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‘Vittima credibile’, confermata la condanna dell’agente

Il Tribunale penale federale lo ha ritenuto colpevole di abuso di autorità e lesioni semplici per un fermo eseguito nel 2023 alla stazione di Bellinzona

(Ti-Press)
3 marzo 2025
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Quando la vittima denunciante è ritenuta credibile e l'imputato no, sebbene faccia parte delle forze dell'ordine. La giudice Fiorenza Bergomi del Tribunale penale federale di Bellinzona ha confermato oggi il decreto d'accusa col quale il procuratore federale Sergio Matroianni aveva proposto la condanna di un agente della Polizia dei trasporti per il fermo muscoloso di un passeggero effettuato il 30 maggio 2023 alla stazione Ffs cittadina. I reati confermati sono quelli di abuso di autorità e lesioni semplici. La pena, vista l'entità della colpa, non è detentiva ma pecuniaria: 9'800 franchi posti al beneficio della sospensione condizionale per due anni di prova, più 9'300 franchi di spese legali da rifondere alla vittima, più 1'500 franchi di spese procedurali da rifondere allo Stato. Per contro l'asserito torto morale (richiesta di un risarcimento pari a mille franchi) è stato rinviato al foro civile.

Sberla, manette e altri ceffoni

La credibilità, si diceva. Riguarda in particolare lo svolgimento dei fatti. Sono le 15.15 quando l'imputato 35enne, patrocinato dall'avvocato Andrea Bersani, e un collega vengono avvisati da altri agenti della presenza di uno spacciatore sul treno proveniente da Lugano. La sua descrizione combacia con uno dei tre amici che, di ritorno dalle vacanze via Malpensa, avrebbero dovuto scendere a Lugano. Ma si sono addormentati ed eccoli a Bellinzona. L'imputato fa scendere quello col cappellino e sul marciapiede ne esce un diverbio con tanto di ceffone, caduta a terra e ammanettamento al suolo. Il collega si occupa degli altri due amici. Il terzetto viene quindi portato negli uffici della Polizia ferroviaria dove quello col cappellino viene tenuto ammanettato, riceve altri tre schiaffi dall'imputato e viene perquisito. Nel frattempo il vero spacciatore viene intercettato e fermato su un altro vagone. Segue così la rimessa in libertà del terzetto. Patrocinata dall'avvocato Nicolò Manna, la vittima si fa visitare al Civico di Lugano: riscontrati trauma cranico minore, molteplici escoriazioni superficiali agli arti superiori e tumefazioni al viso. Da qui la querela con tanto di decreto d'accusa impugnato dall'agente che si professa innocente.

Il peso dei pochi video

La giudice ha ripercorso dettagliatamente i fatti e le testimonianze rese dalle parti. In particolare, come detto, ha ritenuto più credibili la vittima e i suoi due amici «che non hanno ingigantito i fatti» e che non potevano sapere che la videosorveglianza fosse limitata, nonostante treni e stazioni ferroviarie abbondino di telecamere. Addirittura uno dei tre amici non ha omesso dettagli a carico della vittima, confermando che una volta sceso dal treno aveva rivolto una frase offensiva all'agente scatenandone la reazione. Agente che durante l'inchiesta ha parlato di tentativo di fuga, che invece non risulta. La reazione dell'agente «non è giustificata», ha detto la giudice parlando di «umiliazione e coercizione». Il fatto che la vittima nell'ufficio abbia avuto un crollo psicofisico, che l'amica abbia avuto un crisi di panico e l'amico abbia chiesto la matricola dell'agente per segnalarne il comportamento, «dimostra che qualcosa di grave è successo. E quanto successo non trova giustificazione».

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