Un 31enne eritreo con problemi psichiatrici dovrà seguire un trattamento per curarsi. Decisa anche l'espulsione per 5 anni dalla Svizzera
Diciotto mesi di detenzione sospesi a favore di un trattamento psichiatrico e 5 anni di espulsione dalla Svizzera per incendio intenzionale aggravato. È la condanna emessa dal giudice Marco Villa nei confronti di un 31enne cittadino eritreo che in due occasioni, il 27 e il 29 agosto 2024, ha dato fuoco al proprio appartamento in via Caratti a Bellinzona, generando ingenti danni: il secondo incendio ha reso necessaria l'evacuazione di tutti i 27 inquilini della palazzina (uno è stato trasportato in ospedale per accertamenti a causa di una leggera intossicazione da fumo). In entrambi i casi i pompieri di Bellinzona sono riusciti a domare le fiamme, evitando conseguenze peggiori. «La sua colpa è grave», ha detto il presidente della Corte (giudici a latere Giovanna Canepa Meuli e Paolo Bordoli) durante la lettura della sentenza. E questo perché ha intenzionalmente «messo in pericolo la salute degli altri residenti», come lo stesso imputato aveva dichiarato di voler fare durante un incontro con un perito psichiatrico. I problemi mentali comprovati dell'uomo sono stati considerati quali attenuante nella commisurazione della pena (grave scemata imputabilità). Il 31enne dovrà inoltre pagare una multa di 100 franchi per aver consumato regolarmente per oltre due anni marijuana acquistata da spacciatori locali.
Il processo celebrato oggi, 16 maggio, alle Assise criminali a Lugano si è aperto con l'interrogatorio dell'imputato, arrivato in Svizzera nel 2014 dopo un viaggio dalla Libia all'Italia (voleva recarsi nei Paesi Bassi, ma è stato intercettato a Chiasso dove ha poi chiesto l'asilo). Alla domanda sul perché abbia appiccato gli incendi – il 27 agosto attorno alle 21.30 ha dato fuoco a carta, immondizia e vestiti all’interno della cucina, mentre il giorno successivo poco dopo la mezzanotte ha appiccato le fiamme in diversi punti del suo appartamento con un accendino – il 31enne ha detto (grazie a un'interprete della lingua tigrina) che da tempo voleva cambiare appartamento, ma gli assistenti sociali non l’ascoltavano. Va detto che era in corso una procedura di sfratto, perché non pagava l'affitto. A questo proposito l'imputato ha affermato che non era riuscito a pagare, visto che i soldi li aveva inviati a sua madre in Eritrea.
Per la procuratrice pubblica Chiara Buzzi il secondo incendio «non ha avuto conseguenze tragiche solo grazie alla fortuna». Stando alla pp, l'imputato voleva «vendicarsi dello sfratto» e ha quindi appiccato gli incendi incurante delle conseguenze e mettendo in pericolo volontariamente anche la vita degli altri inquilini. Riconoscendo i problemi mentali, ha quindi chiesto 2 anni sospesi e 5 anni di espulsione dalla Svizzera. Da parte sua il difensore Olivier Ferrari ha messo in dubbio il fatto che l'imputato avrebbe messo in pericolo la vita degli inquilini. «Il suo scopo non era quello di far male, ma di andare via dall'appartamento». Nella commisurazione della pena ha poi invitato la Corte a tener conto che dopo il primo rogo era stato portato in modo coatto in una clinica psichiatrica, da dove è però riuscito a fuggire, tornare a Bellinzona e appiccare il secondo incendio. «Qualcosa evidentemente non ha funzionato». In altre parole, se non fosse riuscito a fuggire, non vi sarebbe stato il secondo grave incendio. Ma in Ticino non vi sono strutture psichiatriche chiuse, e questo può, come in questo caso, rappresentare un problema. Ferrari ha quindi chiesto 16 mesi sospesi, ma non l'espulsione, visto che, essendo sfuggito al servizio militare, un suo ritorno in patria metterebbe in pericolo la sua vita, come è già accaduto ad altri eritrei. La Corte ha quindi optato per una via di mezzo fra le due richieste.