Pollice verso alla mozione Mps che chiede di riconoscere il nesso causale con i citofarmaci manipolati e come malattie professionali i tumori contratti
“Sulla scorta degli approfondimenti espletati e in assenza di un nesso di causalità tra l’esposizione ai preparati chemioterapici o ai prodotti di disinfezione e le malattie contratte dalle ex collaboratrici, queste patologie non possono essere riconosciute come malattie professionali”. A 20-30-40 anni dai fatti non sembra esserci ulteriore spazio per stabilire un collegamento fra i tumori contratti da sette ex infermiere dell’ospedale San Giovanni di Bellinzona (alcune nel frattempo decedute) e la loro attività svolta per lungo tempo nella preparazione di farmaci anticancro quando ancora le protezioni personali non c’erano o non erano performanti come quelle odierne; il tutto completato dalla disinfezione dei locali col Buraton contenente formaldeide, sostanza potenzialmente cancerogena.
Il Consiglio di Stato nel proprio messaggio datato 30 aprile invita infatti il Gran Consiglio a respingere la mozione ‘Le infermiere del San Giovanni meritano giustizia e dignità!’. Presentata nel giugno 2023 da Matteo Pronzini e Giuseppe Sergi (Mps), contiene la doppia richiesta, da sottoporre all’Ente ospedaliero cantonale, di “riconoscere come malattie professionali le varie forme di cancro e malattie autoimmuni contratte nel corso di questa vicenda dalle infermiere coinvolte; e di riconoscere alle vittime tutti i diritti pensionistici spettanti a chi ha contratto una malattia professionale e ad assumersi tutte le spese e gli eventuali diritti pensionistici (in forma retroattiva) che spetterebbero alle vittime nell’ambito delle disposizioni previste in questi casi dalle diverse assicurazioni”.
Alla ricostruzione delle verifiche svolte da Eoc e San Giovanni fra il 2019 e il 2022 abbiamo dedicato un ampio servizio il 9 febbraio 2023. Alcune ex infermiere erano ormai morte, altre pensavano ancora di potersi riscattare sensibilizzando l’opinione pubblica, in cerca di fondi per sostenere una ricerca indipendente. Se la mozione Mps cerca uno spiraglio politico, il governo lancia al parlamento un’indicazione netta: “Alla luce di quanto intrapreso dall’Eoc e preso atto degli esiti dei vari approfondimenti, l’adozione di ulteriori provvedimenti non trova giustificazione e fondamento”. Il rispetto dell’ordinamento giuridico e la gestione oculata delle risorse pubbliche, prosegue il CdS, “impongono altresì di non concedere indennizzi a titolo transattivo in assenza di elementi che lascino quantomeno ipotizzare possibili violazioni di obblighi di tutela delle dipendenti”.
Sull’atteggiamento assunto dal nosocomio e dall’Eoc il governo non ha dubbi. Hanno “dato prova di disponibilità e comprensione e di non aver lesinato sforzi nella ricerca della verità scientifica in maniera obiettiva. La situazione è stata esaminata con attenzione e serietà dai vertici del San Giovanni, che hanno indagato sulle prassi in uso all’epoca e svolto verifiche scientifiche, coinvolgendo due suoi autorevoli medici. Successivamente l’Eoc ha dapprima affidato una perizia esterna al responsabile della tossicologia dell’Ospedale universitario di Zurigo e infine, di concerto con i patrocinatori delle ex collaboratrici, ha dato disponibilità per commissionare un’ulteriore perizia, in contraddittorio, all’omologo presso l’Ospedale universitario di Losanna. L’Eoc ha inoltre accettato di assumersi integralmente i costi di queste perizie e ha rinunciato a far valere l’eccezione di prescrizione dei fatti”.
In realtà l’approccio non è stato così lineare come il governo lascia intendere. “Si parte dalla negazione iniziale – scrivevamo nel 2023 – riguardo alla manipolazione in reparto degli antitumorali, poi parzialmente ritrattata di fronte alle testimonianze delle infermiere stesse e di altri colleghi. Segue la negazione di Eoc di evidenze scientifiche teoriche di possibili effetti causali delle sostanze sul personale infermieristico, contraddetta dall’introduzione graduale negli anni 90 di precauzioni nella manipolazione dei citofarmaci”. Vi è stata anche l’invocazione della prescrizione giuridica per fatti antecedenti il 2000: un tentativo di ritenere inutile l’approfondimento, seguito da un dietrofront con la rinuncia alla prescrizione, sfociata nell’accettazione della perizia in contraddittorio con la partecipazione delle ex infermiere e non unilaterale.
La prima perizia esterna, prosegue il governo, “ha confermato gli accertamenti dell’Eoc, ovvero l’assenza di un nesso di causalità”. In particolare l’esperto “ha rilevato che sebbene alcuni dei quadri clinici delle infermiere possano presentarsi come possibili reazioni avverse durante la somministrazione terapeutica dei farmaci, la loro comparsa come risultato dell’esposizione professionale non è stata descritta ed è improbabile in caso di gestione corretta”. A questo riguardo “ha inoltre precisato che i quadri clinici descritti non sono in alcun modo indicativi di un’esposizione a sostanze”. Il secondo, scelto di comune accordo tra le parti, si è rifiutato di espletare la perizia asserendo che nessun esperto serio sarebbe stato in grado di dimostrare l’esistenza di un nesso causale, “ma ha comunque allestito un avviso circostanziato (ndr: una breve e secca lettera) in cui ha ribadito le conclusioni cui sono giunti i precedenti specialisti. Ha in particolare rilevato che il caso riguarda un numero molto ridotto di persone con patologie eterogenee e relativamente frequenti e che le esposizioni chimiche riferite sono multiple e chiaramente coinvolgono dosi relativamente deboli rispetto a quelle utilizzate per il trattamento dei pazienti. Pertanto a suo giudizio una perizia, considerata la vasta letteratura sui prodotti interessati e la loro tossicità unitamente ai dettagli della presentazione clinica delle malattie insorte, non avrebbe potuto sfociare in conclusioni solide atte a stabilire un nesso causale”.
Fine prematura dell’esercizio in contraddittorio e probabilmente anche della vicenda. Prima però parola alla Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio e infine al plenum.