Complice una recente sentenza, il sindacato Unia torna a chiedere un intervento delle autorità per tutelare i fattorini. Intanto, la piattaforma s’espande
«Basta chiamarlo lavoro indipendente: le autorità devono intervenire per tutelare le condizioni lavorative dei fattorini». Mentre Uber Eats continua a espandersi in Ticino – in due mesi ha già triplicato il numero di ristoranti partner e nei prossimi giorni sarà disponibile anche a Bellinzona, dopo lo sbarco a Lugano a febbraio –, le preoccupazioni sindacali non si placano. Chiara Landi, responsabile del settore terziario di Unia Regione Ticino e Moesa, invoca l’intervento dell’Ispettorato del lavoro e del Dipartimento delle finanze e dell’economia. A darle man forte, una recente (dello scorso febbraio) sentenza del Tribunale federale: i giudici hanno obbligato una società partner di Uber che impiega circa 400 rider per conto della piattaforma ad adeguarsi al Contratto collettivo di lavoro (Ccl) vigente nel settore del collocamento e del personale a prestito.
Partiamo dalla sentenza. L’azienda in questione, la Chaskis Sa, ha stipulato un accordo con Uber per gestire la piattaforma Uber Eats, attraverso la quale vengono elaborati gli ordini. Già nel 2022 le autorità ginevrine hanno stabilito che il servizio di consegna metteva a disposizione di Uber il proprio personale e che pertanto era soggetto alla Legge federale sul collocamento e il personale a prestito, vietando qualsiasi attività fino all’adeguamento normativo alla suddetta legge. Una decisione confermata dalla Corte di giustizia ginevrina nel 2023. La società si è ulteriormente opposta appellandosi al Tribunale federale (Tf), che ha pochi mesi fa respinto il ricorso. Per quale motivo? “Si ha collocamento di servizi – ha detto il Tf – quando il potere di gestione sui dipendenti viene ceduto alla società che concede in locazione la prestazione, che ha quindi il diritto di impartire istruzioni sulle modalità di esecuzione della prestazione. In questo caso si realizza questa caratteristica centrale del noleggio di servizi”. Infatti, “è esclusivamente l’app Uber Eats a determinare i compiti che i corrieri devono svolgere: l’applicazione comunica ai corrieri i dettagli necessari all’evasione dell’ordine”. Le istruzioni aggiuntive dei clienti “rappresentano un ulteriore modo indiretto con cui Uber può spiegare ai corrieri come completare effettivamente la consegna. L’applicazione monitora anche in tempo reale gli orari di lavoro dei conducenti delle consegne e il loro raggio d’azione. Nella pratica, infine, i corrieri vengono sistematicamente incoraggiati ad accettare gli ordini loro assegnati dall’applicazione. Vi sono inoltre ulteriori elementi che permettono di concludere che esiste un noleggio di servizi a favore di Uber”.
Questa decisione potrebbe avere qualche impatto anche in Ticino? «Dovrebbe – secondo Landi –. È emerso una volta di più che i fattorini sono lavoratori subordinati all’azienda Uber o a una delle numerose aziende che ruotano nel suo universo, che spesso sono diverse anche per ragione sociale. Ma in comune hanno il fatto che presentano il lavoro come indipendente, ma è un falso: le persone vengono pagate a cottimo per i servizi prestati, eludendo la normativa sulle assicurazioni sociali con il mancato pagamento degli oneri sociali». La sindacalista a tal proposito richiama altre sentenze del Tf. «Uber continua a sostenere che la piattaforma funge solo da intermediario fra clienti, fattorini e ristoranti. In realtà, le sentenze del 2022 affermano in modo inequivocabile che non si può definire lavoro indipendente il servizio prestato da questi fattorini. Oltretutto, nel caso di Uber Eats in Svizzera si applica il Contratto collettivo di lavoro (Ccl) di obbligatorietà generale nell’ambito della ristorazione. Dal momento che si può definire Uber una società di prestito del personale, è soggetta al contratto di quel settore lavorativo lì. E visto che il Ccl degli interinali, quindi del prestito di personale, prevede che siano obbligatorie le condizioni lavorative e salariali dei settori ai quali si presta questo personale, nel caso di Uber Eats vale la ristorazione».
E se a Ginevra le autorità hanno interdetto le attività a chi non rispetta le norme, «in Ticino nessuno alza un dito. Eppure, già nel 2016 il Tf aveva precisato che Uber non è una semplice piattaforma di mediazione fra parti, sia che si parli di trasporti sia che si parli di consegne a domicilio, in quanto l’azienda si responsabilizza fatturando, decidendo le condizioni tariffarie. Siamo nel 2025, e il modello continua a espandersi in modo indisturbato». Ma il Cantone cosa potrebbe fare? «In Ticino, per esempio, c’è la Legge sul salario minimo, che ha introdotto il divieto del lavoro a cottimo. Quindi si potrebbe intervenire nei confronti delle aziende che non la rispettano, soprattutto di fronte a sentenze che hanno già stabilito che determinate modalità lavorative rappresentano lavoro subordinato. Si dovrebbe intervenire per bloccare questo abuso. Non vorrei che si vogliano fare prima nuovi controlli per verificare che il sistema corrisponda a quello emerso in Svizzera romanda, perché questo vorrebbe dire dilatare ancora i tempi prima di intervenire per sanzionare un’azienda che agisce trasgredendo le norme in materia di diritto del lavoro e delle assicurazioni sociali, sfruttando senza scrupoli i suoi dipendenti».
Critiche forti, che Uber Eats, da noi contattata, respinge. Si precisa infatti che i corrieri sono liberi di connettersi all’app Uber Eats per effettuare consegne quando e dove lo desiderano, come pure di utilizzare altre app o dedicarsi ad altre attività, in quanto non è richiesta alcuna esclusiva: una flessibilità che sarebbe richiesta dagli stessi rider, per generare un guadagno aggiuntivo. Inoltre, Uber Eats non si occuperebbe di stabilire né turni né un minimo di ore, permettendo dunque ai corrieri di lavorare secondo il proprio ritmo. A tal proposito, il 40% di loro utilizza l’app per meno di cinque ore alla settimana e il 75% per meno di quindici ore alla settimana, mentre l’attività media è stimata in tredici ore settimanali. Sul caso specifico di Ginevra e della Chaskis Sa, Uber Eats sta supportando la società partner a conformarsi alla decisione del Tf. Grazie alla mediazione di syndicom è già stato stipulato un Ccl, sebbene Uber Eats sia critica sul modello di ‘staff leasing’, ovvero personale a prestito, imposto alla Chaskis, in quanto risulterebbe meno adatto rispetto al settore delle consegne di pasti e di fatto ritiene che il cambiamento di status comporterà principalmente vincoli tecnici aggiuntivi, ma senza apportare miglioramenti concreti alle condizioni di lavoro.
“Prendiamo molto seriamente la questione delle condizioni di lavoro dei corrieri e ascoltiamo i loro feedback – ci dice il portavoce –. Il nostro impegno resta quello di migliorare il lavoro indipendente in Svizzera, sostenendo al contempo l’economia locale”. Come? Espandendo la rete: “A Lugano collaboriamo con circa 40 ristoranti (mentre due mesi fa erano solo 14, ndr) e circa 40 corrieri indipendenti (rispetto alla decina di febbraio, ndr) utilizzano regolarmente l’app di Uber Eats per guadagnare in modo flessibile, secondo le proprie condizioni. Siamo molto soddisfatti del lancio e stiamo lanciando il servizio anche a Bellinzona questa settimana”.