L’ex pianificatore Claudio Pellegrini, che vi abita e che aveva disegnato il Pr di Bellinzona, commenta la decisione cantonale per una maggiore protezione
«In realtà il quartiere San Giovanni di Bellinzona già beneficia, da diversi anni, di una tutela particolare inserita nel Piano regolatore cittadino. Purtroppo non tutti i progetti sono stati elaborati in modo intelligente tenendone conto e considerando le possibili eccezioni. Inoltre la politica e l’apparato preposto a valutare le domande di costruzione non hanno saputo interpretare correttamente le norme di applicazione. Il risultato, in questo contesto di accresciuta paura delle regole, è stato doppio: si è permesso di modificare, ampliare e costruire un po’ di tutto, con interventi scriteriati e risultati a volte pessimi che sono lì da vedere, anche laddove si è cercato di impedirli con dei ricorsi; e il Cantone ora interviene d’imperio sia imponendo puntualmente vincoli ancora più dettagliati e severi che rischiano di andare ben oltre l’attuale concetto di salvaguardia qualitativa, sia prevedendo una vigilanza più attenta».
Claudio Pellegrini conosce molto bene il quartiere San Giovanni: sia perché vi abita come proprietario, sia perché da architetto pianificatore ne aveva elaborato il suo inserimento (idem per via Vela e Ravecchia) nel Piano regolatore comunale da lui stesso concepito nel 1985/90. Il tutto ponendo un’attenzione speciale alla qualità degli interventi con l’obiettivo di preservare il carattere ottocentesco originale del quadrilatero caratterizzato da una quarantina di edifici e ville di pregio in un contesto urbano. Ora che il Consiglio di Stato ha deciso di applicare al quartiere San Giovanni una tutela cantonale, più rigida ed estesa dell’attuale, il Municipio ricorrerà al Tribunale amministrativo contestando il giro di vite e in particolare le disposizioni “imposte ai proprietari delle case” e ritenute “eccessivamente restrittive”. Si citano, ad esempio, il fatto che saranno permessi unicamente interventi di conservazione e restauro, nel rispetto della Legge sui beni culturali, “anche laddove sarebbero giustificabili degli ampliamenti”; come pure il divieto di installazione di impianti solari termici e fotovoltaici “anche se ben integrati nelle falde dei tetti”. In materia poi di aperture, finestre, balconi, parapetti, portoni, persiane, tapparelle, comignoli, camini, bucalettere, citofoni, corpi illuminanti, muri e muretti, inferriate, cancelli, vialetti carrabili e pedonali, aree di sosta, pergole, gazebo, tavoli, giardini e vegetazione… la parola d’ordine è conservazione dell’esistente. In caso di sostituzione ritenuta indispensabile, ogni nuovo oggetto dovrà essere una copia fedele dell’originale.
Che ne pensa Claudio Pellegrini, che conosce il Bellinzonese come le sue tasche avendone pianificato ampie porzioni? «Un vero peccato che si sia giunti a questo punto, perché sono convinto che dove ci sono delle regole, e per il quartiere San Giovanni lo ribadisco già ci sono, è sempre possibile considerarle adeguatamente nell’ottica di studiare e scegliere, riunendo i vari attori, interventi qualitativi e rispettosi delle norme». Se il Cantone ora interviene, ne è persuaso Pellegrini, è perché vi sono state delle esagerazioni: «Si è andati troppo oltre. Ma proprio in questa fase, guardando a quello che potrebbe succedere nel prossimo futuro, il mio auspicio è che si colga l’occasione per individuare soluzioni, organizzative e tecniche, che vadano a beneficio dell’intero quartiere e della comunità. Ciò che richiederebbe una buona predisposizione a ragionare in ottica collettiva e meno individualista. Gli strumenti sarebbero una concezione urbanistica a lunga gittata e la capacità di mediare soluzioni qualitative e intelligenti».
Alcuni esempi per capire meglio. Il primo tocca la mobilità dolce: «Molti oggigiorno acquistano bici anche elettriche ma non hanno un angolo adatto dove lasciarle: sarebbe allora il caso di dotare il quartiere di un’apposita struttura che sia bella, securizzata e facilmente raggiungibile». Altre città ci han già pensato. Secondo caso, la questione energetica: «Posso capire che l’inserimento dei pannelli fotovoltaici sui tetti a falde non sia talvolta otticamente accettabile, come potrebbe non esserlo dal profilo tecnico. Perciò, visto che nelle immediate vicinanze la Città intende sviluppare il nuovo quartiere Officine, sarebbe opportuno includervi una moderna centrale energetica e di teleriscaldamento in grado di servire anche il quartiere San Giovanni. Si tratta di pianificare un servizio sul territorio andando oltre gli schemi. Così facendo, anche in un’ottica appunto di protezione architettonica, si risolverebbero più problemi e si andrebbe incontro ai privati evitando loro di avventurarsi in singoli investimenti, quasi sempre molto onerosi, per allacciarsi a Teris o alla rete del gas o per dotarsi di termopompa». Terzo caso, gli accessi e le rampe veicolari: «Perché non immaginare soluzioni condivise tra proprietà confinanti? Fra gli elementi caratterizzanti il quartiere vi sono infatti i pregiati muri di cinta, che così facendo beneficerebbero di una tutela ancora più accurata, a vantaggio peraltro dei bellissimi giardini e del loro arredo e della vivibilità. Invece abbiamo visto che fine hanno fatto alcuni pregevoli esempi». Tutto questo, sottolinea Pellegrini, per dire che la tutela va sì intesa quale strumento di protezione delle presenze storiche, ma oggigiorno andrebbe colta anche quale occasione per implementare soluzioni condivise da proprietari e autorità e orientate a un futuro più sostenibile. Il momento è però critico, perché come detto vede le istituzioni cantonali e cittadine avanzare su binari non convergenti: chi stringe i bulloni e chi ricorre al Tram.