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Livelli di Pfas sospetti nell’acqua sotto le Officine di Bellinzona

Lo indica l’indagine cantonale. Le analisi Ffs di 20 anni fa non evidenziavano sconfinamenti nell’acquifero. Che invece l’Uft considera minacciato

Destinate a diventare un nuovo quartiere abitativo, commerciale e di formazione e ricerca
(Ti-Press)
7 giugno 2025
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Una tabella del Laboratorio cantonale pubblicata questo giovedì – e dedicata alla presenza delle temute sostanze inquinanti Pfas nelle acque sotterranee ticinesi – indica la presenza di un piezometro a Bellinzona, unico punto di rilevamento in città. Inserite nell’applicazione di Swisstopo le sue coordinate Est 2722833 e Nord 1117518 per localizzarlo, si scopre che la sonda di rilevamento della quota di falda è piazzata nientemeno che nel cuore del principale stabilimento industriale della capitale ticinese, le Officine Ffs destinate a diventare il nuovo Quartiere Officine. Il cui areale, come noto, figura nei catasti federale e cantonale dei siti inquinati: tema spinoso questo in vista delle operazioni di risanamento o bonifica che si renderanno presto o tardi necessarie a spese di Ffs, Cantone e Città.

Riscontrato un livello 40 per le Pfhxs e 220 per le Pfos

Nella tabella del Laboratorio cantonale, sette delle nove tipologie di Pfas riferite al piezometro turrito risultano nella norma, ossia sotto il livello di 20 nanogrammi per litro oltre il quale è lecito porsi qualche domanda. Due invece spiccano per anomalia: 40 per le Pfhxs e 220 per le Pfos. Nulla a che vedere con i livelli dieci, venti, trenta volte più elevati riscontrati nelle acque sotterranee di Chiasso per le quali nel 2020 si è imposta la posa di filtri al carbone nel pozzo Pra Tiro. Tornando a Bellinzona, il rilevamento di Pfhxs e Pfos oltre la norma parrebbe smentire il Rapporto d’impatto ambientale (datato dicembre 2022) commissionato dal Municipio di Bellinzona allo studio Csd Ingegneri di Lugano nell’ambito della variante pianificatoria del Quartiere Officine. Vi si legge che “tra il 2000 e il 2007 lo Stato maggiore delle Officine ha sottoposto il sedime (parte a valle dei binari) a un’indagine tecnica preliminare: basata sull’Ordinanza sui siti inquinati, non ha escluso la presenza localizzata di inquinanti (idrocarburi e metalli) confinata nei primi strati di terreno, nelle zone di lavorazioni. Tuttavia i volumi e le concentrazioni non erano tali da sconfinare nell’acquifero, che non è dunque minacciato da tale inquinamento”. I dati del piezometro, tutti da interpretare e leggere correttamente, sembrano invece indicare il contrario.

Utilizzate per spegnere e impermeabilizzare

Fatto sta che entrambe le sostanze chimiche di sintesi sono descritte dalla letteratura scientifica come “inquinanti organici persistenti con proprietà bioaccumulative” e utilizzate in vari prodotti come rivestimenti impermeabili, schiume antincendio per gli estintori, tessuti, metallo, pulizia e detergenti, elettronica e semiconduttori. Attualmente – si legge sempre nel rapporto del Laboratorio cantonale – l’Ordinanza federale sull’acqua potabile, quella per le piscine e le docce accessibili al pubblico fissa a 300 ng/l il valore massimo per entrambe le sostanze. Tuttavia “nel febbraio 2026 sarà verosimilmente inasprito il valore di legge allineandolo al valore europeo”, in base al quale la somma di 20 Pfas dev’essere inferiore a 100. Invece per le acque sotterranee, superficiali o di scarico, per il suolo e per la gestione dei rifiuti “non sono ancora disponibili in Svizzera dei valori massimi o di riferimento”.

Focus su ciò che scorre sotto

In questo secondo contesto, quello delle acque sotterranee, s’inseriscono appunto le Officine Ffs. Le quali, ricordiamo, figurano nel catasto dell’Ufficio federale dei trasporti (Uft) in modo più dettagliato di quanto mostrino i portali dell’Osservatorio ambientale della Svizzera italiana (Oasi) e della Confederazione dedicato ai siti contaminati in Svizzera. L’Uft seziona il sito padiglione per padiglione, area di lavorazione per area di lavorazione: in due casi su 18 – ossia i due punti di distribuzione carburante diesel – afferma che il terreno è “inquinato”, che il settore “minacciato è quello delle acque sotterranee” ma che è ancora “necessario procedere a un’indagine preliminare per stabilire se dev’essere monitorato o risanato”. Negli altri 16 casi emerge che l’indagine preliminare sia stata eseguita e che il sito figuri “inquinato” ma “in base ai risultati non dev’essere né sorvegliato né risanato”. Parliamo delle aree per il travaso nafta, campo di manovra settori con scambi, area asportazione amianto, smontaggio carri, locali lavaggio, ex pozzo perdente, distributore benzina, ex locale tempratura, ex locale lavaggio e verniciatura locomotori, stoccaggio e travaso olio, carrello trasbordatore.

Il caso Sant’Antonino

In definitiva un punto da chiarire – oltre a quello del terreno che presenta una situazione di “inquinamento rilevante”, spiegava l’anno scorso il Consiglio di Stato rispondendo a una prima interrogazione dei Verdi, mentre una seconda è ancora pendente – è dunque anche quello delle acque sotterranee. Le quali, in quanto tali, si spostano anche per chilometri. Vero è, per quanto riguarda Bellinzona, che l’ex pozzo di captazione in zona stadio, non lontano dalle Officine, è stato dismesso qualche anno fa e sostituito da quello nuovo di Gnosca situato a monte. Ma il caso Sant’Antonino insegna: qui l’acqua del cantiere AlpTransit contenente Pfas aveva raggiunto in via sotterranea il pozzo idrico comunale situato due chilometri a valle. E i dati rilevati nel 2022 hanno infine indotto la Confederazione ad assumersi la responsabilità e l’intero onere milionario per posare i filtri a carbone, così da eliminare ogni traccia di Pfas dall’acqua potabile.