Il servizio Primis di Zonaprotetta ha proposto un evento per prevenire la violenza e promuovere una cultura del rispetto dei sex worker
È il 2 giugno 1975. Le navate della chiesa di Saint-Nizier a Lione vengono occupate, per diversi giorni a seguire, da oltre un centinaio di lavoratrici del sesso. Un momento di protesta divenuto emblematico delle rivendicazioni di chi è nel settore. Vengono chieste, a gran voce, migliori condizioni di lavoro, l’abolizione della repressione da parte delle forze dell’ordine ma anche la fine dello stigma sociale originato da forti pregiudizi e stereotipi radicati.
Cinquant’anni dopo, le richieste sono perlopiù le medesime. In occasione della Giornata internazionale dei diritti delle lavoratrici del sesso e dell’anniversario di quello sciopero, Primis – servizio dell’associazione Zonaprotetta che si occupa di promuovere la salute sessuale e i diritti di chi opera nel settore – ha proposto un incontro aperto al pubblico per ricordare quell’avvenimento e lo ha fatto attraverso l’arte. Un primo evento rivolto alla cittadinanza che concretizza la volontà dell’associazione di creare più incontri per sensibilizzare la popolazione, prevenire la violenza e incentivare a una cultura del rispetto.
«Le rivendicazioni attuali non sono poi tanto diverse da quelle fatte nella chiesa di Lione», spiega a laRegione Vincenza Guarnaccia, coordinatrice di Zonaprotetta e responsabile di Primis. «Sicuramente, rispetto ad allora, c’è maggiore tutela delle persone che svolgono il lavoro sessuale anche grazie a delle leggi specifiche. Sono stati fatti dei passi avanti a livello legislativo però purtroppo questo non è sufficiente. Per proteggere veramente chi svolge questo lavoro è necessario, oggi come nel 1975, lottare contro la discriminazione e la rivendicazione di maggiori diritti».
Per riuscirci, l’associazione intende «lavorare sul contesto, quindi sulla popolazione in generale». Perché se da un lato «si cerca di rendere chi lavora nel settore maggiormente consapevole dei propri diritti in un’ottica di autodeterminazione, dall’altra pensiamo sia necessario far sentire direttamente la voce di chi svolge questo lavoro per scardinare gli stereotipi che ancora oggi esistono e mostrando che anche le e i sex workers hanno una vita, affetti, desideri e ambizioni».
E così è stato fatto. Nella cornice della Locanda della Masseria di Porza, è stato proiettato un cortometraggio – intitolato ‘Falene’ di Chiara Toffoletto e Antonino Mangiaracina – con protagonista Miriam, una donna che ha deciso di lavorare in un locale erotico a Chiasso che, a differenza di molte colleghe, ha scelto di farlo apertamente, senza vergogna né paura del giudizio. A seguire è stata presentata una mostra intitolata ‘Il quotidiano di Alissa’. Una serie di fotografie attraverso le quali la protagonista – presente all’incontro –, una sex worker del Luganese, ha scelto di mostrarsi per quello che è, un ritratto sincero e intimo che invita a guardare oltre gli stereotipi.
Una comunità, è stato spiegato durante l’incontro, che ha moltissima voglia di raccontarsi ma che al contempo ha paura di esporsi. Eppure, in quest’occasione sono emersi esempi di donne che sono riuscite a mostrarsi per quelle che sono senza timore. Esattamente come a Lione, cinquant’anni fa, perché, come ha affermato Alissa Mortone «non siamo un’etichetta, non siamo uno stereotipo da criticare e giudicare, ma esistiamo davvero e dietro ogni volto c’è una persona con una storia e un vissuto che va rispettato. Ogni scelta lavorativa merita dignità. È una nostra scelta e come tale meritiamo di essere rispettate come chiunque altro».
Rispetto al passato, ci dice Guarnaccia, «questi sono discorsi che possiamo fare più apertamente». E se si possono affrontare tematiche di questo tipo è anche «grazie alle leggi esistenti che permettono alle persone di lavorare in maniera regolare e quindi essere più disponibili a esporsi e a parlare di ciò che fanno». Se dunque molti aspetti non sono cambiati e lo stigma rimane un peso importante sul settore, oggi «c’è più consapevolezza e pù autodeterminazione in generale». Lo dimostrano anche le parole di Mortone: «Quando mi è stato proposto di partecipare a questo progetto espositivo, ho sentito che era arrivato il momento giusto per mostrarmi per quella che sono davvero. La mostra racconta la mia vita vera, fatta di gesti semplici, emozioni autentiche e spazi vissuti con presenza e consapevolezza».
L’evento di lunedì, che fa parte del progetto ‘Rispetto’, è stato dunque il primo di altri appuntamenti a seguire. «L’idea – afferma Guarnaccia – è proprio quella di riuscire a organizzare più eventi pubblici. Questo ci permetterà di far conoscere meglio il lavoro sessuale e chi ci lavora. Anche perché solo conoscendo si può scardinare un pregiudizio». Lo dicono anche le parole di una lavoratrice del sesso, che su un foglio appeso durante l’incontro ha scritto: “Parlare del sesso come lavoro scatena sempre reazioni forti e contrastanti. Intorno alla tematica del lavoro sessuale ci sono un’infinità di luoghi comuni e pregiudizi e per cambiare l’approccio è necessario mettersi nella condizione di conoscerlo”. Un’opinione che scompone gli elementi essenziali e che fungono da acronimo di Primis: Prevenzione, informazione e mediazione nell’industria del sesso.