L’iniziativa partecipativa, coordinata da Città e Radix e supportata dal Cantone, intende far emergere eventuali malesseri, esigenze e indicazioni
Una ricerca partecipativa, svolta fra pari, per far emergere eventuali malesseri ed esigenze giovanili. È il progetto che partirà fra poche settimane, in settembre, a Lugano e che coinvolge la Città, i servizi cantonali e operatori sociali. A rivelarci la novità è Marco Coppola, direttore di Radix Svizzera italiana, nel giorno dell’allargamento dell’inchiesta per il pestaggio del Primo d’agosto in centro città. Ministero pubblico, Polcantonale e Magistratura dei minorenni hanno infatti informato di aver arrestato una quinta persona, portando così il totale dei coinvolti a sei. Quattro di questi sono minorenni e due 18enni, solo uno di questi ultimi è a piede libero. Tutti sono residenti fra Luganese e Mendrisiotto e indagati a vario titolo per tentato omicidio, lesioni gravi, lesioni semplici e aggressione.
Vittima del gruppo, lo ricordiamo, un 19enne del Bellinzonese finito in ospedale con ferite giudicate di una certa gravità. Ora gli inquirenti sono alla ricerca di testimonianze e chi avesse assistito ai fatti o ai momenti subito precedenti è invitato a chiamare lo 0848 25 55 55. «Fatti come questi evidentemente preoccupano tutti, e anche noi che lavoriamo a stretto contatto con i giovani nella prevenzione in diversi ambiti – dice Coppola –. Valutare la sicurezza di Lugano (che viene regolarmente definita come la città più sicura della Svizzera dal Municipio da almeno una decina di anni, ndr) non spetta a noi, ma ad ogni modo anche se fossero pochi casi, sono comunque significativi. Ma da lì a credere che i giovani siano tutti allo sbando, assolutamente no, senza sminuire quanto accaduto. Bisogna in ogni caso fermarsi a riflettere e cercare di affrontare in tempi credibili quel che accade».
E, prima di quest’ultimo episodio («ma ora acquisisce ancor più senso»), i responsabili di Radix si sono accordati con la Città «per realizzare un progetto di ricerca tra pari». In cosa consiste? «Premesso che noi cerchiamo di lavorare il più possibile per fare in modo che i giovani possano stare bene, abbiamo concordato un’attività partecipativa già svolta a Locarno e a Mendrisio, nella quale gli adolescenti e i giovani adulti, assieme a noi e agli operatori del Comune, possano dire la loro su come stanno, sulla loro situazione personale, sulla città». Concretamente, verrà avviato un gruppo di lavoro che coinvolgerà alcuni giovani che, dopo averne discusso assieme, andranno nei luoghi di aggregazione dei coetanei per porre domande e discutere di temi. L’iniziativa, ci spiega Coppola, è parte del Programma cantonale di promozione dei diritti, di prevenzione della violenza e di protezione di bambini e giovani, nonché di un programma federale di rilevamento e intervento precoce, e durerà almeno un annetto.
L’obiettivo è «riuscire a dar voce a eventuali malesseri ma anche a strategie positive o richieste da parte dei giovani. Dal punto di vista della prevenzione, dello star bene in una comunità, del mettere in dialogo i giovani con gli adulti, si tratta di iniziative molto positive, che possono dare qualche indicazione sulle loro reali esigenze. Inoltre, il progetto contribuirà a dare una rappresentazione più variegata dei giovani, non associandoli soltanto a episodi di violenza come spesso accade. Questa rappresentazione stereotipata va evitata, lo chiedono loro stessi per primi». Tuttavia, anche il tema della violenza potrebbe emergere dalla ricerca. «Non possiamo credere che tutto possa risolversi attraverso le forme di prevenzione – puntualizza il direttore –, ma credo che possiamo agire su quella fascia intermedia di persone che rischiano di diventare violente. Lavorando, possiamo riuscire a recuperarle e a prevenire questo genere di comportamenti».
Facciamo notare che non si tratta della prima iniziativa di questo tipo e che solo un paio d’anni fa la Città ha commissionato un sondaggio simile. «È vero, ma c’è differenza tra quando sono gli adulti a fare le domande, che è una ricerca classica, e questa modalità operativa che è più simile alla peer education. Qui sono i giovani a decidere cosa chiedere e quali sono gli strumenti più idonei per farlo. Le faccio un esempio. Un tema che emerge spesso in queste discussioni sono i luoghi aggregativi. Dove si incontrano i giovani? Questi luoghi sono adeguati? Lugano ha diverse opportunità, non ci si può lamentare come per altre città, che questi luoghi di aggregazione non li hanno proprio. Però il mio è il punto di vista di un adulto. Per questo è bene chiedere a loro cosa ne pensano. È necessario far emergere i loro punti di vista in maniera reale e metterli in comune con le idee degli adulti e arrivare a una mediazione. Un approccio di comunità mi sembra l’unica strada sociale di prevenzione attuabile».