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Crescono disdette-vendita, pigioni, Airbnb, ‘in un contesto che rischia di diventare esplosivo’

L’analisi dell’economista Spartaco Greppi: ‘A causa dell’intersecarsi di alcuni fattori potrebbero esserci ripercussioni a valanga’

Il quartiere Vergiò di Breganzona al centro di un’operazione immobiliare che sta facendo discutere
(Ti-Press)
31 marzo 2025
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È un ultimatum che di recente sembra tornato in auge quello del “Vuoi restare nell’appartamento di cui sei inquilino? O lo comperi, o te ne vai”. Stando alla cronaca degli ultimi mesi, un numero significativo di locatari se lo sta sentendo rivolgere dai proprietari degli immobili in cui abitano. «Stiamo in parte assistendo al ritorno alle disdette-vendita. Questo rappresenta un problema in particolare per gli inquilini con minori risorse economiche. Ma la questione è più complessa di così se si analizza il contesto in cui il fenomeno sta avvenendo, quello di un mercato immobiliare che a causa della convergenza di una serie di fattori rischia di diventare esplosivo e di mettere in difficoltà un numero ben maggiore di persone». Commenta così Spartaco Greppi – economista, professore Supsi e responsabile del relativo Centro competenze lavoro, welfare e società – il caso di via Vergiò a Breganzona e affini che a suo giudizio sarebbero dei tasselli di un mosaico ben più articolato.

Nel quartiere luganese di Vergiò, come riferito in novembre da questo quotidiano, gli inquilini di undici palazzine hanno ricevuto una missiva che li informava del passaggio di proprietà degli immobili ceduti dalla Helvetia Assicurazioni alla Monopoly District Sa la quale aveva espresso l’intenzione di trasformarne quattro in Proprietà per piani da vendere. Nel frattempo avrebbe però aperto alla possibilità di cedere uno di essi a una cooperativa d’abitazione che potrebbe garantire continuità a chi vive negli appartamenti. L’operazione di Vergiò sarebbe tutt’altro che un caso isolato: dopo il nostro servizio, “La Domenica” ha riportato che secondo un’osservazione della società Leading Investors nell’ultimo anno e mezzo sarebbero oltre 700 le abitazioni cedute dai grossi fondi immobiliari nella fascia semi-periferica di Lugano e rilevati da nuovi proprietari a prezzi molto concorrenziali. Ma casi di disdette-vendita si riscontrano pure a Bellinzona, ad esempio in Via Arcioni.

Tassi, speculazione, investitori istituzionali

«È tutto da verificare attraverso una raccolta dati più ampia e osservando l’evoluzione della situazione, ma oserei dire che siamo in una fase in cui, schematizzando, gioca un ruolo di primo piano l’interazione fra tre fattori chiave: i tassi d’interesse in continua discesa – qualche giorno fa c’è stato il quinto taglio della Bns da marzo dello scorso anno del tasso di riferimento, che ora è allo 0,25% –, le dinamiche speculative e le strategie degli investitori istituzionali», articola Greppi. Con investitori istituzionali, precisa l’economista, si intendono operatori economici che gestiscono grandi patrimoni, come fondi comuni d’investimento, assicurazioni e istituti previdenziali. Questi ultimi, le casse pensione, «sono un elemento fondamentale nel nostro Paese quando parliamo di mercato immobiliare. Stando ai dati dell’Ufficio federale di statistica, un quinto del bilancio degli istituti previdenziali è rappresentato dalla voce “beni immobili”. Questa quota è tendenzialmente rimasta stabile negli ultimi anni, ciò che in termini di valore assoluto significa una crescita», indica Greppi.

Cessione di abitazioni meno redditizie

Come rilevato da più osservatori negli ultimi mesi – in particolare da Elio Venturelli qualche mese fa su queste colonne e recentemente da Emilio Martinenghi su quelle del CdT – sembra essere in corso da parte degli investitori istituzionali d’Oltralpe una cessione di pacchetti immobiliari vetusti o con standard che non corrispondono più a quelli attuali. Concorda Greppi: «Verosimilmente a contribuire alle disdette-vendita è in parte il fatto che in un contesto dove gli investitori istituzionali hanno bisogno di redditività, stanno vendendo gli immobili meno redditizi che sono quelli a fine vita e quelli che non rispecchiano più i bisogni e i desideri di oggigiorno della popolazione dal punto di vista strutturale, della pianta degli appartamenti, del formato di balconi, cucine e bagni. La richiesta non è più la stessa in termini di caratteristiche rispetto a qualche decennio fa e “disfarsi” di questi immobili è quasi d’obbligo da parte di casse pensioni e assicurazioni per rispondere agli impegni presi con coloro che vi investono». Ciò che succede, spiega il professore, è probabilmente una vendita di questi stabili per buttarsi su «asset maggiormente remunerativi, compresi appartamenti più moderni che rispettano gli standard attuali. Un comportamento, peraltro, del tutto legittimo dal punto di vista degli investitori istituzionali».

Fantasmi del passato in agguato

A spiegare l’accelerata del fenomeno della compravendita c’è d’altro canto la citata serie di tagli ai tassi di interesse: «Il loro abbassamento può rendere interessante l’indebitamento per comperare un immobile. Correlato esiste però il pericolo che si inneschi una nuova fase di speculazione con un ciclo di acquisto-ristrutturazione-vendita a prezzi più alti che a sua volta favorisce la gentrificazione, l’espulsione di inquilini meno abbienti in determinate zone della città, la sparizione di appartamenti a pigione moderata» considera Greppi, che ricorda come una dinamica di compravendita favorita da tassi d’interesse bassi aveva contribuito alla grave crisi immobiliare della fine degli anni 80, seppur in un contesto molto diverso da quello odierno. «Allora c’era un’inflazione elevata per cui la Bns ha dovuto cominciare a stringere i bulloni agendo in maniera incisiva sulla politica monetaria con il rialzo dei tassi di interesse, mentre la congiuntura rallentava. Questo ha comportato una serie di disastrosi effetti a catena e la necessità di un intervento della Confederazione con una serie di decreti urgenti».

Nonostante le premesse diverse, secondo Greppi si potrebbe arrivare a una situazione molto critica se in un futuro più o meno prossimo «la Bns dovesse ritoccare verso l’alto i tassi d’interesse per motivi contingenti di ossequio a una politica monetaria che mira a contenere o frenare l’inflazione. Potrebbe allora verificarsi un nuovo tracollo legato al mercato immobiliare in quanto i proprietari di case, appartamenti e immobili che hanno comprato agli attuali tassi favorevoli si troverebbero con carichi molto più pesanti dal punto di vista finanziario che andrebbero a incidere significativamente sui loro redditi disponibili e la capacità di ripagare i debiti. Questo potrebbe provocare nuovi problemi in un Paese dove, tra l’altro, il debito ipotecario delle economie domestiche è fra i più alti al mondo».

La pressione di Airbnb

A complicare ulteriormente il quadro si aggiunge «un principio di crisi del mercato dell’alloggio in Ticino tra penuria di certi tipi di abitazioni, pigioni in aumento (in febbraio quelle di appartamenti nuovi o nuovamente affittati sono salite dell’1,5% rispetto a gennaio, ndr), e pressione da parte di attori come le piattaforme di prenotazione che stanno prendendo sempre più piede anche nel nostro cantone: stando a una puntata della trasmissione “Patti Chiari” (Rsi) di quattro settimane fa, nei precedenti 12 mesi gli appartamenti messi su Airbnb, Booking o simili sono cresciuti del 24%, superando le 1’000 unità nella sola Lugano che, tra le principali città svizzere, è così diventata quella con la percentuale più alta, il 2,7%, di “appartamenti Airbnb” rispetto agli alloggi disponibili».

C’è poi da prendere in conto il fattore demografico. «L’invecchiamento della popolazione, ma anche i flussi migratori a seconda della loro entità e di come si orientano, vanno a loro volta a influenzare il mercato immobiliare». Migrazioni che sono anche intercantonali, e pure interne allo stesso cantone, «che è per esempio quello che sta avvenendo tra Lugano e Bellinzona con un travaso di popolazione dalla prima alla seconda. Nel mentre continuano a sorgere gru di qua e di là, col pericolo di creare una sovraofferta e il relativo crollo dei prezzi». Non da ultimo bisogna considerare la cornice internazionale «che può congiurare ed è una ulteriore variabile di cui tenere conto – rimarca Greppi –: tutto quello che avviene a livello geopolitico o tariffale sul piano mondiale ha ripercussioni anche da noi e risvolti pure sul mercato immobiliare. Sono tutti aspetti da monitorare con attenzione ed è essenziale farlo per capire come queste varie dinamiche sono effettivamente all’opera e a cosa porteranno nel prossimo futuro».

A pagare le conseguenze di una deriva della situazione sarebbero trasversalmente un po’ tutti i cittadini, dice Greppi, «ma soprattutto i giovani con condizioni contrattuali di lavoro che li penalizzano a causa di salari bassi o medi ma intermittenti, e gli anziani con pensioni modeste che quindi dipendono fortemente da determinate voci di spesa che incidono parecchio sul loro budget, che sono quelle in ambito sanitario ma soprattutto quelle in ambito abitativo».

Negozi e ristoranti che chiudono

Tra le notizie che tornano con una certa frequenza si trova pure la cessazione di attività commerciali per motivi legati agli affitti: basta seguire le cronache di Bellinzona per rendersene conto. Ultima in ordine di tempo è l’annunciata chiusura del negozio Mm Moda in Viale Stazione a causa di un incremento del 35% della pigione giudicato insostenibile per i co-titolari che hanno anche dovuto licenziare due dipendenti. «Senza drammatizzare eccessivamente, mi sembra di poter affermare che c’è in qualche modo una sorta di fuga dei consumatori che si riflette sulla possibilità del commercio locale di fare commercio, di smerciare la propria offerta e questo in una situazione in cui in generale come visto gli affitti aumentano. Questa dinamica incide sul commercio ma anche sulla ristorazione – valuta l’economista –. Credo che siamo in una fase molto delicata che potrebbe avere delle conseguenze a valanga, anche sull’attrattività stessa di una città, perché gli abitanti cercano pure altro oltre all’abitazione in sé. Anche se – rileva il professore – paradossalmente sono loro stessi all’origine di questi cambiamenti, complici le condizioni economiche e salariali: acquistando sempre più online invece di andare nei negozi, comandando il cibo a casa invece di recarsi al ristorante, andando oltrefrontiera per gli acquisti invece che sul territorio». Bisognerà capire, conclude Greppi, se e come intervenire: «Perché anche quello dei commerci inizia a diventare un problema serio, come ben può notare chi frequenta abitualmente come noi Bellinzona».

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