Il Tribunale d'Appello dà ragione alla Kursaal della Città sul Verbano. La convenzione siglata nel 2001 venne disconosciuta dalla dirigenza luganese
Cinque milioni di franchi, calcolando gli interessi al 5% dal 2006: è la cifra del salasso a carico del Casinò di Lugano, che dovrà versare alla Kursaal Locarno Sa. Lo si evince nella recente sentenza del Tribunale d’Appello, che ha confermato la validità di un accordo di ‘non belligeranza’, di natura politica e targato Plr tra le due città, che venne stipulato nel 2001. Una sentenza che potrebbe essere ancora contestata attraverso un ricorso al Tribunale federale, il Cda della casa da gioco deciderà prossimamente, ci informa il presidente Emanuele Stauffer.
Il Tribunale d’Appello ha stabilito che l’accordo inserito nella società Accento, si legge nella nota diffusa dalla casa da gioco luganese, “non fu un’intesa commerciale ordinaria, ma un patto politico-economico. Si trattava di un compromesso voluto dalle classi dirigenti cittadine dell’epoca (i sindaci allora erano Giorgio Giudici e Marco Balerna)”. Quelle stesse persone, continua la nota, “che sedevano contemporaneamente nei consigli comunali e nei Consigli di amministrazione delle società concessionate, rappresentando contemporaneamente gli interessi degli azionisti pubblici e privati. In sostanza, chi avesse ottenuto la concessione di tipo A avrebbe dovuto riconoscere all’altro una compensazione (25% dell’utile netto e 0,65% degli incassi netti), così da garantire un equilibrio territoriale e, soprattutto, evitare ricorsi e blocchi che avrebbero potuto paralizzare l’assegnazione federale”.
Poi cosa successe? Quando l’11 novembre del 2002 il Consiglio federale attribuì la concessione A a Lugano e la concessione B a Locarno, l’accordo entrò in vigore. “Ma fu proprio la dirigenza di Lugano di allora a disconoscere l’intesa, contestandone la validità. Fu questa una scelta soprattutto politica, presa dalle stesse istanze che avevano sottoscritto l’accordo”, si legge nella nota del Casinò di Lugano. Dal 2002 in avanti, e con l’avvio formale della causa nel 2006, furono dunque queste stesse istanze a voler determinare l’interpretazione dell’accordo e a generare il conflitto giudiziario. Le prime sentenze intervenute negli anni successivi hanno registrato e sviluppato le conseguenze di quelle decisioni. Oggi, a distanza di oltre vent’anni, il Casinò di Lugano si trova a gestire gli effetti di scelte politiche ed economiche che appartengono a un’altra epoca, a un’altra classe dirigente, che non ha contribuito a determinarle, ma le cui conseguenze saranno ovviamente gravose, sia per l’azienda che per i suoi azionisti”.
“Questa vicenda ha origine il 14 maggio 2001, quando la Kursaal Locarno Sa e la Casinò Lugano Sa sottoscrissero una convenzione sotto l’egida della società Accento Sa. Questo accordo nasceva in un contesto politico particolare: la nuova Legge federale sulle case da gioco limitava a una sola la concessione di tipo A per il Canton Ticino, e bisognava gestire il rischio di uno scontro diretto e distruttivo tra Locarno e Lugano”. In effetti ripescando gli articoli dall’archivio della ‘Regione’, si legge che “la convenzione (tra le parti) era stata integrata nell’Accento Sa, una società che fissava meccanismi ridistributivi dei proventi del gioco d’azzardo fra le allora Kursaal di Lugano e di Locarno. Nella seduta di Consiglio comunale di Lugano del 14 maggio 2001 l’Accento Sa venne snellita, con clausola d’urgenza su raccomandazione della stessa Commissione federale, e il suo capitale sociale aumentato da 2,5 a 5 milioni di franchi. Ma restò come ‘cappello’ per una sinergia che avrebbe dovuto realizzarsi nelle fasi delle rispettive certificazioni e nell’ottenimento delle concessioni”.
Negli anni successivi, si legge ancora nel pezzo pubblicato il 17 maggio 2001 su ‘laRegione’, “l’Accento venne sciolta ma sopravvisse la convenzione fra Locarno e Lugano perché, dopo essere rimasta senza concessione, la Kursaal locarnese si riciclò nella società che gestisce le mura in cui operano i ‘muraltesi’ che ottennero il permesso federale per i giochi di tipo B. Fu quello un periodo di grande fermento in Ticino, le case da gioco erano ambite da diversi Comuni perché considerate come macchine per soldi ‘facili’”. Il tentativo di creare una sinergia tra i due casinò concorrenti (di Lugano e di Locarno) avrebbe dovuto realizzarsi tanto nelle delicate fasi delle rispettive certificazioni e dell’ottenimento delle concessioni, quanto nella gestione del ‘mercato’ del gioco d’azzardo. Una vertenza durata oltre vent’anni che ha ribadito la portata obbligatoria a carico della Casa da gioco di Lugano, quantificando in 2,4 milioni di franchi oltre a interessi (in tutto come detto 5 milioni), gli importi dovuti alla propria controparte locarnese sulla base delle formule allora pattuite, respingendo le eccezioni di nullità sollevate dal Casinò di Lugano.
La questione della governance delle società partecipate non era un tema allora. Ma teneva banco, anche se nei Cda erano quasi tutti politici. Tanto che nella seduta di Consiglio comunale del maggio 2001, Giorgio Giudici si arrabbiò al punto di lasciare Palazzo Civico, dopo le proteste sui tre nomi che aveva proposto da insediare nel Cda: Rocco Olgiati, Giovanni Antonini e lui stesso. Le polemiche vennero alimentate allora soprattutto dai banchi della Lega. «Sono stati violati i patti – ci spiegò l’allora consigliere comunale Michele Foletti –. Il Municipio aveva assicurato che avrebbe scelto dei tecnici da insediare nel Cda della Kursaal Sa. Invece sono state messe in campo candidature politiche che, di fatto, mettono fuori gioco sia la Lega sia i socialisti».