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Dafond: ‘Il dipartimentalismo complica ulteriormente le relazioni fra Cantone e Comuni’

Al Simposio fra i due livelli istituzionali Il presidente dell'Act pone l'accento sull'autonomia degli enti locali. Gobbi: collaborazione, no paralisi

Felice Dafond
(Repubblica e Cantone Ticino)
8 maggio 2025
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Il dialogo tra i due livelli istituzionali «presuppone in ogni caso e sempre un ascolto reciproco». Detto altrimenti «non devono essere solo i Comuni ad ascoltare, ma anche e soprattutto l’autorità cantonale e tutti suoi rappresentanti». Intervenendo oggi al Simposio Cantone-Comuni edizione 2025, il sesto promosso dal Dipartimento istituzioni tramite la Sezione degli enti locali, Il presidente dell’Associazione dei Comuni ticinesi (Act) Felice Dafond entra subito nel tema. Che è quello degli attuali difficili rapporti tra Cantone e Comuni. Questi ultimi, aggiunge l’ex sindaco di Minusio e già deputato al Gran Consiglio, «hanno specifiche competenze e autonomie, nelle quali i cittadini si riconoscono, e che devono rimanere tali e non devono essere bistrattate come è purtroppo avvenuto spesso nel recente passato».

I rapporti con il Cantone, continua Dafond richiamando anche quanto emerso da un incontro promosso alcune settimane fa dall’Act e rivolto ai municipi, «non vanno bene, sono insoddisfacenti su più aspetti». E una più che «indispensabile» riforma «non può limitarsi a una mera ridefinizione dei flussi finanziari» tra i due livelli istituzionali, rileva il presidente dell’Act alludendo al progetto ‘Ticino 2020’: «Ma deve inderogabilmente coinvolgere il ruolo del Comune, la sua autonomia e le sue competenze». Secondo Dafond, a complicare «ulteriormente e pesantemente» le relazioni fra Cantone e Comuni è «‘il dipartimentalismo’». Critica non nuova all’indirizzo del Consiglio di Stato. Dafond non ha dubbi: «Per disporre di Comuni forti e sani in questo cantone», che possano contribuire al suo sviluppo, occorre riconoscere agli enti locali «più autonomia e rispetto».

Il presidente del governo: ‘La politica non può limitarsi alla diagnosi. Deve dare risposte’

Ma anche il presidente del governo e direttore del Dipartimento istituzioni non ha dubbi. «La collaborazione tra Cantone e Comuni non è solo auspicabile, è necessaria – evidenzia Norman Gobbi –. E se è vero che non abbiamo mai vissuto una ‘guerra istituzionale’, non possiamo nemmeno permetterci un gelo nei rapporti». È che oggi, osserva il presidente del Consiglio di Stato, «ci troviamo in una situazione di stallo». Se le pressioni economiche globali «continuano a influenzare negativamente le finanze pubbliche, anche nel nostro Cantone, è soprattutto il deterioramento del tessuto sociale a destare maggiore preoccupazione: famiglie sempre più fragili, un senso di solidarietà che si affievolisce, condizioni di lavoro spesso stressanti e redditi che non tengono il passo con l’aumento del costo della vita generano insicurezza e frustrazione». Insomma «in questo contesto complesso, il dialogo si è indebolito, le posizioni si sono irrigidite e la fiducia reciproca si è progressivamente logorata». Proprio per questo «è essenziale che le istituzioni dimostrino lucidità e determinazione nell’affrontare i nodi irrisolti». La politica «non può limitarsi alla diagnosi. Deve dare risposte».

‘Nella Costituzione cantonale verrà esplicitato ancor più il principio dell'autonomia comunale’

Situazioni di stallo, come quella in cui si trova il progetto ‘Ticino 2020’, la riforma riguardante flussi e competenze fra Cantone e Comuni. «Ha raggiunto un punto di impasse che non possiamo ignorare». Restare fermi «non è un’opzione». Da qui «un appello diretto ai Comuni e al parlamento, che intendo condividere con la collega e i colleghi di governo: basta slogan e critiche senza contenuti. È ora di avanzare con soluzioni concrete, senso di responsabilità e soprattutto con il coraggio di cambiare rotta. E di farlo insieme». Il punto di partenza «deve essere il riconoscimento vero – anche giuridico – dell’autonomia comunale». Preannuncia Gobbi: «Per questo intendo proporre all’attenzione del Gran Consiglio e del popolo ticinese una modifica della Costituzione cantonale per inserire in modo ancor più esplicito rispetto a oggi il principio dell’autonomia dei Comuni: non come enunciazione di principio, ma come fondamento operativo». Ciò «per ricostruire su basi più solide e condivise i rapporti e la collaborazione tra il Cantone e i Comuni: o affrontiamo questa sfida insieme, o ci condanniamo alla paralisi. Il nostro sistema federalista ha bisogno di risposte coraggiose, non di rinvii».

Non solo: «Intendo affrontare la riforma della Piattaforma di dialogo politico tra governo e Comuni, perché sebbene gli incontri trimestrali finora organizzati siano stati utili, oggi non sono più sufficienti. È necessario creare un vero spazio di confronto politico, regolare e soprattutto franco, in cui le decisioni siano orientate al bene pubblico, ai cittadini e al futuro del nostro territorio». E non è tutto: «Desidero proporre un passo concreto e simbolico: una Dichiarazione ticinese sul federalismo». Ovvero «un documento che definisca chiaramente i principi di collaborazione tra Cantone e Comuni, non come un atto puramente formale, ma come un impegno politico e amministrativo a lavorare insieme, con lealtà e produttività. Un vero e proprio patto di fiducia, che getti le basi per una rinnovata cooperazione istituzionale».