Il comitato cantonale ratifica i nuovi vice presidenti. Speziali: ‘Siamo stati troppo silenziosi. Oggi limitarsi gestire non basta, bisogna proporre’
«Essere liberali radicali oggi è più difficile, controcorrente. Per questo è più necessario». È un Alessandro Speziali che lancia la riscossa e non risparmia diverse critiche alle altre forze politiche – su tutti il Partito socialista, con la sua gestione della scuola, e chi ha in mano le redini del progetto ‘Ticino 2020’, quindi il Consiglio di Stato e il Dipartimento delle istituzioni a guida leghista in particolare – quello che questa sera davanti al comitato cantonale del Plr ha presentato la nuova squadra di vicepresidenti. Quattro volti conosciuti per permettere al partito di «aprire un nuovo capitolo della sua storia». Si tratta, come noto, del consigliere nazionale Alex Farinelli, del municipale di Bellinzona Fabio Käppeli, della granconsigliera Natalia Ferrara e del capo della sezione Plr di Mendrisio Giovanni Poloni.
Riscossa, si diceva. E non si può che partire da una nuda autocritica: «Siamo stati a volte troppo silenziosi su alcuni problemi. Abbiamo avuto difficoltà a comunicare, perdendoci in tecnicismi e narcisismi. Per anni abbiamo confuso la responsabilità con l’immobilismo. Per anni – rimarca ancora il presidente del Plr davanti al suo ‘parlamentino’ riunito a Sementina – abbiamo gestito bene. Ma oggi gestire non basta: bisogna proporre, sorprendere e reinventarsi. Senza fermarsi. Perché si sa cosa succede a chi si ferma: indietreggia».
A questo si aggiunge un contesto che, secondo Speziali, non favorisce gli ideali liberali radicali. «Viviamo nell’era della post verità. Contano le narrazioni più dei fatti. La libertà è osannata solo se porta vantaggi immediati, ma ciò che si cerca davvero oggi è certezza. Le forze liberali sono viste come parte delle istituzioni proprio mentre le istituzioni vengono criticate. La società si muove tra indignazione facile sui social, demagogia e una cultura dei diritti senza doveri».
Dai discorsi più astratti alla realtà della politica cantonale, per ricordare che la situazione è fragile e non bisogna scaricare la paura di prendersi le responsabilità sulle generazioni future. «Il debito pubblico non è qualcosa di astratto. Ogni anno paghiamo oltre 30 milioni di interessi agli istituti di credito». Ecco quindi che bisogna «investire con coraggio, ma con giudizio. Serve governare con visione, senza scorciatoie. Ora invece vediamo una politica che vuole spendere sempre di più aumentando la pressione fiscale, e propone tagli a caso, con cifre buttate là senza progetti credibili».
Finanze cantonali, ma non solo. Nel mirino di Speziali finiscono anche Dipartimento delle istituzioni (Di) e Dipartimento educazione, cultura e sport (Decs). «Il progetto ‘Ticino 2020’ del Di sembra in stallo e rischia di ritardarne anche molti altri. Essere liberali vuol dire anche dire basta ai rinvii». Da qui l’ultimatum: «Vogliamo proposte concrete entro dicembre, altrimenti si chiuda e si cerchino altre soluzioni vere e concrete».
E poi la dura critica al Decs targato socialista. «Parlare di scuola non deve essere solo parlare di inclusione. La scuola pubblica oggi ha un problema di gestione e di visione. La nomina per alla direzione della Sezione dell’insegnamento medio superiore è stata una magra figura, anche per il Consiglio di Stato purtroppo». C’è poi la consultazione sul superamento dei livelli, «dove manca rispetto per il pluralismo. Manca inclusione e rispetto per le altre visioni. Saremo molto attenti sulle sperimentazioni che toccano la scuola media – avverte il presidente liberale radicale –. Le prime avvisaglie sono poco incoraggianti». Parlando del Partito socialista la sferzata è netta: «Sono sulla difensiva. Ci ricordano che 14 anni fa il Decs era in mano nostra e che l’Alta scuola pedagogica abbiamo contribuito a crearla. Ebbene, almeno noi qualcosa l’abbiamo fatto. In 14 anni invece il Ps ha dimostrato che nella scuola il liberismo funziona meglio del socialismo».
A prendere la parola è anche il consigliere di Stato Christian Vitta per ricordare «che lo Stato non può fare tutto. Le proiezioni su alcune iniziative (quella del Ps per premi di cassa malati non oltre il 10%, ndr) dimostrano che se approvate ci porterebbero ad avere oltre il cinquanta per cento della popolazione che riceve sussidi. Di questo passo chi paga le imposte diventerebbe la minoranza».