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‘Per il Ticino lo status quo non è più sufficiente’

Sindacati mantello e Cantoni: ‘I nuovi accordi con l’Ue impongono misure di protezione per i salari svizzeri’. Entusiasmi tiepidi a Sud delle Alpi

Entro fine marzo le misure concrete d’intervento
(Ti-Press)
19 febbraio 2025
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Sindacati e Cantoni sono d’accordo: in vista dei nuovi accordi con l’Unione europea servono misure per tutelare l’attuale livello di protezione dei salari in Svizzera. Misure di politica interna – contenute in una dichiarazione congiunta sottoscritta da partner sociali e Cantoni dopo oltre sessanta incontri coordinati dalla Segreteria di Stato dell’economia (Seco) – che sono state suddivise in tre categorie, come indica il Consiglio federale in una nota pubblicata oggi. La prima: compensazioni alle concessioni fatte direttamente all’Unione europea, come la riduzione del termine di notifica per i lavoratori distaccati (un tema che tocca particolarmente le regioni di frontiera e il Ticino in primis.) La seconda: interventi per contrastare il timore che il divieto di offrire servizi in Svizzera come possibile sanzione sia messa in discussione. La terza: agire internamente a livello svizzero per quanto riguarda la regolamentazione sulle spese professionali, visto che non è stato possibile ottenere un’eccezione nelle trattative con l’Ue e, allo stato attuale, una ditta straniera potrebbe in futuro lavorare in Svizzera e riconoscere i rimborsi previsti dalla legge del suo paese. «Si tratta di una svolta positiva», ha dichiarato, come riporta l’Ats, il capo del Dipartimento federale dell’economia Guy Parmelin in conferenza stampa a Berna.

Gargantini (Unia): ‘Servono dei miglioramenti’

Decisamente più tiepida la risposta dei sindacati ticinesi. «Questa dichiarazione fissa un punto importante: viene riconosciuto il fatto che gli accordi messi sul tavolo peggiorano la protezione dei lavoratori e dei loro salari», commenta interpellato dalla ‘Regione’ il segretario regionale di Unia Giangiorgio Gargantini. «È un tema molto importante per il Ticino, dove c’è una differenza di approccio, anche sindacale, fondamentale rispetto al resto della Svizzera». Ovvero: «Nel resto del paese si punta, anche legittimamente, a mantenere l’attuale protezione dei salari. Nel nostro cantone questo non è sufficiente. Le misure di accompagnamento in vigore non hanno infatti permesso di tutelare i salari e il mercato del lavoro». Per Gargantini è quindi importante «che non si ottenga solo lo ‘status quo’, ma dei miglioramenti. Non sembra però esserci la disponibilità da parte padronale ad andare in questa direzione. Anzi, veniamo tacciati di essere dei ricattatori». Davanti ai media Parmelin ha anche accennato alla possibilità di modificare il quorum per rendere d’obbligatorietà generale un contratto collettivo. «È una misura prioritaria, sulla quale non molleremo. I livelli attuali sono raggiunti con sempre più difficoltà, e questo è un problema che mette a rischio i contratti collettivi stessi. Per le aziende sarebbe sempre più facile sottrarsi alla contrattazione».

Daniel (Ocst): ‘Siamo il cantone che ha subìto di più i Bilaterali’

«È quantomeno rassicurante sapere che si voglia lavorare internamente per tutelare il nostro mercato del lavoro», sostiene il segretario cantonale dell’Ocst Xavier Daniel. «Tra le novità più critiche di nuovi accordi con l’Ue, soprattutto per il Ticino, c’è quella della riduzione da otto a quattro giorni del preavviso necessario per notificare i lavoratori distaccati. Renderebbe di fatto impossibile svolgere dei reali controlli». Prosegue Daniel: «Si può lavorare su un potenziamento degli strumenti a disposizione dell’ispettorato del lavoro, questo è chiaro, ma poi c’è un limite tecnico temporale che resta un grande ostacolo. Resta difficile – segnala il segretario cantonale di Ocst – portare a Berna le problematiche del Ticino, che degli accordi bilaterali è sicuramente il cantone che ha sofferto di più». A non lasciare tranquillo Daniel è la rassicurazione per quanto riguarda il delicato tema del rimborso spese: «Ci è stato detto che si agirà a livello nazionale per far applicare le norme previste nel paese di lavoro, ovvero la Svizzera. La legislazione europea però dice tutt’altro. Come la mettiamo?».

Bagnovini (Ssic): ‘Evitare disparità di trattamento e concorrenza sleale’

Dai sindacati alle associazioni imprenditoriali, «Le misure di accompagnamento sono per noi fondamentali per poter salvaguardare anche la concorrenza leale tra imprese svizzere e quelle straniere che vengono a lavorare nel nostro paese – sottolinea a mo’ di premessa il direttore della sezione ticinese della Società svizzera degli impresari costruttori Nicola Bagnovini –. A cominciare da quella che impone alle ditte che giungono dall’estero il rispetto dei nostri contratti collettivi di lavoro di obbligatorietà generale sul piano nazionale. Valuto poi molto positivamente la proposta di garantire il rimborso spese secondo il diritto svizzero e non più, come inizialmente preannunciato, secondo quello del paese di provenienza dell’impresa dove spesso l’entità del rimborso è inferiore o nettamente inferiore a quella qui riconosciuta. Questa misura eviterebbe disparità di trattamento e rimuoverebbe un elemento di concorrenza sleale. Sulla riduzione da otto a quattro giorni del periodo di notifica – aggiunge il direttore della Ssic-Ti – non farei una guerra, a noi può andare anche bene: già oggi grazie a un sistema informatizzato il Cantone trasmette le notifiche in tempo reale all’Associazione interprofessionale di controllo, che svolge poi le necessarie verifiche su padroncini e lavoratori distaccati».

Albertoni (Cc): ‘Non irrigidire eccessivamente il mercato del lavoro’

Osserva Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino: «Guardando al pacchetto nel suo complesso, mi sembra che si sia imboccata la strada giusta, anche se soprattutto su un paio di misure, quelle concernenti l’obbligatorietà generale dei contratti collettivi, attendo indicazioni più precise dalla Seco. Per quel che ci riguarda, vorrremmo evitare un eccessivo irrigidimento del mercato del lavoro. I sindacati puntano molto sull’obbligatorietà generale. Così, legittimamente, anche alcuni settori economici, come l’edilizia principale e quella accessoria, che hanno esigenze specifiche. Noi siamo più prudenti e chiediamo che non vi siano automatismi che finiscono, come detto, per irrigidire il mercato del lavoro e che non sempre hanno a che vedere con i Bilaterali».

Il Consiglio federale ha incaricato la Seco di elaborare in dettaglio tutte le misure con Cantoni e parti sociali entro la fine di marzo. “Le misure nel loro complesso salvaguardano l’attuale livello di protezione salariale – scrive il Consiglio federale –. Sono mirate per i settori in cui è necessario intervenire in tal senso e sono concepite principalmente per le imprese dell’Ue che distaccano lavoratori in Svizzera. Nella misura in cui tocchino anche le imprese elvetiche, si basano su ciò che già esiste e non creano nuovi oneri per queste ultime, né tantomeno intaccano la flessibilità del mercato del lavoro”.