Un utente di Mesocco reclama perché gli è stata rispedita, aperta, una sua busta inviata alla cassa malati sulla quale mancavano via e numero civico
«Un’inaccettabile violazione della privacy». «No, un agire dettato da una precisa esigenza e perché abbiamo il diritto di farlo». Scorre su questo doppio binario, privo di convergenze, la diatriba maturata nelle scorse settimane fra un abitante di Mesocco e la Posta. Tema del contendere l’invio di una busta alla cassa malati con indirizzo incompleto mancando via e numero civico. «Abito a Mesocco da molti anni – spiega il nostro interlocutore ritenendo opportuno rendere pubblica la sua disavventura – e sin dal 2007 ho sempre inviato la mia corrispondenza all’agenzia dell’assicurazione malattia, la Ökk presente qui in paese, omettendo via e numero ritenendo la questione assolutamente pacifica. E in effetti nell’arco di 18 anni abbiamo sempre utilizzato la stessa intestazione. Centinaia di volte, tutte sempre andate a buon fine». Siamo a inizio marzo 2025 e qualcosa questa volta va storto: la Posta rispedisce al mittente l’ultima busta inviata alla cassa malati 15 giorni prima; lo fa indicando che “non è stato possibile recapitare l’invio allegato”. Ma non specifica il motivo. E per di più, per poter risalire al mittente ne apre la busta.
«Si tratta di un’inammissibile ingerenza nella mia sfera privata, soprattutto considerando i contenuti sensibili della corrispondenza. Questioni mediche, come facilmente intuibile leggendo il destinatario. Eppure qualunque addetto postale, in qualunque centrale postale della Svizzera, avrebbe potuto facilmente verificare, con pochi e semplici click sul computer, che Ökk è un’assicurazione malattia con agenzia a Mesocco. Istituto di diritto nazionale assolutamente identificabile e che riceve quotidianamente una massiccia corrispondenza. Inqualificabile quanto accaduto, anche perché c’era a mio avviso una seconda valida alternativa: senza dover sbirciare nella mia corrispondenza privata, la Posta avrebbe potuto trasmettere la busta a Ökk chiedendole di sensibilizzare il mittente a lei noto sulla questione dell’indirizzo incompleto. Semplicissimo. Ma evidentemente non per il cosiddetto Gigante giallo che si auto-referenzia come il miglior servizio postale al mondo. Da notare inoltre che questa procedura ha richiesto una tempistica abbastanza lunga, ben due settimane».
Quanto successo ha quindi indotto l’abitante di Mesocco a scrivere al contact center della Posta di Berna lamentando la violazione dell’articolo 13 capoverso 1 della Costituzione federale: dedicato alla protezione della sfera privata, sancisce che “ognuno ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare, della sua abitazione, della sua corrispondenza epistolare nonché delle sue relazioni via posta e telecomunicazioni”. «La violazione di questo articolo – ho scritto nella mia missiva di protesta – fa intravedere un reato sulla segretezza dei dati personali sensibili, ancor più grave perché legata a condizioni connesse con la sfera medica».
La protesta non cade nel vuoto e con una telefonata un’addetta del Servizio clienti della Posta cerca di spiegare all’abitante di Mesocco l’accaduto fornendo le motivazioni del caso. Ne risulta che la lettera era stata scartata da un’apparecchiatura automatica per improprietà d’indirizzo e che perciò era stata inviata a un centro di re-instradamento che opera manualmente: ossia apre le buste incomplete in cerca dei mittenti. Vana, al telefono, la protesta dell’utente, che oltre a indicare possibili alternative (vedi sopra) ha lamentato il ritardo dell’adempimento della pratica richiesta alla Ökk, con la conseguenza di averla dovuta ripetere due settimane dopo la prima.
Sollecitata con una presa di posizione scritta, quattro giorni dopo la Posta elenca nero su bianco i requisiti corretti di un invio (indirizzo completo) e ribadisce di avere “il diritto di aprire la corrispondenza per identificare il mittente nel caso in qui questo non sia indicato sulla busta”. Pur non indicando chi o cosa sancisca questo diritto, l’azienda parla di procedura “necessaria per poter restituire correttamente l’invio al mittente”. Da qui l’invito ad adeguarsi. La replica, da Mesocco con destinazione Berna, non tarda a partire ribadendo che vi era sicuramente la possibilità di re-indirizzare la busta a Ökk di Mesocco; che un addetto postale pensante avrebbe sicuramente agito meglio e con meno costi di una macchina; e che l’apertura della corrispondenza può essere ammessa solo e unicamente in assenza di alternative, le quali a mente dell’utente indignato c’erano eccome. Il tutto completato dalla richiesta di ricevere una risposta chiara a questi punti, evitando testi prodotti in automatico. La Posta risponde ed entrando nel merito delle contestazioni spiega che “naturalmente è possibile che a Mesocco vi sia solo un’agenzia della Ökk e che quindi non sia possibile fare confusione con un’altra persona fisica o giuridica. Tuttavia il personale addetto al recapito non può partire automaticamente da questo presupposto. Nel caso del suo invio, la valutazione è stata che il destinatario non poteva essere identificato e pertanto è stato avviato il rinvio”.
Niente da fare. Per il nostro interlocutore anche queste motivazioni non reggono e in replica ribadisce l’auspicio affinché il personale addestrato ricerchi la “soluzione adeguata” e la Posta eviti altre procedure, come quella adottata che “dimostra disattenzione e superficialità” riguardo alla violazione della riservatezza. Sulla quale chiede una “risposta mirata”. Ma in duplica il Gigante giallo non si sposta di un millimetro e allega un foglio contenente “istruzioni per la configurazione dell’indirizzo”. Il botta e risposta si conclude, da parte dell’utente deluso, con la richiesta che lo scambio epistolare sia sottoposto ai vertici aziendali. Inoltre con un legale ha avviato delle valutazioni giuridiche considerando la Costituzione federale, la Legge sulle poste e quella sulla protezione dei dati. In casi di questa portata è possibile rivolgersi all’Incaricato federale della protezione dei dati e della trasparenza.