Come è cambiato il mestiere di calzolaio: Luigi Fontana, un luganese che ha scelto Chiasso e la manualità
Luigi Fontana il prossimo maggio compirà cinquant’anni. Un traguardo che è anche occasione per guardarsi indietro, alla scelta di una professione che pare essere sempre più di nicchia: il calzolaio. Sulla piazza chiassese è giunto nel 2008, quando viene a sapere che nella cittadina di confine un collega ha deciso di ritirarsi.
Lo incontriamo nel suo negozio di piazza Col. Bernasconi. Un cliente, entrato per suturare un cinturino di un prezioso orologio, dice di lui che è un artigiano della gomma, avendo dovuto, partito dal cuoio, adattarsi alle nuove generazioni: «Gli mancano solo i copertoni delle macchine».
Una professione dove vi è arrivato con il tipico salto nel buio: «Nel ’94 mi sono diplomato elettricista radiotv. Ma ho subito capito che non faceva per me, così sono passato a fare di tutto, fino a lavorare in un magazzino. Avendo sempre avuto una buona manualità, sono riuscito a trovare un posto in una famosa ditta di riparazione scarpe, e ho cominciato nella sede di Lugano, sotto la supervisione di un anziano gerente che mi ha fatto appassionare al mestiere». Fino all’approdo a Chiasso: «Venti metri da dove sono ora. Ero venuto a sapere che da lì a poco il vecchio calzolaio di Chiasso, attivo da oltre trent’anni sempre sul corso, avrebbe chiuso e sarebbe andato in pensione. Ma la sua chiusura non è avvenuta subito, in quanto molto affezionato al lavoro è andato avanti ancora due anni, e lì un po’ di ansia mi è venuta perché oltre ad essere su una piazza nuova, abitando a Magliaso Chiasso era una cittadina sconosciuta. Del resto fino ad allora la mia vita l’avevo trascorsa nel Luganese».
Ad aumentare l’apprensione di una nuova avventura professionale l’arrivo di sua figlia: «Eppure ho lavorato fin dal primo giorno e le preoccupazioni si sono stemperate».
Pendolare per scelta, Luigi da oltre venticinque anni viaggia in treno: «Ci metto un’ora ad andare e altrettanto a tornare. Il primo anno è stata dura, ma poi avendo acquisito una bellissima clientela, molto aperta, per me è stato un bene. A Lugano c’era un fiume di gente, tra uffici e banche, non potevi neppure alzare la testa, sembrava di essere in fabbrica. Ma i rapporti interpersonali erano inesistenti… E anche se mi hanno proposto una nuova posizione di responsabilità ho rifiutato. Qui, diversamente, ho trovato accoglienza, gentilezza, un rapporto, dopo tanti anni, quasi di amicizia».
Nessun rimpianto, anzi: «Quando ho fatto questa scelta, ho pensato a chi mi ha preceduto, a colui che è riuscito a mantenere la famiglia per così tanti anni. Una scommessa che mi ha ripagato subito. Ho iniziato lavorando già molto bene e quando ha chiuso il vecchio calzolaio la mole è raddoppiata, tanto che a volte dovevo farmi aiutare da colleghi in pensione. Ho vicina Ubs dove a quei tempi erano in tantissimi… Poi con le ristrutturazioni bancarie il lavoro è diminuito ed ora, pur non facendo più grosse cifre, posso dire che è stabile».
Una clientela amica che apportando molti benefici può farsi prendere però anche la mano… «Come quando mi chiedono sconti supplementari… Ma è proprio questa disponibilità verso il cliente che ho sempre apprezzato». Rapporti che cambiano, tecniche che si evolvono: «Negli ultimi periodi la calzatura è stata protagonista di una grande evoluzione. È cambiato anche il modo di lavorare, non è più la classica risuolatura di una scarpa di cuoio, ma con le nuove generazioni sono arrivate anche le sneaker, spesso di marca e di valore. Noto ad ogni modo che la qualità di tanti brand non è più quella di una volta, quando erano ben cucite, oggi si scollano più facilmente e completamente…».
Oggi soprattutto non c’è solo la calzatura: «Mi sono allargato nell’offerta, che dev’essere adeguata al momento, che vuol dire nel mio caso la vendita di borse, di cinture, la duplicazione di chiavi, la preparazione di timbri e incisioni. Tutto ciò per far fronte alla diminuzione del lavoro sulla scarpa in sé. Se tornassi indietro, comunque, rifarei tutto mille volte. Il fatto di avere il mio negozio e avere tutti questi contatti mi rallegra la giornata, sono sempre con il sorriso. Col tempo dalla lavorazione del cuoio sono passato a fare qualsiasi lavoro, anche le fodere interne di borse. Un conoscente eritreo mi ha insegnato anche a confezionare le scarpe e dal 2012 al 2015 ho avuto un’importante richiesta di scarpe fatte su misura, ne avrò fatte una settantina, dall’inizio alla fine. Avevo iniziato con lui, poi quando è rientrato in Africa ho acquisito le sue macchine. Negli anni non sono mancati clienti che mi chiedevano di riparare padelle, rivestire dei cuscini, mi è capitato veramente di tutto. Fin dove riesco faccio… miracoli però non ne posso fare. Mi affidano mobili anche antichi da restaurare, uno del ’700, fra i più impegnativi da fare».
Circa l’80% della clientela, che proviene anche dal resto del cantone e dall’Italia, è formato da donne, il 20% da ragazzi e uomini: «Le commissioni del resto le fanno spesso le donne, così mi portano le scarpe del compagno, del figlio o del marito, anche se poi me li passano al telefono per far sapere loro esattamente qual è il lavoro da fare… Fra i lavori più impegnativi ci sono gli scarponcini da montagna da risuolare. Vengono per le loro calzature anche gli agenti della Polizia comunale. Ho diverse suole da scegliere a seconda della performance richiesta. E poi, recentemente, mi sono dovuto procurare dalla Vibram la suola rossa finissima di Leboutin, ho anche questa richiesta, sono articoli di pregio, che richiedono molta responsabilità».
Il futuro a Luigi Fontana non fa paura: «Certo la mia professione si dovrà evolvere. Magari aggiungerò qualche servizio in più. Ma vorrei andare in pensione prima! Forse, ripensandoci, ho già abbastanza…».
Lungo il corso e nei dintorni è forte la collaborazione fra commercianti: «Ci conosciamo tutti ed è importante che ci siano nuovi arrivi, la Cornèr, il Centro della moda... Più movimenti, più interazioni. Con gli altri commercianti siamo molto uniti, ci si parla, il venerdì andiamo fuori a mangiare insieme. Come è cambiato il corso? Tantissimo. A penalizzarci soprattutto i cambiamenti nella viabilità. Hanno fatto di tutto per metterci i bastoni fra le ruote e, invece di incentivare, hanno disincentivato la gente a venire a Chiasso. Penso anche al Centro ovale… mi auguro che lo valorizzino. Non credo che vi sia ad ogni modo una concorrenza dei centri commerciali, che vi erano già negli anni Ottanta, piuttosto un cambiamento nel tipo di scarpe, di stile e di moda. C’è stato il momento in cui facevo trenta tacchi a spillo al giorno, poi sono andati via via a calare. È arrivata la punta dritta, la punta rotonda… e infine, subentrate le sneaker, hanno vinto loro. Non così la ‘seconda mano’. Non credo che i giovani siano più incentivati a tenere in vita le scarpe. Non in Ticino ad ogni modo dove il vintage non ha preso così piede…». E se detto da un calzolaio, dobbiamo crederci.