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Bellinzona da un’aggregazione all’altra: è il turno dei pompieri

Effettiva dal 1° luglio la fusione con Cadenazzo e Gambarogno. Turnover crescente: ogni anno lasciano in 20, ora si punta a coinvolgere 30 nuovi volontari

Samuele Barenco, comandante dal 2013
(Ti-Press/Gianinazzi)
26 agosto 2025
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Dopo quella comunale risalente al 2017, ecco un'altra aggregazione andata in porto, questa volta con l’intento di affrontare adeguatamente le sfide presenti e future per assicurare la miglior lotta possibile agli incendi in ambito urbano e montano. Alla caserma dei Pompieri di Bellinzona – il primo corpo ticinese costituito nel lontano 1829 – è stata presentata oggi la fusione con quelli di Cadenazzo e Gambarogno. Effettiva dal 1° luglio, è maturata sulla spinta dei rispettivi comandi ed è stata suggellata in primavera dalle autorità politiche locali dopo tre anni di preparazione. Il comprensorio è molto vasto e comprende anche i quattro Comuni non aggregati e convenzionati, ossia oltre a Cadenazzo anche Sant’Antonino, Arbedo-Castione e Lumino. Il comprensorio è strategico facendo da cuscinetto fra Tre Valli, Locarnese e Luganese; ma anche perché confina con i Grigioni e l’Italia, dove si tratta di collaborare con i corpi retici e quelli provinciali di Como (per la zona dell’alta Morobbia) e Varese (per il basso Gambarogno ma anche Neggia e Indemini) che hanno altre regole rispetto a quelli ticinesi.

Con l’aggregazione l’infrastruttura non è cambiata (invariate le caserme della città in via Mirasole, di Cadenazzo in zona industriale e di Quartino in zona artigianale), ma l’organizzazione vanta oggi un comando unico e la responsabilità dei due distaccamenti affidata ai precedenti comandanti. Affinato l’assetto d’intervento a dipendenza del luogo del sinistro, dell’ora in cui si verifica e del giorno della settimana, con una prontezza assicurata H24 sia dal personale professionista (25 in tutto) sia da volontari. Di giorno il picchetto è coperto da squadre miste formate da una trentina fra professionisti e volontari; al di fuori di questi orari solo da volontari. Complessivamente il corpo vanta un effettivo di 282 militi (13 sono donne), di cui 191 urbani, 68 di montagna e 23 della sezione giovanile. L’obiettivo a breve termine, partendo dalla campagna informativa agendata il 2 settembre a livello cantonale, è il coinvolgimento di una trentina di nuove forze: venti in ambito urbano e dieci in quello di montagna, adeguatamente ripartite sul nuovo comprensorio.

‘Datori di lavoro meno disponibili’

«Proprio l’effettivo – ha sottolineato in apertura il municipale Mauro Minotti, capodicastero Sicurezza e servizi industriali, affiancato dal sindaco Mario Branda – è uno dei nodi che di anno in anno richiede un dispendio importante di energie per assicurare un livello ottimale quantitativo e qualitativo. I tempi sono cambiati, come pure le esigenze formative e di impiego. Idem quelle dei datori di lavoro, che rispetto al passato sono oggi meno disposti ad assumere pompieri volontari chiamati ad assicurare il picchetto e perciò ad assentarsi. Da qui l’esigenza di unire le forze, voluta dagli ‘operativi’, per mettere maggiormente a frutto la buona collaborazione coltivata nel corso degli anni. La politica ha colto positivamente le varie esigenze e ha risposto di conseguenza».

Più formazione e più amministrazione

Nel dettagliare il quadro generale il comandante Samuele Barenco, incaricato nel 2013, ha evidenziato altre situazioni che segnano la differenza rispetto al passato: «Le assenze dal posto di lavoro aumentano anche perché la formazione cresce di pari passo insieme alla complessità degli interventi. E più complessa è divenuta anche la gestione amministrativa, con la conseguente necessità di coinvolgere persone con ruoli chiave in questo ambito. Un’esigenza sentita in particolare a Cadenazzo e Gambarogno. Ciò che ha quindi contribuito a trasformare l’aggregazione da suggestione a progetto volto a ottimizzare le risorse e ad assicurare la continuità di servizio a lungo termine, ciascuno portando in dote militi ed esperienza».

Ogni anno rinunciano in venti e uno su quattro non finisce la formazione

Col passare del tempo l’età media si è abbassata e si attesta attualmente fra i 37 e i 40 anni; notevolmente aumentato il turnover: «Ogni anno perdiamo una ventina di militi, i quali vanno sostituiti con nuovi pompieri da formare», spiega Barenco, evidenziando che proprio il periodo di formazione non va sempre a buon fine, visto che non viene portato a termine da un quarto degli aspiranti. «Inoltre, mentre un tempo il volontario garantiva una permanenza a lungo termine, attualmente si assesta sui tre/quattro anni». Finora, sottolinea il comandante, «siamo sempre riusciti a trovare un numero sufficiente di nuovi interessati a entrare a far parte del corpo». Ma c’è il timore che questo non si confermi nel futuro. Da qui l’importanza della serata informativa agendata il 2 settembre su scala cantonale nelle varie caserme dei pompieri (info sul sito diventapompiere.ch).

Ipotesi nuova caserma: a fine anno si saprà

Tra le altre sfide elencate da Samuele Barenco figurano il consolidamento della riorganizzazione a seguito della fusione, la professionalizzazione «sebbene il volontariato rimarrà un pilastro determinante», e la questione viaria che incide sempre più sulla prontezza d’intervento «sebbene il semisvincolo abbia portato dei miglioramenti per raggiungere la parte sud». Dal profilo logistico c’è attesa per l’ipotesi di nuova caserma cittadina infine prevista, dopo vari approfondimenti protrattisi per anni nel comprensorio, all’ex Birreria di Carasso. A questo riguardo Mario Branda indica che il quadro, investimento finanziario compreso, dovrebbe delinearsi entro fine anno.

Nuova legge ferma, ‘noi ne beneficeremmo’

Tempi lunghi infine anche per la prevista nuova Legge cantonale sui pompieri, presentata nel 2019 dal Consiglio di Stato e da ben sei anni ferma in Gran Consiglio sul tavolo, o in qualche cassetto, della Commissione Costituzione e leggi. Il settore operativo ne sente l’esigenza, anche perché l’attuale base legale risalente al 1996 non è più al passo coi tempi. Quella nuova pone l’accento su una maggiore professionalizzazione, mantenendo comunque l’indispensabile impronta del volontariato e un uso più coordinato delle risorse a disposizione. In particolare è prevista la revisione del sistema di finanziamento dei corpi introducendo il principio del contributo pro capite unico cantonale e affidando al Cantone il coordinamento strategico e di controllo tecnico-finanziario. Cantone che riassegnerebbe le risorse tramite la costituzione di un’apposita piattaforma, andando così verso una più equa ridistribuzione ed evitando le attuali disparità fra chi riceve di più e chi meno. Un’altra novità prevista, oltre all’introduzione del principio dei mandati di prestazione, è il maggior coinvolgimento dei Comuni, cui verrebbe attribuita la competenza primaria in ambito politico e operativo. «Bellinzona ne beneficerebbe, con un aumento del flusso finanziario in entrata», sottolinea Barenco ricordando che i vari comandanti sono stati audizionati in commissione diverso tempo fa: «Poi non si è saputo più nulla».

Con i Grigioni discorso impossibile

Intanto Bellinzona, Cadenazzo e Gambarogno un passo importante lo hanno compiuto. Altri seguiranno? «Una fusione di queste dimensioni è una novità in Ticino e ritengo che sia replicabile altrove. Ma non penso – conclude il comandante – che questo possa valere fra regioni di due cantoni vicini. Pensando ai Grigioni, loro hanno una legislazione in materia molto diversa dalla nostra, ciò che attualmente rende impossibile l’impresa. Vero è tuttavia che nel caso specifico della zona industriale di San Vittore, un intervento lì è attualmente gestito dalla centrale di Thusis, mentre noi ci troviamo a pochissimi chilometri». La frontiera di Monticello sembra dunque al momento invalicabile.