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Chiasso e Mendrisio abbattono le barriere e diventano ‘città che includono’

I due centri accolgono la campagna della Fondazione Ares e si aprono alle persone autistiche. ‘Oggi ci sono più sensibilità e conoscenze’

Quattro fermate del bus sono diventate blu: a Mendrisio all’autosilo e alla casa anziani, a Chiasso a Pedrinate e in via Soldini
(Ti-Press/Elia Bianchi)
3 aprile 2025
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Ci sono voluti anni, anzi decenni, alla fine però la maggior parte delle barriere architettoniche sono cadute. Adesso restano ancora da superare le barriere mentali, che non si vedono ma ci sono, eccome. Chi, come Claudio Cattaneo, alla direzione della Fondazione Ares, da 28 anni vive ogni giorno a stretto contatto con la realtà delle persone autistiche, sogna un mondo senza differenze. La strada per arrivarci è lunga e difficile, ma dei passi in avanti sono stati fatti, soprattutto negli ultimi tempi. Basta poco, in fondo, per far sì che un territorio sia davvero più accogliente e inclusivo: tingere di blu (il colore simbolo) delle fermate dell’autobus, ritagliare degli spazi dedicati, soprattutto per i più piccoli. Tutti segni e segnali che in questo 2025 le città di Chiasso e Mendrisio hanno deciso di lanciare in modo chiaro. Sarà la regione del Mendrisiotto, infatti, a ospitare quest’anno la campagna ‘città che include’, che tocca il sud del Ticino dopo aver attraversato gli altri centri del cantone in concomitanza con la Giornata mondiale sulla consapevolezza dell’Autismo. Ares (Autismo Risorse e Sviluppo), del resto, ha trovato degli alleati nei due Comuni, al suo fianco Supsi e l’associazione dei familiari, Autismo Svizzera. Quando si spegneranno i riflettori sull’evento, non si affievolirà di certo l’attenzione. Lasciare dei segni, Mendrisio se lo è posto come obiettivo. «Dopo questa esperienza – ci spiega Tiziana Madella, direttrice Socialità e pari opportunità del Comune – resteranno dei luoghi dove le persone sapranno di poter andare e trovare anche personale formato e dei luoghi – come lo ‘spazio blu’ alla Casa delle Generazioni, ndr – dove i bambini potranno ritirarsi e avere degli spazi adatti. Per noi questo era molto importante: riuscire a essere più inclusivi». E a fare la differenza questa volta sarà pure l’impegno, che oltre alle istituzioni locali coinvolge pure la Società commercianti del Mendrisiotto. La missione? Sensibilizzare e formare personale dei servizi comunali, commercianti e ristoratori, coltivando così competenze specifiche. La società, d’altro canto, non può voltarsi dall’altra parte. Anche perché, ci rende attenti il direttor Cattaneo, in media in Ticino ogni anno tra i 20 e i 25 bambini ricevono una diagnosi di disturbo dello spettro autistico.

Direttor Cattaneo oggi si registra un’incidenza maggiore rispetto al passato?

Assolutamente. Neanche 30 anni fa i manuali diagnostici parlavano di 5 bambini con autismo ogni 10mila nascite. Poi si è conosciuta una evoluzione importante. E tra le cause principali vi è un maggiore riconoscimento delle caratteristiche del bambino: in passato tutta una fascia di persone con autismo non riceveva una diagnosi. Noi stessi lo vediamo nella quantità di segnalazioni che ci arrivano, sia bimbi che giovani che adulti; e non siamo gli unici a occuparci di autismo. E questo apre delle sfide per l’inclusione di tutta una fascia di persone che si stanno affacciando al mondo della formazione e del lavoro. Non passa giorno che non ci arrivi una indicazione in tal senso.

In questi anni si è faticato a far passare il messaggio. È cambiato qualcosa nella consapevolezza della popolazione, della società? Insomma, è giunto il momento per un cambio di passo?

È vero che il lavoro dell’informazione e della sensibilizzazione è lento e i risultati non si vedono immediatamente o non sono misurabili come nel caso di un intervento educativo. Di sicuro se ne parla di più e vi è stato un cambiamento rispetto alla visione, alle conoscenze e alla consapevolezza, a partire già dai professionisti. Negli ultimi 10-15 anni si è fatto davvero tanto. Si discute molto, infatti, di inclusione e ciò che significa, e non solo per la persona con autismo ma pure per altre condizioni legate al neurosviluppo. Del resto, una maggiore informazione porta maggiore conoscenza e consapevolezza. Posso dire che passi in avanti se ne sono compiuti molti: a cominciare dal riconoscimento precoce da parte dei professionisti. Le stesse famiglie, però, si accorgono molto presto che c’è qualcosa di particolare nello sviluppo del proprio figlio o della propria figlia. Quindi partendo da una identificazione precoce, a cascata ci sono sempre più categorie di persone e professionisti che vengono a contatto e sanno che hanno a che fare con una persona con una diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Quindi si possono attivare per cercare supporti, sinergie.

Le parole chiave della campagna 2025 sono, non a caso, informazione, formazione (a tutto campo) e accoglienza. Sono questi i vostri obiettivi?

Sì, è tutto legato al concetto della ‘città che include’, partito quattro anni fa da Bellinzona, poi arrivato a Locarno, Lugano e quest’anno nel Mendrisiotto. L’intento è quello di non parlare solo all’ambito dei professionisti, ma di allargare sempre di più alla società. Una persona con autismo, con la propria famiglia, vive la quotidianità come qualsiasi altra persona. In effetti, ci sono sempre più iniziative legate a luoghi di accoglienza che tengono conto del funzionamento particolare della persona con autismo. Pensiamo ai grandi magazzini, dove c’è maggiore sensibilità nel creare ambienti un po’ meno caotici, ma pure ai ristoranti o agli alberghi. Sia noi che l’associazione dei genitori in questi ultimi anni ci siamo spesi per questo concetto della ‘città che include’: una comunità è fatta per la maggior parte da non professionisti.

Nel presentare la Giornata mondiale (celebrata ieri, 2 aprile) e l’azione di quest’anno la Fondazione ha messo l’accento sul significato di accoglienza, perché, si motiva, aprirsi alle necessità delle persone autistiche “rappresenta pure una opportunità economica, che ha una ricaduta benefica sull’intera collettività”. Cosa intendete per “opportunità economica”?

La vedrei da due fronti. Innanzitutto, più riusciamo a inserire nella società, e a vari livelli, la persona con autismo e meno questa costa alla collettività. Se, ad esempio, riesco a includere un adulto in una attività lavorativa del primo settore, vuol dire che, intanto, produrrà e contribuirà a dare un valore aggiunto all’azienda che l’assume, poi costerà meno in termini di assistenza specializzata da un punto di vista educativo o lavorativo piuttosto che residenziale. Detto altrimenti, un po’ semplicisticamente, se io posso lavorare in una economia di mercato, al di là della gratificazione personale e della valorizzazione in quanto persona – e non perché porto una etichetta diagnostica –, farò risparmiare in termini di personale educativo di un laboratorio protetto oppure di un foyer abitativo specializzato.

Viene alla mente l’esperienza di PizzAut in Lombardia, nata nel 2016 da un’idea di Nico Acampora, papà di un bimbo autistico. E in Italia non è il solo esempio. In Ticino ci sono esperienze simili?

Da noi non esistono iniziative collettive come quelle di PizzAut, dove una realtà imprenditoriale assume persone con disturbo dello spettro autistico. Ne troviamo qualcuna nella Svizzera tedesca, soprattutto nel campo dell’informatica. Nel cantone ci sono degli inserimenti individuali in aziende del territorio in tutti i settori di attività: dalla gastronomia all’informatica, alla meccanica.

Una tale iniziativa potrebbe trovare spazio?

Sono sicuramente iniziative interessanti. Occupare solo persone con disturbo autistico potrebbe rappresentare un vantaggio per i professionisti che lavorano in questi ambiti, che diventerebbero ben presto abbastanza esperti. D’altro canto, significherebbe strutturare dei contesti lavorativi che funzionino per tutti, tenendo conto delle diverse tipologie di neurosviluppo presenti. Ciò che conta oggi è trovare aziende disponibili anche solo a valorizzare delle persone con uno sviluppo differente. Varie già lo fanno; e il Cantone mette in luce alcune di queste esperienze. Ci si può pensare. Tutto sta a capire se una azienda pensa solo a produrre e fare utili o se bisogna andare verso il concetto delle imprese sociali. In ogni caso la finalità ultima è dare la possibilità a tutta una serie di persone di sentirsi valorizzate in ambito lavorativo. Bisogna essere creativi.

Come direttore di Ares cosa si aspetta da questa campagna?

Pensando al percorso che sta per concludersi e ha toccato i cinque principali centri del cantone, la speranza è che si riesca davvero a inserire una marcia in più rispetto all’inclusione sociale a tutti gli effetti della persona, di tutte le persone che hanno dei bisogni educativi differenti. Un altro aspetto da considerare è quello della formazione specifica, continua, di base, dei futuri docenti e operatori dell’ambito socioeducativo. Si sta lavorando molto ma molto resta ancora da fare, sebbene fino a 4 o 5 anni fa ci fosse molto meno offerta formativa. Confido che ci si possa dedicare sempre di più a favore di chi in futuro si troverà confrontato con una persona con disturbo autistico.

Il programma

Tra spazi e arte

Partendo da Chiasso, nella cittadina di confine saranno due, in particolare, i momenti che prenderanno ispirazione dalla ‘città che include’: lo spettacolo, in scena domani, venerdì 4 aprile, alle 20, al Cinema Teatro, ovvero ‘Una storia di autismo Normale’ con I Terconauti, un trio composto dai fratelli Damiano (autistico) e Margherita Tercon con Philipp Carboni, e la mostra fotografica open air allestita in questi giorni lungo Corso San Gottardo, dal titolo ‘Tutti diversi, nessuno escluso’. I lavori, presenti anche in piazza del Ponte a Mendrisio, sono frutto di un concorso fotografico promosso da Fondazione Ares, Autismo Svitzzera, Supsi e i due Comuni. Sempre venerdì, prima della rappresentazione, saranno premiati i tre migliori, alla presenza della madrina della serata, Clarissa Tami, della consigliera di Stato Marina Carobbio e di Michele Mainardi per la Commissione consultiva Autismo del Consiglio di Stato. Spostandosi a Mendrisio, sabato 5 aprile nella sala conferenze della Supsi sarà organizzata una giornata di studio. Il 9 aprile, invece, dalle 16, LaFilanda ospiterà un momento per bimbi fra i 3 e i 6 anni. Mentre fino al 30 aprile, sempre a LaFilanda, è stato allestito uno ‘Spazio Blu’, dove sostare liberamente e consultare le proposte di lettura sul tema dell’autismo. Infine, il 30 aprile alle 18 a LaFilanda si proietterà il film di Greta Scarano ‘La Vita da Grandi’. Saranno presenti la regista e i due protagonisti, Matilda De Angelis e Yuri Tuci. Organizzano il dicastero Socialità e Pari opportunità e la Fondazione Ares, in collaborazione con Groenlandia e Rai Cinema. Per l’occasione Chiasso colorerà di blu piazza Bernasconi, Mendrisio la torre del Centro di pronto intervento.