Bellinzonese

‘Salari +3% a tutti i dipendenti pubblici del Cantone’

Lo chiede il Collegio docenti del Liceo di Bellinzona con molto anticipo sui tempi del preventivo 2026: ‘Dirlo dopo serve poco’

(Ti-Press)
11 maggio 2025
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Con ampio anticipo sui tempi della politica, a larga maggioranza il Collegio dei docenti del Liceo di Bellinzona chiede di adeguare il salario di tutti i dipendenti pubblici di almeno il 3% a partire dal preventivo 2026 del Cantone, “per recuperare il potere d'acquisto eroso del 6% negli ultimi cinque anni”. La richiesta arriva ora, quando l’approvazione del preventivo da parte del Gran Consiglio appare ancora distante, ma il documento nei vari dipartimenti è già in fase di allestimento, “perché negli ultimi decenni esprimere a posteriori il nostro dissenso nei confronti di decisioni già prese non ha permesso di difendere il settore pubblico”. Da qui la scelta di adottare una nuova strategia di fronte alle misure di contenimento della spesa che da oltre trent’anni interessano il settore pubblico: “Esse hanno progressivamente ridotto la capacità dello Stato di rispondere ai bisogni di una popolazione sempre più vecchia e vulnerabile; allo stesso tempo, hanno indebolito il ruolo strategico dei servizi pubblici come leva di coesione sociale e rilancio economico, senza tuttavia produrre i risultati sperati né in termini di sostenibilità sociale né di stabilità economica”. Alla luce di questa situazione, che si inserisce in un quadro nazionale e internazionale più ampio, i docenti del Liceo ritengono necessario un “deciso cambio di rotta; un cambio d’impostazione generale che non può che partire da una richiesta puntuale, da un primo passo verso una politica del personale che rafforzi la funzione chiave del servizio pubblico a favore della collettività”.

‘Il più penalizzato’

Sempre il Collegio dei docenti osserva che sebbene vi siano state alcune rivalutazioni nominali, l'evoluzione salariale degli ultimi vent'anni in Ticino “è stata più significativa nel settore privato che in quello pubblico. Il pubblico impiego ticinese si distingue così per essere stato, negli anni, uno dei più penalizzati nel contesto svizzero; parallelamente, le condizioni retributive e pensionistiche sono andate via via peggiorando, mentre il carico di lavoro è aumentato costantemente. Logiche del genere vanno superate, perché è proprio il basso livello salariale in Ticino a essere una delle principali cause di povertà nel Cantone”. Per contrastare questa tendenza e iniziare a colmare il divario del 20% circa tra i salari ticinesi (sia pubblici che privati) e la media dei salari nazionali “è necessario uno Stato che mostri la via: come datore di lavoro esso può, se lo vuole, promuovere e garantire condizioni salariali adeguate ai suoi
dipendenti”. Le motivazioni fondanti della rivendicazione “non sono dunque da intendere come mera difesa di categoria, al contrario: sono il risultato di una riflessione responsabile e ragionevole sulla necessità di rilanciare la qualità del servizio pubblico in funzione del benessere della popolazione ticinese, anche per contrastare la crescente fuga di giovani talenti che, in assenza di prospettive adeguate, scelgono sempre più spesso di cercare opportunità altrove”.