Ticino

Parità di genere, ‘il governo come valuta la situazione?’

La deputata dei Verdi Giulia Petralli interroga il Consiglio di Stato: ‘Nonostante i timidi progressi, le disparità persistono in diversi ambiti chiave’

‘Essenziale capire come il governo valuti la situazione’
(Ti-Press)
4 aprile 2025
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Disuguaglianza salariale, difficoltà nella conciliazione tra lavoro e vita familiare, violazioni dell’integrità personale sul posto di lavoro e rappresentanza femminile in politica e nei settori strategici dell’economia ticinese. La deputata dei Verdi Giulia Petralli non ha dubbi: “A trent’anni dall’entrata in vigore della Legge federale sulla parità dei sessi (LPar), la piena uguaglianza tra uomini e donne in Svizzera rimane un obiettivo lontano”. Ed è proprio su questo tema che si articola l’interrogazione dalla granconsigliera all’indirizzo del Consiglio di Stato. E questo perché, a detta dell’ecologista, “è essenziale capire come il governo valuti la situazione della parità di genere nel cantone e quali misure concrete intenda mettere in atto per colmare le lacune ancora esistenti”.

Passi avanti, ma non basta

Ma facciamo un passo indietro. “Sebbene siano stati fatti timidi progressi in termini di rappresentanza femminile nelle istituzioni e nella sensibilizzazione sulle tematiche di genere – rievoca Petralli –, le disparità persistono in diversi ambiti chiave. Anche in Ticino, la situazione non è diversa e richiede un impegno concreto da parte delle istituzioni e del settore privato”. Tra i problemi più evidenti, per la deputata, la persistente disuguaglianza salariale, di cui quasi la “metà (48,2%) non è spiegabile da fattori oggettivi come formazione, settore o anzianità di servizio”, osserva citando i dati dell’Unione sindacale svizzera. E rimarca: “Questi dati dimostrano che la discriminazione salariale è tutt’altro che superata e che le misure adottate finora sono insufficienti”. Nonostante l’avvio nel 2022 di un progetto pilota volto a introdurre controlli della parità salariale nel settore delle commesse pubbliche, rimprovera la verde, “mancano dati dettagliati e aggiornati sul divario retributivo, rendendo ancora più difficile monitorare e affrontare efficacemente il problema”. Per quanto attiene alla conciliazione lavoro-famiglia, scrive Petralli, “in Ticino i servizi di accudimento per l’infanzia sono ancora limitati e spesso troppo costosi”. Non solo. L’adesione a iniziative di consulenza e formazione sul tema della prevenzione delle violazioni dell’integrità personale da parte delle aziende “è ancora limitata e sarebbe opportuno incentivarla con campagne di sensibilizzazione più mirate”, suggerisce la deputata. Non da ultimo, anche “la rappresentanza femminile in politica e nei settori strategici dell’economia ticinese rimane insufficiente”, dato che “le donne continuano a essere sottorappresentate nei ruoli decisionali sia nelle istituzioni che nelle aziende private”. In tal senso, stando a Petralli, “sarebbe utile adottare misure che favoriscano una maggiore partecipazione femminile, come programmi di mentoring e formazione per le giovani professioniste”.

Le domande

Diverse le domande rivolte all’Esecutivo cantonale. “Poiché molte aziende ticinesi non rientrano nell’obbligo federale di analisi salariali”, la parlamentare chiede se il governo stia “valutando misure più vincolanti, come certificazioni salariali obbligatorie o incentivi per le aziende che garantiscono parità retributiva”, a che punto sia “il progetto pilota in ambito di controlli della parità del settore delle commesse pubbliche”, come valuti “la presenza femminile nei ruoli decisionali dell’amministrazione pubblica e delle aziende partecipate dal Cantone” e se esistano “politiche attive o misure concrete per incrementare la rappresentanza femminile”. Tra gli altri lumi chiesti al Consiglio di Stato anche se siano “previsti investimenti strutturali per migliorare l’offerta limitata di congedi parentali e di servizi per l’infanzia”, se il governo intenda “intervenire sui costi elevati dei servizi di cura per l’infanzia”, se siano “previste agevolazioni fiscali o incentivi per le aziende che adottano modelli di lavoro più flessibili e favorevoli alla conciliazione tra vita professionale e familiare”, nonché se ritenga “adeguati gli attuali meccanismi di tutela per le vittime di molestie e discriminazioni o consideri necessario rafforzare le sanzioni per i datori di lavoro che non rispettano la LPar”.