Ticino

Un collegio docenti in piazza per dire cosa non va

Lanciato un plenum per il prossimo 21 maggio a Bellinzona. Quaresmini (ErreDiPi): ‘Tra gli insegnanti diffuso malcontento, parliamone’

Quattro le principali richieste
(Ti-Press)
29 aprile 2025
|

Malcontento, preoccupazione e senso di isolamento. Sono questi i sentimenti – «spesso taciuti per mancanza di fiducia verso le direzioni delle sedi scolastiche» – constatati negli anni nel corpo insegnante. Sentimenti, come spiegato oggi dal portavoce della Rete per la difesa delle pensioni Enrico Quaresmini, che hanno spinto ErreDiPi, l’Associazione dei docenti delle scuole medie superiori (Adsms), il Movimento della scuola, l’Ocst e la Vpod a organizzare, il 21 maggio alle 17 a Bellinzona davanti al Palazzo delle Orsoline, potenzialmente in contemporanea all’ultimo giorno della prossima sessione di Gran Consiglio, un collegio docenti in piazza per la scuola. L’iniziativa – sostenuta anche dalla redazione della rivista di politica scolastica ‘Verifiche’ e dall’Uss – mette sul tavolo quattro richieste, illustrate da Quaresmini: «L’aumento delle risorse finanziarie per la scuola e la revoca dei tagli approvati negli ultimi due Preventivi, una riforma equa e trasparente del sistema di abilitazione e reclutamento degli insegnanti, delle risorse adeguate alla crescente precarizzazione del lavoro nella scuola, nonché le risorse necessarie per affrontare la complessità educativa del nostro tempo». A partire da questo plenum, dice Quaresmini, «vorremmo realizzare un documento in cui raccogliere i principali temi discussi, così da portare avanti le nostre rivendicazioni, iniziando a creare una comunità di riferimento per tutti gli insegnanti del cantone».

Il collegio in piazza, osserva il co-segretario cantonale e responsabile del settore docenti della Vpod Edoardo Cappelletti, «è sicuramente un modo per dimostrare che c’è disponibilità a impegnarsi per rimettere al centro del dibattito politico la scuola, per osteggiare le tendenze risparmiste vigenti nelle maggioranze politiche parlamentari e di governo e, in definitiva, per dire che il discorso della scuola interessa tutta la società, non soltanto i docenti». Per Cappelletti è dunque «necessario destigmatizzare la visione del funzionario pubblico come lavoratore privilegiato. Al contrario, nel corpo insegnante abbiamo incarichi a tempo parziale precari, sempre più spesso disdetti senza il necessario preavviso o confermati con percentuali notevolmente ridotte, ma anche docenti supplenti non retribuiti se in malattia».

Ad accogliere con favore l’iniziativa, anche l’Ocst. «Un collegio docenti su scala cantonale – rileva il responsabile del settore insegnanti dell’Organizzazione cristiano-sociale ticinese Gianluca D’Ettorre –, che rompa le barriere non solo delle aule, ma anche dei settori scolastici, è un’occasione preziosa per confrontarsi, per avere una visione d’insieme più lucida e per essere liberi di esprimersi». Un «luogo di scambio libero e franco», secondo D’Ettorre, «che rappresenta un punto di inizio e non di arrivo». Il lavoro da fare è infatti tanto: «Nonostante il lavoro sindacale – rimprovera –, finora le risposte, in prima battuta del Decs, ma anche del governo e del parlamento, non sono state adeguate alla risoluzione di questi problemi». Emblematici i casi di cronaca degli ultimi mesi che hanno toccato il mondo della scuola ticinese, prima tra tutti la vicenda dei tredici aspiranti insegnanti di italiano nel medio superiore che, nonostante l’abilitazione in corso, non troveranno un posto di lavoro.

In merito, constata Paolo Galbiati, membro di ErreDiPi e del Movimento della scuola, «quanto sentito nelle ultime settimane non è rassicurante. Sono dinamiche che scaturiscono da questa strana simbiosi ideologica di pensiero unico pedagogico tra Decs e Dfa che hanno creato una sorta di mostro che deve essere fermato e riformato. Il rischio – avverte – è di svilire una scuola che nei fatti è di qualità, costruita attraverso la capacità dei docenti».