La Città di Mendrisio ha sondato ragazzi e ragazze per capire il loro rapporto con la divisa. Messe sul tavolo una serie di proposte
La gran parte di quei ragazzi e di quelle ragazze che vivono il territorio di Mendrisio non si infilerebbe in una divisa. In fondo, però, chi fra loro ha avuto a che fare con un agente di polizia non ne ha ricavato una esperienza negativa, anzi. In tanti, infatti, si sentono più sicuri se è presente un poliziotto. Certo questi giovani vorrebbero essere più ascoltati dagli adulti e hanno anche qualche idea su come l'istituzione potrebbe abbattere il muro di diffidenza, laddove esiste. Come? Per cominciare mostrandosi meno autoritari e repressivi. Sondati umori e sentimenti, l'autorità cittadina sa bene che i 72 bambini, adolescenti o giovani adulti che hanno risposto al questionario non sono rappresentativi del mondo giovanile locale. L'indagine conoscitiva messa in campo tra il febbraio e l'aprile scorsi fra i cittadini tra i 10 e i 25 anni - questo il ‘target’ -, non ha velleità statistiche; restituisce però uno spaccato significativo di ciò che questi ragazzi e queste ragazze pensano della polizia e di quello che si aspettano. Lo strumento del sondaggio a detta dei municipali Samuel Maffi e Daniele Cavarzasio, che pure in questo caso hanno lavorato fianco a fianco, si è rivelato, di fatto, uno strumento utile oltre che interessante per avvicinarsi a quella fascia di cittadinanza. E un punto da cui ripartire.
Sin qui, in effetti, le diverse campagne di sensibilizzazione non erano riuscite a intercettare appieno la fascia giovanile, ovvero una componente importante della comunità locale. «Ci siamo accorti che mancava all'appello – annota Samuel Maffi, a capo del Dicastero sicurezza e prossimità –, quindi ci siamo interrogati sui motivi e su come fare per raggiungerla e conoscere i suoi bisogni». Scaturisce così la decisione di lanciare un sondaggio: ‘La polizia che vorresti... Il tuo parere è importante!’. Nel solco della prossimità che motiva l'operato dei servizi comunali, si è sentita l'esigenza, fa capire Daniele Caverzasio, responsabile del Dicastero socialità e pari opportunità, «di continuare a costruire il dialogo, superando la difficoltà di comunicare avvertita a volte e cercando di conquistare la fiducia dei nostri interlocutori». E allora quale modo migliore se non interpellare - in modo volontario e anonimo - direttamente ragazzi e ragazze attraverso volantini e il coinvolgimento del Centro giovani e delle scuole.
L'obiettivo finale dichiarato, spiega lo stesso comandante della Polizia della Città di Mendrisio, Patrick Roth, «era promuovere delle modalità di azione specifiche per la popolazione giovanile, o come si usa dire ‘youth friendly’, così da rafforzare la vicinanza, il dialogo, la collaborazione e la fiducia reciproci. In effetti, confidiamo di trarne dei vantaggi sul piano della percezione della sicurezza da parte dei giovani, della promozione di campagne mirate, ad esempio su temi come il bullismo e la cybercriminalità, e del miglioramento delle problematiche legate alla microcriminalità o al disordine pubblico».
I risultati dell'operazione hanno consegnato, come detto, solo una tendenza. Eppure ci si è resi conto, come rimarca ancora il comandante, che «ragazzi e ragazze hanno fiducia nella polizia: dobbiamo alimentarla con relazioni autentiche, costanti e coerenti. È qui che si gioca la partita». Infatti, oggi si può dire che «i giovani non rifiutano l'istituzione, ma sono sensibili al modo in cui questa si presenta. Serve un cambiamento culturale». Del resto, le indicazioni emerse dal sondaggio, rende attenti Luca De Stefano, dell'Ufficio famiglie e giovani della Città, «le riscontriamo anche noi, come operatori, nel nostro quotidiano».
Ecco che sentirsi dire che nel 38% dei casi questi giovani non vedono presi sul serio i loro sentimenti dal mondo degli adulti rappresenta una spia che, conferma De Stefano, «emerge nelle loro storie di vita nei rapporti con i genitori e la scuola». Quando poi li si interpella sulle circostanze in cui si sono ritrovati a tu per tu con la polizia, fanno riferimento per lo più a controlli ma pure a loro richieste di aiuto. Seguono (in misura minore) le situazioni sfociate in risse o liti. Va detto che per la maggior parte l'‘incontro’ con gli agenti è stato una esperienza ‘positiva’ (per oltre il 35%). E chi ne ha ricavato una sensazione negativa (il 29%)? A spiegarne i motivi sono stati solo in 9, adducendo la ‘poca coerenza’ (i 10-13enni), un ‘atteggiamento non cordiale’ o un ‘senso di inferiorità’ (i 17-19enni), una situazione ‘pregiudizievole’ (tra i 17-19enni) o l'essersi sentiti ‘maltrattati’ (tra i 20-25enni).
A quel punto è risultato strategico capire dai diretti interessati cosa può fare la polizia per farsi conoscere meglio. Al primo posto, spiega il comandante Roth, vi è la necessità, soprattutto tra i più giovani, di essere maggiormente presenti nelle scuole a spiegare il ruolo degli agenti e favorire il dialogo. «Apprezzerebbero anche la possibilità di assistere a delle simulazioni di intervento». Al secondo posto si mette la necessità di avere una "comunicazione empatica e meno giudicante", prediligendo "toni più morbidi, umani, accessibili, meno autoritari e distaccati". Inoltre, potrebbe aiutare organizzare attività ed eventi, anche informali - dalle porte aperte alla partita di calcetto -, che coinvolgano ragazzi e ragazze. Quello che si delinea, tira le conclusioni Roth, «è un quadro tutt'altro che ‘drammatico’. I giovani non vogliono meno polizia. Vogliono una polizia più ‘umana’ ed empatica. Il problema non è ciò che facciamo, ma come lo facciamo».
Raccolti i pareri dei giovani, adesso si ragionerà sulle misure da adottare. A fare da bussola per il futuro vi è, innanzitutto, l'esigenza di «rafforzare la prossimità», conferma il comandante, facendo leva su «figure di riferimento nelle scuole e al Centro giovani». Ci si focalizzerà poi sulla possibilità di condividere delle esperienze, proprio per rinsaldare la fiducia, di curare la comunicazione attraverso delle formazioni interne, grazie alla collaborazione con gli operatori di prossimità, e di continuare a sondare i giovani. «Da parte mia – commenta Maffi – sono pienamente soddisfatto del lavoro svolto. Vedo la nostra polizia capace di stare al passo coi tempi e affrontare le sfide, facendo esercizio di introspezione. E non è scontato». D'altro canto, osserva Caverzasio, «questo sondaggio ha dato lo spunto per mettersi in discussione e maggiormente in ascolto. Se vogliamo una società sicura, bisogna migliorare il dialogo».