Plr, Udc e Lega (con riserva) sostengono il cambio culturale e bocciano gli interventi più costosi come l'aumento degli assegni. Ora tocca al parlamento
Una su quattro. Il poker di iniziative del Centro – firmatari Claudio Isabella e Alessandro Corti – a favore della natalità in Ticino ha finito il suo percorso nella commissione parlamentare Sanità e sicurezza sociale con un magro bottino. Il sostegno della maggioranza, infatti, si limita – detta breve – all'unica che non costa un franco: vale a dire la richiesta di un cambio culturale, col definire un Dipartimento all'interno del Consiglio di Stato che abbia la responsabilità delle politiche di sostegno allo sviluppo demografico e che il valore della famiglia e della società aperta alla genitorialità sia incluso in ogni ambito di politica cantonale. Stop.
Per la maggioranza della commissione (Plr, Udc e Lega, benché via Monte Boglia abbia firmato con riserva), che ha aderito al rapporto del liberale radicale Patrick Rusconi, si finisce qui. Niente da fare per le altre tre che vanno nella direzione di aumentare il sostegno economico alle famiglie con figli tramite assegni più pesanti, implementare le iniziative per conciliare lavoro e famiglia, ridurre la tassa del registro fondiario e quella sull'emissione delle cartelle ipotecarie per i giovani che vogliono acquistare casa.
“I principi di supporto alla famiglia, ai giovani e all'inclusione sociale sono condivisi e rappresentano una priorità”, scrive Rusconi nel suo rapporto. Ma non si è fermi: “Le azioni già intraprese e le misure messe in atto negli anni, come quelle legate alla Riforma fiscale e sociale, l'allocazione di risorse specifiche, i messaggi recentemente licenziati come la nuova Legge giovani e la Legge colonie, testimoniano la sensibilità e l'attenzione costante a queste tematiche”. Per la maggioranza, “dare ulteriori incentivi potrebbe rischiare di creare un incentivo materiale che non responsabilizza una giovane famiglia. Il tema del lavoro a percentuali ridotte, se promosso ulteriormente nel pubblico e nelle aziende private, potrebbe creare seri problemi all'economia già in difficoltà”.
Bocciatissima anche la richiesta di aumentare il sostegno alle famiglie, perché “l'allentamento delle condizioni per ottenere l'assegno parentale (attualmente limitato a famiglie con redditi sotto i 110mila franchi) potrebbe aumentare la spesa pubblica, richiedendo un incremento dell'aliquota contributiva o una riduzione di altre misure di supporto alla conciliabilità lavoro famiglia”. L'impatto di questa proposta sarebbe di circa 90 milioni all'anno, suddivisi tra 65 milioni per gli assegni per figli e 25 milioni per quelli di formazione. Troppo, per la maggioranza.
La minoranza (Centro, Ps e Verdi) sottoscrive invece il rapporto di Maurizio Canetta e Tamara Merlo, che accoglie assieme alla maggioranza l'iniziativa ‘gratis’, quella del cambio culturale, ma anche quella per maggiori misure dedicate alla conciliabilità lavoro famiglia e, parzialmente, quella che mira a promuovere strutture ‘a misura di famiglia’. Accolta, parzialmente, pure la più costosa, ma per la minoranza necessaria, specificatamente alla prima richiesta: il complemento all'assegno familiare, mirato ai residenti, in modo che sommato all'Af ammonti a 300 franchi, e dell'assegno di formazione a 350 franchi, lasciando al governo il compito di stabilire i parametri.
Per Canetta e Merlo “il sostegno finanziario ai nuclei familiari rappresenta certo solo uno degli elementi della politica familiare, ma – in una situazione di incertezza e difficoltà economica – dà maggiore stabilità e può permettere di perlomeno prendere in considerazione la nascita di un figlio”.
Insomma, in aula sarà battaglia ma in commissione – in attesa che la Gestione dia il suo parere – non è andata benissimo per il poker del Centro. Lo stesso Isabella, però, sottolinea a ‘laRegione’ che «non capiamo il perché non si voglia investire su un tema che invece ne ha molto bisogno, è vero che oggi ha dei costi ma porteranno un serio beneficio domani. Le proposte andrebbero ad aiutare in modo concreto il ceto medio ticinese e questo, come dimostrato in altre nazioni, avrebbe un importante impatto sulla natalità».