Il CdS conferma la decisione di sottoporlo a protezione cantonale. Idem Cattedrale (Officine Ffs), fontana della foca, palazzo governativo e alcune ville
Il Consiglio di Stato ha deciso che l’intero quartiere San Giovanni di Bellinzona – in prevalenza residenziale e composto da una quarantina di ville e stabili di pregio – passerà sotto la tutela cantonale. Motivo: la sua ubicazione, impostazione urbanistica e architettura gli conferiscono un valore altamente rappresentativo dell’edilizia borghese e ferroviaria ticinese dell’Ottocento e Novecento; ciò che richiede dunque un’attenzione particolare e una protezione superiore. L’atto governativo risale a metà aprile ed è stato pubblicato all’albo comunale in questi giorni. Il tutto s’inserisce in un insieme di decisioni che contempla la variante di Piano regolatore per la tutela dei beni culturali sviluppata e concretizzata dalla Città dopo le polemiche sorte nel 2013 attorno alla demolizione del Villino Salvioni lungo viale Franscini, cui ha fatto seguito un esercizio volto a incrementare la protezione di edifici e monumenti di pregio sul piano locale. Cui si sono strada facendo aggiunte alcune componenti cantonali. Il quartiere San Giovanni non è infatti il solo elemento a essere stato aggiunto dal Dt fra i beni culturali da tutelare: ve ne sono altri 13 e fra questi i più noti sono la cosiddetta ‘Cattedrale’ situata nel cuore delle Officine Ffs e destinata a diventare un giorno il fulcro culturale e associativo del previsto nuovo Quartiere Officine, alcune ville fra cui la prestigiosa Villa Bonetti, la fontana della foca in Piazza Governo, il monumento all’Indipendenza ticinese nell’omonima piazza, il Palazzo Resinelli in viale Stazione, il nuovo palazzo governo in via Jauch e il complesso dell’oratorio della Madonna della Neve.
Tagliando con l’accetta, la decisione riguarda la variante di Pr votata dal Consiglio comunale nel dicembre 2017 che istituisce nella vecchia Bellinzona centro una tutela per beni culturali d’interesse cantonale (13 in tutto, ma c’è un ricorso) e locale (177 con diversi ricorsi); la modifica del Piano particolareggiato del Centro storico; e l’intenzione del Consiglio di Stato di estendere sul territorio del Comune di Bellinzona sia il perimetro di rispetto per la chiesa di San Paolo ad Arbedo, sia il perimetro d’interesse archeologico di Arbedo. Tutto approvato, a parte qualche eccezione. Tuttavia il documento di 177 pagine pubblicato è purtroppo privo delle pagine che vanno dalla 15 alla 132 inerenti ai 35 ricorsi interposti sui singoli oggetti, come pure le pagine che vanno dalla 134 alla 148 che contengono le osservazioni di dieci privati sul quartiere San Giovanni. Di fatto, forse per una questione di privacy, al pubblico è impedito di conoscere i dettagli e l’esito di ciascun ricorso. Ad ogni modo la decisione governativa è impugnabile davanti al Tribunale amministrativo cantonale, perciò non si esclude che l’iter debba proseguire ancora a lungo.
Tornando al quartiere San Giovanni, il governo nella decisione evidenzia che “il Comune non ha dato seguito all’invito formulato dal Dt di procedere con l’introduzione nel Pr di una specifica regolamentazione edilizia”. Perciò il Cantone nel 2023 ha definito il Piano degli interventi e le relative prescrizioni normative da introdurre nelle Norme di applicazione del Pr. Norme, va da sé, che restringono la libertà d’azione. L’articolo 50 bis sancisce ad esempio che il quartiere è protetto quale bene culturale d’interesse cantonale “nel suo complesso e in tutte le sue componenti: edifici, manufatti, spazi liberi e spazi pubblici con le relative alberature”. Ogni intervento “deve concorrere alla conservazione della sostanza, della struttura e del carattere monumentali del quartiere, così come alla sua valorizzazione”. Gli interventi “devono essere progettati ed eseguiti da una figura professionale competente e con esperienza su beni culturali protetti”. La demolizione, sostituzione e ricostruzione della sostanza edificata “è ammessa solamente nei casi esplicitamente indicati al capitolo ‘Categorie e disposizioni edilizie’ e ha lo scopo di riqualificare l’insediamento protetto per rapporto ai suoi valori monumentali, urbanistici e architettonici”.
In concreto, “nell’ambito di interventi edilizi importanti i corpi di fabbrica e gli elementi perturbanti ed estranei all’impianto originale del quartiere e alle tipologie architettoniche degli edifici devono essere rimossi”. Nel perimetro di rispetto del quartiere “non sono ammessi interventi suscettibili di compromettere la conservazione o la valorizzazione dei beni protetti”. Negli edifici e manufatti con vincolo conservativo, in tutto 33 su circa 40, “sono permessi unicamente interventi di conservazione e restauro” nel rispetto della Legge sui beni culturali. Seguono poi indicazioni di dettaglio sulla corretta gestione degli intonaci originali, sul risanamento delle superfici irrimediabilmente deteriorate, sul fatto che non sono ammessi isolamento termico esterno né impianti fotovoltaici, sull’esecuzione di decorazioni e tinteggiature. In materia poi di aperture, finestre, balconi, parapetti, portoni, persiane, tapparelle, comignoli, camini, bucalettere, citofoni, corpi illuminanti, muri e muretti, inferriate, cancelli, vialetti carrabili e pedonali, aree di sosta, pergole, gazebo, tavoli, giardini e vegetazione… la parola d’ordine è conservazione dell’esistente. In caso di sostituzione ritenuta indispensabile, ogni nuovo oggetto dovrà essere una copia fedele dell’originale.
Qualche eccezione è ammessa nella creazione, ma in misura limitata, di lucernari e abbaini. Lo stesso per i pochi (quattro in tutto) edifici demolibili e ricostruibili. Vi è poi una decina di corpi aggiunti di recente quali ampliamenti e costruzioni accessorie: ammessi unicamente il riattamento o la demolizione. Infine gli spazi liberi devono essere mantenuti tali, ossia privi di costruzioni e impianti. Restrizioni che rischiano di andare di traverso a più di un proprietario.