‘Significherebbe snaturare il partenariato sociale’. Contratti collettivi e salari minimi, l’Associazione industrie ticinesi scrive alle aziende affiliate
Sull’imminente discussione generale in Gran Consiglio in merito alla legge cantonale sul salario minimo, alla luce del caso delle tre ditte del Mendrisiotto, si esprime l’Associazione industrie ticinesi in un’articolata comunicazione alle aziende associate. “Alcune forze politiche“ scrive l’Aiti, hanno ventilato il lancio di “un’iniziativa popolare per modificare la Costituzione cantonale e assoggettare anche i contratti collettivi di lavoro (Ccl, ndr) alla legge sul salario minimo” oppure la proposta di “una modifica delle forchette salariali” previste dalla legge e questo “a poco più di due mesi dalla sua applicazione!”, considerato che la normativa sul salario minimo entrerà in vigore a dicembre. “Nella misura in cui siamo tutti concordi che le difficoltà di applicazione del salario minimo sono e devono restare una situazione limitata ad alcuni casi, queste proposte a nostro giudizio non si giustificano – afferma l’associazione –. In Svizzera il partenariato sociale ha un valore chiaramente riconosciuto. Sono i partner sociali e non lo Stato a conoscere meglio di tutti gli altri le necessità delle imprese e dei lavoratori e dunque bisogna lasciare a loro lo spazio di manovra per definire insieme le condizioni di lavoro”. Secondo l’Aiti “assoggettare anche i Ccl alle leggi dello Stato significherebbe facilmente snaturare il partenariato sociale e mettere in discussione la continuità dei contratti collettivi di lavoro. D’altra parte, occorre ricordare che la Costituzione federale vieta espressamente la definizione di salari minimi di tipo economico, che sono dunque delegati di fatto alla discussione fra le parti sociali o fra l’azienda e il collaboratore”.
Queste e altre le considerazioni contenute nella comunicazione di queste ore dell’Associazione industrie ticinesi alle imprese affiliate sul tema “Contratti collettivi di lavoro e salari minimi”. Una comunicazione che di seguito riportiamo integralmente.
“Pur se non coinvolta nella definizione di un contratto collettivo fra tre aziende a lei associate e un’organizzazione del lavoro denominata TiSin, Aiti – Associazione industrie ticinesi esprime il proprio punto di vista, non senza osservare che sulla questione sono state diffuse diverse inesattezze e sono state pure annunciate proposte di modifica della legge sul salario minimo cantonale, formalmente non ancora applicata, che non hanno alcuna giustificazione. Aiti sottolinea inoltre che la grande parte delle aziende associate non è confrontata al tema del salario minimo perché ha salari superiori.
Aiti sottolinea in particolare che:
Va ricordato che la legge sul salario minimo cantonale prevede il primato dei Ccl, proprio a tutela dei posti di lavoro e della discussione fra le parti sociali. Il momento storico non può non essere considerato. La pandemia è arrivata in contemporanea con la decisione della soglia minima e quindi ha di fatto impedito qualsiasi adattamento a quelle realtà che ne avrebbero avuto bisogno. Non va dimenticato che in queste aziende maggiormente in difficoltà ci sono diverse persone e un cambio repentino, metterebbe in difficoltà molte famiglie (incluse quelle dei molti lavoratori che erano comunque già oggi sopra la soglia).
I contratti collettivi di lavoro, ma in genere ogni forma di contratto di lavoro, devono creare fiducia fra le parti e sono costruiti per durare nel tempo, regolando non solo il salario ma diversi altri aspetti del mondo del lavoro, ugualmente importanti. Chi vuole fare capo a dei contratti collettivi di lavoro deve ispirarsi a questi principi. Ciò vale beninteso per ogni forma di contratto di lavoro.
Il Gran Consiglio prevede a breve termine di discutere nuovamente il tema del salario minimo. Alcune forze politiche hanno paventato di lanciare un’iniziativa popolare per modificare la Costituzione cantonale e assoggettare anche i Ccl alla legge sul salario minimo; oppure di proporre una modifica delle forchette salariali della legge sul salario minimo cantonale già in vigore, a poco più di due mesi dalla sua applicazione!
Nella misura in cui siamo tutti concordi che le difficoltà di applicazione del salario minimo sono e devono restare una situazione limitata ad alcuni casi, queste proposte a nostro giudizio non si giustificano. In Svizzera il partenariato sociale ha un valore chiaramente riconosciuto. Sono i partner sociali e non lo Stato a conoscere meglio di tutti gli altri le necessità delle imprese e dei lavoratori e dunque bisogna lasciare a loro lo spazio di manovra per definire insieme le condizioni di lavoro. Assoggettare anche i Ccl alle leggi dello Stato significherebbe facilmente snaturare il partenariato sociale e mettere in discussione la continuità dei contratti collettivi di lavoro.
D’altra parte, occorre ricordare che la Costituzione federale vieta espressamente la definizione di salari minimi di tipo economico, che sono dunque delegati di fatto alla discussione fra le parti sociali o fra l’azienda e il collaboratore.
Aiti ritiene sia interesse di tutti aiutare le aziende in maggiore difficoltà e difendere così i posti di lavoro; promuovere il settore industriale e le sue eccellenze nelle diverse forme; applicare la legge sul salario minimo cantonale e monitorarne gli effetti per intervenire laddove necessario; ribadire, dati alla mano, che il mercato del lavoro ticinese non è affatto il far west che viene regolarmente e a torto dipinto; sostenere l’innovazione e la formazione aiutando sia le nuove aziende sia le aziende esistenti sul territorio ad accrescere la propria competitività allo scopo di offrire condizioni di lavoro dignitose e moderne; diffondere una cultura d’impresa orientata allo sviluppo armonioso delle attività economiche”.