laR+ Ticino

‘Autocritica? Sì, ma sempre profilandoci. E no al Terzo polo’

Il presidente del Plr Speziali, alla vigilia del congresso, risponde su cosa non abbia funzionato, su cosa sì, sulla crisi del liberalismo e sul futuro

Domenica a Biasca succederà a se stesso, in un mondo diverso rispetto al 2020
(Ti-Press)
14 marzo 2025
|

Nel congresso che l’ha eletta nel 2020, la vostra base al primo turno si è spaccata quasi esattamente in tre terzi tra lei, Natalia Ferrara ed Emilio Martinenghi. Per poi preferirla alla presidenza di un’incollatura sullo stesso Martinenghi al rush finale. È qualcosa con cui, guardandosi indietro, ha iniziato a fare i conti con un po’ di ritardo?

Solo in parte. Quando ci sono delle primarie, la scelta finale della base è il frutto di una combinazione complessa di fattori: temi, approccio, personalità. Sostenere un candidato non significa quasi mai rigettare gli altri; e come ben ricorda, Martinenghi entrò nella squadra per 4 anni con il suo peso specifico. Per di più, il Plr è un partito proverbialmente eterogeneo: non sempre è possibile trovare posizioni che siano al contempo nette e ampiamente condivise. Trovare l’equilibrio tra sintesi, chiarezza e profilo è un’alchimia complicata. Faccio dunque i conti con un certo tipo di profilamento e la necessità di una maggiore concretezza su aspetti molto sentiti dai cittadini.

Al congresso che si celebrerà domenica a Biasca non avrà contendenti. Ma annusando l’aria, qua e là, qualche critica e qualche malumore si avvertono. Nei corridoi un malcontento interno si registra. Cosa non ha funzionato in questi anni? C’è qualcosa su cui fare autocritica?

Sì, c’è. So bene che la scelta di un certo profilo chiaro, come quello che abbiamo tenuto in questo quadriennio, non è condiviso da tutti all’interno del Plr, ma d’altra parte, penso di essere rimasto fedele e coerente alla proposta di partito che feci quattro anni fa. Anche i nostri avversari riconoscono che il Plr non è ondivago ed è posizionato con onestà nel sistema, ormai bipolare, della politica e dei media. Quattro anni di esperienza sono serviti, e ora abbiamo ad esempio un incontro informativo regolare, per confrontarci meglio e di più con l’intera struttura, molto capillare. Sta già dando i suoi frutti, e io rimango in ascolto.

Arrivati a ’sto punto qualcuno dice che val la pena pensare di organizzarsi in un Terzo polo di centro. È tattica o ne è veramente così allergico?

Non ho mai creduto nel Terzo polo, e se guardo a cosa sta succedendo in Ticino e in Svizzera ne ho conferma: la logica del gioco è ormai nettamente bipolare. In questo contesto, il Plr può essere protagonista solo rimanendo il punto di riferimento per tutte le persone che condividono la visione liberale della società – responsabilità, iniziativa personale, crescita – e vogliono vederla associata alla tensione verso coesione e solidarietà: è questo che ci rende liberali e radicali.

Quindi che direzione vuole prendere? Perché quelle critiche restano.

Le critiche a un presidente di partito sono comprensibili e sempre benvenute: molto peggio sarebbe l’indifferenza. Al di là delle riserve sul nuovo profilamento, condivido i malumori di chi vorrebbe un Plr più protagonista dell’agenda e del dibattito: dobbiamo continuare a lavorare, di più e meglio. Sarà decisivo che ci mostriamo più presenti, anche alle urne, e che formuliamo proposte concrete sulle principali preoccupazioni della popolazione, a cominciare dai premi della cassa malati. Per questo ho detto di recente che dobbiamo essere un po’ meno Staatspartei e abbracciare una mentalità più agile, veloce e propositiva. Non possiamo più limitarci a fare i gestori dello Stato: dobbiamo proporre per i cittadini, come abbiamo anche dimostrato di saper fare.

Negli ultimi due preventivi il suo partito non ha quasi toccato palla in Gran Consiglio nonostante sia il partito di maggioranza relativa. Come se lo spiega?

Smarcarsi sui preventivi non è nella natura di un partito come il nostro: e poi, smarcarsi da cosa?

Dal vostro consigliere di Stato Christian Vitta, ad esempio.

La nostra missione storica, da sempre, è di dare prospettive chiare a questo Cantone. Del resto, parlando con le persone del Paese reale, quello che importa sono finanze sotto controllo, progetti e investimenti. Molto meglio, quindi, concentrarsi sul tenere il possesso palla su temi concreti, come la scuola. E a questo proposito e rispetto a quanto dice, se confronto questo presente al passato, mi fa piacere osservare che da qualche tempo ci siamo resi più autonomi, sulle proposte del governo: penso al rifiuto della tassa di collegamento o al tema della progressione a freddo.

Detto del parlamento, il Paese però parrebbe darvi ragione. Penso alle votazioni sull’apertura dei negozi, o sulla riforma fiscale. Lei parla sempre di Plr come ‘partito dei temi’, come vuole sviluppare concretamente questa tendenza?

Dobbiamo continuare a fabbricare idee e a tradurle in proposte concrete, come è successo spesso in questi anni. L’elenco è lungo: gli orari di apertura sui negozi, la riforma fiscale, il nuovo modello per la scuola media e il superamento dei livelli, le modifiche di legge per l’economia e l’energia. Ultimo in ordine di tempo è il controprogetto sul tema dei premi della cassa malati. Il presidente del Plr nazionale Thierry Burkart dice che siamo dalla parte del cittadino che punta la sveglia presto la mattina e che meriterebbe di avere in tasca qualche franco di più, quando rientra a casa la sera. Mi sembra un’ottima sintesi.

E per quel che verrà? L’agenda è fitta.

Vero, passiamo la rassegna. Il cantiere sulla scuola continuerà, rispettando la visione integrativa ma rendendo il sistema più abile nelle nuove generazioni di ticinesi a dare il meglio di sé. Sul tema della sanità, la prossima pianificazione ospedaliera dovrà essere molto più coraggiosa: più concentrazione, meno costi, più qualità grazie a un vero concetto di ospedale cantonale. E ci sono altre misure, come la lotta alla proliferazione di servizi pubblici e ai doppioni. Il tema dello sviluppo economico è centrale e va pensato su 5 settori chiave, rafforzando il sostegno a turismo, politica regionale, innovazione anche a sostegno di sempre più Pmi, industria e ricerca. Un’iniezione di risorse e un piano di sburocratizzazione, un piano serio, possono stimolare uno sviluppo che sia d’aiuto anche per le finanze del Cantone, che vogliamo sane. Crescere, anche per ridistribuire.

Il liberalismo sembra in coma. Basti pensare alla crisi in cui versano tutti i partiti liberali in Europa: in Germania sono addirittura usciti dal parlamento. Come può e deve cambiare il Plr per rimanere a galla davanti alla fiera degli estremismi soprattutto senza, parrebbe, un’intesa al centro? In altre parole: c’è ancora spazio per un Plr protagonista in Ticino?

I partiti liberali in Svizzera sono ancora un unicum, ma ci sono forti segnali di allarme: è una tendenza in parte paradossale, se pensiamo alla popolarità crescente di ultras della libertà come il presidente argentino Javier Milei. Per tradurre questa sete di libertà in consenso politico, a noi serve un cambio culturale: i fatti, le statistiche e la pura razionalità non sono più sufficienti a conquistare i cuori. Dovremo quindi accettare i nuovi stili del fare politica, senza per questo tradire i nostri valori, che sono alla base del Paese federalista in cui viviamo. Un Paese che crede ancora nei Comuni e nella società civile, dove la libertà e la responsabilità sono da sempre stati il motore del progresso, con uno Stato che fissa le regole e i servizi principali. Laddove questi principi vengono meno, uomini forti si impadroniscono delle istituzioni con promesse che oggi assecondano la voglia di disimpegno che purtroppo serpeggia un po’ ovunque. Contro queste dinamiche, la ricetta svizzera è la stessa di sempre: continuare a chiedersi, ogni mattino, cosa possiamo fare noi per noi stessi, per gli altri, per le istituzioni. Evitare di cedere alla demagogia è una sfida durissima. L’unica via è essere credibili, interclassisti e presenti nella vita di ogni persona, battendoci per dare certezze in un mondo in subbuglio: una formazione utile anche a trovare poi uno spazio nella società. Un mondo del lavoro che permette un salario rassicurante, e questo arrestando l’aumento dei costi: cassa malati, energia, ristrutturazioni. Un sistema pensionistico capace di durare nel tempo e riconoscere le fatiche di una vita.