Un 60enne accusato di ripetuto inganno aggravato nei confronti delle autorità è stato giudicato e prosciolto alle Assise correzionali
Non ha effettuato un «business dei permessi falsi» il 60enne italiano giudicato – in contumacia, dopo un primo rinvio lo scorso aprile – davanti alla Corte delle Assise correzionali per ripetuto inganno aggravato nei confronti delle autorità. Nonostante «dubbi di coinvolgimento» dell’uomo, la Corte presieduta dal giudice Amos Pagnamenta «non ha raggiunto una certezza» e, in virtù del principio in dubio pro reo, lo ha prosciolto.
I fatti descritti nell’atto d’accusa del procuratore pubblico Daniele Galliano si sono svolti tra giugno 2019 e il gennaio dell’anno successivo a Mendrisio, Sarnen e in altre imprecisate località. In correità con il membro del Consiglio di amministrazione di una società (che ha chiamato in causa il 60enne, che ha sempre negato il suo coinvolgimento) e con il proprietario di uno stabile del Canton Zurigo, in sei occasioni l’imputato avrebbe “ingannato sistematicamente l’ufficio della migrazione del Canton Zurigo per far ottenere a cittadini italiani, contro il pagamento di 500 franchi a persona, il permesso di dimora B per risiedere in Svizzera”. Le sei persone sono state fittiziamente assunte con varie funzioni, e con stipendi variabili nella società. «L’imputato ha fornito dichiarazioni confuse e il suo coinvolgimento è chiaro – sono state le parole di Galliano, che ha proposto una pena di 9 mesi da espiare –. Ha agito con lo scopo di ottenere un indebito profitto. Sono stati sei episodi di inganno a scopo di lucro che non vanno banalizzati perché le autorità devono potersi fidare dei documenti che ricevono».
Per l’avvocato Costantino Castelli, che si è battuto per il proscioglimento, «non c’è mezza prova oggettiva del coinvolgimento del 60enne». La difesa ha spiegato che già nel 2019 le autorità zurighesi hanno effettuato degli accertamenti su contratti di lavoro fittizi, «ma il nome del mio cliente non figura mai» e anche una delle persone che «avrebbe ottenuto il permesso ha dichiarato di non conoscerlo». Per la difesa le affermazioni del membro del Cda della società «sono totalmente inattendibili e contraddittorie». Il legale avrebbe inoltre voluto chiedere alle sei persone a chi si sono rivolte per ottenere un permesso B in Svizzera «ma l’accusa ha negato questa possibilità alla difesa, commettendo una chiara violazione del diritto di essere sentito».
Confrontata con un processo «parzialmente indiziario», la Corte ha esaminato la credibilità delle versioni. Quella dell’imputato è «ampiamente compromessa perché già condannato (a 5 anni e mezzo) per fatti che includono anche false dichiarazioni alle autorità». La chiamata in correità «è stata lineare ma non del tutto disinteressata». Per la Corte, ha concluso Pagnamenta, è «pacifico che i due erano in affari, in buona parte illegali, ma restano dubbi sul coinvolgimento del 60enne».