'influenza dei genitori, che tuttavia vivevano nella casa accanto. Da qui la necessità di cure psicologiche (interrotte qualche mese prima dei fatti) e la fuga nell'alcol. La situazione non è migliorata neppure dopo il matrimonio del figlio e la nascita della nipote. Anzi, il crescendo di incomprensioni e le fragilità del figlio sono sfociate nella feroce aggressione.

La ricostruzione dei fatti

Quella mattina, alle 7, il 46enne si presenta a casa dei genitori. Stando all'atto d'accusa, sostanzialmente confermato in aula (a parte alcuni “non ricordo” dell'imputato), ha bevuto dalla sera prima e per tutta la notte: è ubriaco fradicio e inizia ad accusare il padre, pretendendo delle scuse. Lo colpisce con un pugno sulla fronte. Il 77enne gli risponde a tono e lo butta fuori, chiudendo la porta. L'imputato rientra a casa sua e prende un coltello. Sfonda una vetrata e riparte con l'attacco ai genitori. Prima pugni al padre (il coltello è finito dietro al divano) e poi alla madre. Quest'ultima viene pure ferita con un secondo coltello, prelevato in cucina. A fermare l'aggressione è un vicino di casa, che interviene per evitare il peggio. Anche perché le urla dell'imputato non lasciano molto spazio ai dubbi: «Ti ammazzo vecchio!».

Nonostante qualche amnesia, l'imputato ricorda bene cosa lo aveva spinto inizialmente: «Volevo che il padre chiedesse scusa a tutta la famiglia per il male che ci ha fatto, ma mi ha risposto con disprezzo. Ero in preda a un momento di ira profonda e volevo far loro del male, ma non ho mai avuto l'intenzione di ucciderli. Se fossi stato sobrio non avrei di certo agito in quel modo».

La lettera dei genitori alla Corte

Parlando della sua vita, il 46enne ha raccontato anche di due suoi tentativi di suicidio, del suo autolesionismo, delle ansie, della vergogna e dei costanti sensi di colpa. Ha pure espresso in diverse occasioni il suo pentimento: «Sto seguendo un percorso terapeutico per la gestione della rabbia e ho preso coscienza della gravità del mio gesto». Il giudice ha poi dato lettura di uno scritto, datato 8 agosto 2025, inviato alla Corte dagli stessi genitori, che si dicono scossi: «Abbiamo potuto riflettere a fondo della situazione e siamo convinti che l'origine del malessere vada ricercata nei nostri errori, al mancato ascolto e alla mancata considerazione per nostro figlio, all'oppressione prolungata negli anni». Parole seguite da una richiesta di clemenza rivolta a chi dovrà stabilire la pena.

Domani la seconda giornata di processo inizierà con l'arringa dell'avvocato difensore Stefano Stillitano.