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Uffici postali, l’Alleanza dei comuni romandi mobilita il Ticino

Contattati i paesi sulla lista della Posta: ‘Scrivete ai vostri politici’. E a Castel San Pietro in 978 dicono no alla chiusura

La comunità di Castello vuole difendere il proprio servizio
(Ti-Press/Benedetto Galli)
11 marzo 2025
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Il numero degli sportelli destinati a chiudere cresce. E l’idea di dover rinunciare all’ufficio postale diventa sempre più indigesta tra le comunità locali. A tal punto che per mettersi di traverso alla strategia della Posta – in atto ormai da tempo – nella Svizzera francese si è deciso di fare quadrato. È nata così l’Alleanza dei comuni romandi, che ora conta 50 membri in 7 cantoni e che il mese scorso ha bussato anche ai portoni degli enti locali ticinesi finiti sulla lista dei servizi ‘potenzialmente interessati dalla trasformazione’ da qui al 2028. Nel nostro cantone al momento sono 20; e tra questi figurano pure Arzo, Castel San Pietro e Novazzano. E proprio a Castello, ieri, è stata consegnata nelle mani del responsabile del Settore filiali sud della Posta, Andrea Lepori, una petizione forte di 978 firme, determinata a chiedere al Gigante giallo di “rivedere i propri indirizzi”, ma soprattutto di non chiudere l’ufficio postale, punto di ferimento per una valle intera e per le realtà vicine. A portare la voce della popolazione e delle istituzioni la sindaca Alessia Ponti e il consigliere comunale Mauro Collovà.

A Castel San Pietro la politica è compatta

A Castel San Pietro le forze politiche sono compatte e senza distinzione o bandiere e sono convinte “sia un grosso sbaglio” smantellare lo sportello e convertirlo in una agenzia postale. Una soluzione, quest’ultima, si ribadisce a chiare lettere, che “non garantisce i servizi necessari per i cittadini e in particolare per persone anziane e imprese”. Dal canto suo, la Posta appare determinata a proseguire sulla strada tracciata, come ha fatto capire sempre ieri Lepori. Allo stesso tempo, però, pure le autorità di Castello sono ferme nel difendere l’ufficio postale. Insomma, lo spazio del dialogo sembra restringersi, mentre il rischio di un braccio di ferro è dietro l’angolo. Infatti, se da un lato c’è chi sta trattando per l’apertura di una agenzia, dall’altro, come ci conferma Marco Forte di syndicom, vi sono diversi comuni che davanti all’ufficializzazione della chiusura hanno presentato una opposizione.

Si guarda a Berna e si spera in una mozione

Vista dalla Romandia ora come ora non c’è che una strada: serrare i ranghi ed esercitare pressione sulla politica ad alti livelli, così da inviare anche un messaggio forte ai vertici della Posta e in particolare al futuro direttore generale, il successore di Roberto Cirillo. Per l’Alleanza dei comuni romandi, motivata da residenti “indignati e preoccupati” e al lavoro ormai da novembre, vi è in effetti solo un modo per “evitare questa brutale ristrutturazione”. Come si sottolinea nella missiva imbucata dalla municipalità di Saint-Cergue (Vaud) e indirizzata alle autorità comunali ticinesi interessate dalla riorganizzazione postale, occorre sostenere la mozione depositata il luglio scorso dai deputati Stefan Engler, Lorenzo Quadri e David Roth, nella quale si chiede di sospendere le chiusure così da chiarire e “definire il mandato di servizio universale e il settore di attività della Posta” attraverso una revisione di legge. L’atto parlamentare, accolto a larga maggioranza dal Consiglio nazionale, passerà al vaglio della Camera alta nel corso della sessione primaverile.

‘Contattate i vostri deputati’

Sta di fatto che agli occhi dell’Alleanza romanda questa mozione appare “fondamentale dal punto di vista dei comuni interessati, alcuni dei quali – si rimarca sempre nella lettera – si trovano in località importanti e molti in regioni di montagna”. D’altra parte, si precisa, non si tratta di impedire alla Posta di evolversi o di adattarsi al mercato. Se però il Gigante giallo intende “trasformare il suo modello di business, deve farlo con l’approvazione del parlamento”, chiamato a “stabilire principi chiari nella legge”. Ed è qui che è partita la campagna a tappeto per contattare i rispettivi consiglieri agli Stati. L’iniziativa, si fa sapere, “è stata un successo”, riuscendo a convincere quasi tutti a sostenere la mozione, e in modo “politicamente trasversale”.

Scaturisce da qui, dunque, l’esortazione rivolta ai colleghi ticinesi a scrivere ai propri rappresentanti a Berna e ad attivare i contatti politici cantonali così da rafforzare il messaggio. “Siamo convinti – annotano le autorità di Saint-Cergue – che, se il parlamento federale sosterrà i Comuni, la Posta modificherà i suoi piani e si adatterà al suo ambiente senza calpestare gli interessi comunali, in particolare delle regioni montane e periferiche”.

Anche a Novazzano si è pronti a farsi sentire

Ed è ciò che sperano anche a Castel San Pietro. D’altro canto, come ricordano i firmatari della petizione, “solo garantendo la presenza di un ufficio postale la Posta può rispettare pienamente il suo mandato di servizio pubblico a beneficio di tutta la popolazione”. Chiudere lo sportello, si ribadisce, significa privare il paese e la regione di un luogo di aggregazione. Senza trascurare il fatto che non rimarrebbe più nessun ufficio tra Mendrisio e il Serfontana a Morbio Inferiore dopo l’annuncio di voler rinunciare pure allo sportello di Novazzano, dove si è pronti, come a Castello, a salire sulle barricate. Già ai primi sentori nel 2017, del resto, si era lanciata una sottoscrizione alla quale avevano aderito in poco tempo 1’316 cittadini e cittadine. Il Mendrisiotto, insomma, si conferma battagliero.