William Berni, di Sant'Antonino, si è aggiudicato la seconda edizione della Wambo Jam: ‘Ho iniziato con i graffiti 30 anni fa, era il mio primo concorso’
«Per me si trattava del primo concorso da writer. D’altra parte, però, al mattino mia figlia Blue mi aveva chiesto di vincere…». Veni, vidi, vici: William Berni, 48 anni di Sant’Antonino, in arte William 174, si è aggiudicato la seconda edizione della Wambo Jam, andata in scena domenica lungo la Golena di Bellinzona. La sua opera è stata giudicata la migliore sia dalla giuria degli esperti, sia da quella popolare, formata dalle migliaia di visitatori accorsi. Per l’Azienda multiservizi di Bellinzona (Amb) che ha promosso l’evento – sostenuto da BancaStato, con il supporto della Città di Bellinzona e dell’Otr Bellinzona e Valli – si è trattato di un grande successo, sia per la qualità delle opere presentate da 21 writer iscritti al concorso, sia per l’apprezzamento mostrato da migliaia di visitatori. «Ci tenevo a fare bella figura – spiega Berni –; da una parte perché la concorrenza era molto agguerrita, con artisti di grande spessore, dall’altra perché in giuria sedevano anche due persone dell’ambiente, Carole Haensler, direttrice di Villa dei Cedri e Valeria Donnarumma, responsabile dell’arte urbana della Città di Lugano. Per me si trattava di una grande opportunità». Poligrafo a laRegione, Berni, che con la vittoria ha staccato un assegno di 1’000 franchi, da trent’anni bazzica la street art: «Ho iniziato a dipingere graffiti nel 1994, ma l’ho fatto soltanto per qualche anno. A quei tempi nessuno era disposto a mettere a disposizione superfici sulle quali dipingere, per cui si trattava di un’attività pericolosa, illegale. Una quindicina di anni fa ho virato sulla pittura su tela, dedicandomi sia al realismo fotografico, sia all’arte astratta. La pittura iperrealista rappresenta sostanzialmente un esercizio di stile, con la street art ho maggiore libertà espressiva».
A imporsi è stato il disegno di un robot femmina che tiene in mano un cuore umano. L’opera è stata apprezzata sia dalla giuria istituzionale, sia da quella delle migliaia di visitatori che hanno affollato la Golena: entrambe l’hanno ritenuta la migliore delle ventuno proposte lungo i 250 metri di “tela in cemento” messi a disposizione da Amb: «Quando penso a un’opera, vivo molto di flash, mi succede sia per i quadri, sia per i graffiti. Nella mia testa visualizzo già l’opera completa e mi tocca “soltanto” riprodurla. Ho scovato in internet immagini che potessero vagamente assomigliare al mio flash, poi sono andato a cercare un volto femminile che mi piacesse, con uno sguardo malinconico. Per la mano che regge il cuore, invece, ho chiesto all’intelligenza artificiale di propormi l’immagine: in seguito ho disegnato l’ingombro del cuore».
La parte più complicata è stata la trasposizione dell’opera da un foglio di carta a una parete di tre metri d’altezza per dieci di lunghezza… «Di norma utilizzo una griglia che riproduco a matita sulla tela. In questo caso, però, la griglia sarebbe stata enorme e non funzionale. Di conseguenza, ho optato per un supporto tecnologico che al giorno d’oggi va per la maggiore: un visore di realtà aumentata in grado di fissare l’immagine sul muro. Un accorgimento grazie al quale mi è stato possibile tracciare i contorni, lavorando di bomboletta e gesso. Una volta preparato l’ingombro e delineati i giochi di luci e ombre, sono passato al riempimento e ai dettagli. Grazie al visore ho potuto tagliare in modo importante i tempi di realizzazione dell’opera: non l’avessi avuto, avrei perso un sacco di ore anche solo per segnare tutti i confini del disegno».
Nonostante il supporto tecnologico, il lavoro è stato piuttosto lungo: «Ho impiegato due giorni a terminare. Gli organizzatori avevano dato la possibilità a chi era intenzionato a cimentarsi con un’opera impegnativa, di anticipare a sabato l’inizio dei lavori. E io ne ho approfittato. In caso contrario, sarebbe stato difficile concludere per le 16 di domenica. È stata un’esperienza unica ma stressante perché ci tenevo a far bene. A un certo punto pensavo di non riuscire a trasporre sul muro l’immagine che avevo in testa. Ho deciso di dedicarmi in primis al volto, la parte più complicata in quanto si trattava di dare un’espressione al robot. Quando ho visto che la mia idea si stava materializzando, ho tirato un sospiro di sollievo e ho capito che sarei riuscito a completare l’opera, anche se molti dettagli li ho trascurati, altrimenti sarei dovuto restare lì un’intera settimana…».
Un robot con un cuore in mano: l’interpretazione del significato da parte dei visitatori è stata quanto meno variegata: «Di norma dipingo montagne e città (www.instagram.com/williamberni per i lavori astratti, www.instagram.com/williamberni_painting per quelli di pittura iperrealista), ma in questo caso non volevo un’opera fotografica, bensì qualcosa che avesse “poesia”, qualcosa di mio. Sono sempre stato affascinato dalla fantascienza, dai film che propongono un futuro distopico. E allora ho pensato all’intelligenza artificiale, a cosa differenzia l’uomo da una macchina. Fondamentalmente nulla, il corpo umano è una macchina, un computer eccezionale che, tuttavia, in futuro sarà possibile replicare. Le emozioni, ad esempio, non sono altro che impulsi elettrici legati a memorie, sensazioni, esperienze passate: pura “meccanica”, tra qualche anno anche i computer la sapranno riprodurre. L’essere umano ha la superbia di considerarsi unico, ma a mio modo di vedere si sbaglia e di grosso. Questo è il pensiero che sta dietro alla mia opera. In un primo tempo avrei voluto essere maggiormente esplicito, poi ho preferito lasciare libera interpretazione agli spettatori e mi sono accorto, dialogando con loro, di come ognuno avesse una sua interpretazione: il mio pensiero era, tutto sommato, negativo, mentre molti di loro vi leggevano un messaggio positivo, emozionante».
L’opera di William Berni, ma anche quelle degli altri writer («Il livello della competizione era estremamente alto», precisa il vincitore) sono state apprezzate a tal punto dalla popolazione da indurre il Municipio a pensare di poter garantire altri spazi alla street art. «In effetti, si sta valutando la possibilità di mettere a disposizione altre superfici della città – conferma il vicesindaco Fabio Käppeli, responsabile del Dicastero finanze, economia e sport –. Ad esempio nella zona del comparto stadio, dove ci sono muri sporchi o già graffitati che si potrebbe pensare di mettere a disposizione, così da dar loro un’impronta artistica maggiore. Negli scorsi giorni è stata data risposta a un’interrogazione della consigliera comunale del Centro, Camilla Guidotti, inerente alla possibilità di decorare le scalinate urbane. Al momento si tratta di un tema che stiamo valutando a livello di Esecutivo e al quale abbiamo già dimostrato di non essere insensibili. Da parte del Municipio esiste la volontà di intervento per la riqualifica di spazi attualmente grigi, ma che grazie a un intervento artistico possono trasformarsi in isole di colore e di vita».