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Prosegue la stirpe di gipeti in Ticino: ecco Lepontino II

Seconda nidificazione con successo dopo quella del 2023. Nel cantone ci sono almeno altre due coppie che però non hanno ancora costruito nidi

Il giovane avvoltoio si è recentemente involato
(Patrick Scimè)
6 settembre 2025
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Lepontino II ha lasciato il nido: un altro giovanissimo gipeto barbuto si è recentemente involato nell’Alto Ticino. Un evento straordinario che segue la nidificazione avvenuta con successo nel 2023. Già, perché questo grande avvoltoio non si riproduceva più nel nostro cantone da oltre 150 anni: un ultimo esemplare, una giovane femmina, era infatti stato catturato e ucciso nel 1869. Un ritorno che procede lentamente, come è nella natura di questo volatile. Infatti «ogni coppia può allevare al massimo un pulcino all’anno», spiega a ‘laRegione’ Patrick Scimè, collaboratore di Ficedula, l’Associazione per lo studio e la conservazione degli uccelli della Svizzera italiana. Inoltre sono uccelli «molto sensibili: se disturbati, la nidificazione può fallire piuttosto facilmente». Fallimento effettivamente avvenuto nel 2021, 2022 e 2024, per ragioni diverse. Resta il fatto che oggi in Ticino, oltre alla coppia citata che ha messo al mondo finora due pulcini, «se ne sono formate almeno altre due che però al momento non hanno ancora costruito nidi». Inoltre nei cieli ticinesi veleggiano anche «altri individui che però non sono al momento stanziali». Insomma, il gipeto barbuto, anche se lentamente, si sta nuovamente diffondendo nel cantone e «la speranza è che si possa proseguire su questa rotta».

Con un’apertura alare che può raggiungere quasi i 3 metri, questo avvoltoio fu perseguitato dal 1800 fino agli inizi del 1900 a causa in particolare di pregiudizi: lo si credeva infatti responsabile della predazione di agnelli (e c’è chi diceva anche di bambini). Tuttavia si nutre quasi esclusivamente di ossa prelevate da animali morti (ad esempio di vecchiaia o a causa di una valanga). «Sono in pratica l’ultimo anello della catena alimentare», afferma Scimè. Inoltre «non hanno artigli adatti a predare, ma solo ad afferrare le ossa di cui si nutrono». Resta il fatto che i pregiudizi (ma anche la mancanza di cibo e il collezionismo) avevano portato, negli anni 20 dello scorso secolo, all’estinzione dalle Alpi del gipeto barbuto. Nacquero poi progetti di reintroduzione che portarono, tra il 1986 e il 2022, alla reintroduzione di oltre 240 esemplari nelle Alpi. In Ticino non sono mai stati reintrodotti esemplari, ma nel 2020 si è formata in natura una prima coppia nidificante che, nel 2023, come detto, si è riprodotta, facendo involare un primo giovane (Lepontino), seguito poi da quello di quest’anno.

Il disturbo umano può minacciare la riproduzione

Anche se oggi i pregiudizi sembrano essere superati, l’essere umano continua a giocare un ruolo nelle difficoltà legate alla riproduzione di questo avvoltoio: la Fondazione Pro Gipeto segnala infatti nel suo rapporto annuale 2024/2025 che il disturbo umano a distanze inferiori ai 1’500 metri dai nidi può rappresentare una seria minaccia per la riuscita della nidificazione. «Se in questo periodo vengono osservati da troppo vicino, ad esempio con un cannocchiale o una macchina fotografica, può succedere che lascino il nido», conferma Scimé. E «se l’uovo viene lasciato scoperto anche solo pochi minuti, in particolare d’inverno, l’embrione muore per ipotermia o può essere predato, per esempio dal corvo imperiale. Gli stessi rischi valgono durante i primi due mesi di vita del pulcino: si può spaventare e cadere dal nido (che viene costruito su pareti rocciose) con esito fatale, oppure i genitori intimoriti potrebbero non portare cibo a sufficienza per la crescita del piccolo». Va detto che tra le nidificazioni fallite in Ticino, solo quella del 2022 può essere verosimilmente ricondotta al disturbo umano: il nido era infatti stato abbandonato più di una volta a causa del volo ripetuto di un drone nelle vicinanze. Resta il fatto che «pure gli elicotteri e i parapendii possono rappresentare una minaccia».

‘Tendono poi a tornare dove sono nati’

Insomma, l’appello è ‘mantenere le distanze dal nido’, come ha del resto fatto Scimè che negli ultimi anni ha investito migliaia di ore nell’osservazione della prima coppia nidificante in Ticino dopo oltre 150 anni di assenza, «documentando (tramite registrazione video) tutte le fasi importanti: la costruzione del nido, gli accoppiamenti, la deposizione, la schiusa e il momento dell’involo del pulcino». E questo restando «ad almeno un chilometro e mezzo dal nido». Vista la sua esperienza, chiediamo quindi al collaboratore di Ficedula se il pulcino che si è involato nel 2023 è poi tornato in Ticino: «I giovani per i loro primi sei anni di vita ‘vagano’ per centinaia di chilometri, prima di trovare un loro territorio», premette Scimé. «In alcuni casi è stato osservato che però tornano al loro luogo natio, facendo visita ai genitori, che li tollerano». E anche per quanto riguarda il territorio che occuperanno da adulti, «è stata osservata una certa filopatria: tendono quindi a installarsi e riprodursi in prossimità del luogo dove sono nati o dove sono stati rilasciati». E questo fa dunque ben sperare per il futuro di questa specie in Ticino.

In ottobre osservazioni contemporanee in tutto l’arco alpino

Restando in tema osservazione, ogni anno in autunno è in programma un periodo di monitoraggio del gipeto barbuto. Quest’anno si terrà dall’11 al 19 ottobre, con particolare accento su sabato 11, giorno nel quale verranno effettuate osservazioni contemporanee in tutto l’arco alpino. In Ticino Ficedula coordina ufficialmente il conteggio annuale di questa specie, in collaborazione con la Fondazione Pro Gipeto e l’International Bearded Vulture Monitoring. Ogni anno partecipano oltre 100 persone dislocate in tutto il Sopraceneri. A questo proposito martedì 16 settembre dalle 19.30 alle 20.30, Ficedula organizza un corso online gratuito per spiegare come identificare (compresa l’età dell’individuo a seconda del piumaggio) il gipeto, così come l’aquila reale. Info su www.ficedula.ch.

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