Niente da fare per Claudio Cortese e Fernando Piccirilli, nonostante le competenze e l'esperienza (che per il parlamento sono evidentemente un optional)
È stata eletta al primo turno, avendo agguantato la maggioranza assoluta (41 erano i voti necessari e 41 sono quelli che ha racimolato): Serena Bellotti, classe 1991, al momento cancelliere alla seconda Camera civile del Tribunale d’appello, è stata appena nominata dal Gran Consiglio giudice. Giudice dello stesso Tribunale. Svolgerà la propria attività alla Camera di esecuzione e fallimenti, la Cef, dopo che il presidente di quest’ultima, Charles Jaques, ha esercitato il diritto di opzione, passando alla prima Camera civile diretta da Giorgio A. Bernasconi (area Centro), magistrato che alla fine del prossimo mese andrà in pensione: il concorso per la designazione di un giudice d’Appello, chiusosi il 20 gennaio, riguardava la sua sostituzione.
Ottantadue le schede distribuite, ottantuno quelle rientrate. Sedici le bianche, una nulla. A Bellotti sono andati 41 voti. Niente da fare per gli altri tre candidati, anche loro ritenuti dalla Commissione di esperti idonei a ricoprire la carica. Ovvero: Claudio Cortese (19 voti), 44 anni, ispettore giurista presso la Cef, membro della Commissione federale in materia di esecuzione e fallimento, tiene inoltre corsi di formazione per funzionari degli Uffici di esecuzione e fallimenti; Brenno Martignoni Polti (3 voti), classe 1962, avvocato; e Fernando Piccirilli (1 voto), 60 anni, capo della Sezione esecuzione e fallimenti in seno alla Divisione giustizia del Dipartimento istituzioni.
Cortese e Piccirilli, entrambi di area Plr, vantano dunque competenze ed esperienza nel settore. Competenze ed esperienza che la neoeletta non ha (carta canta). Ad ogni modo vedremo. Sarà il tempo a dire ai cittadini se la scelta del Gran Consiglio sia stata o meno azzeccata. Certo è che, come abbiamo scritto a più riprese, la Camera di esecuzione e fallimenti del Tribunale d’appello gioca un ruolo importante anche per l’economia.
Comunque sia, la maggioranza del parlamento ha accolto la proposta di elezione formulata dalla sua commissione ‘Giustizia e diritti’ all’unanimità. Il deputato del Movimento per il socialismo Giuseppe Sergi aveva chiesto «il rinvio della trattanda» in commissione anche perché è pendente un atto parlamentare suo e del collega Matteo Pronzini vertente fra l’altro proprio sull’assenza di competenze ed esperienza di Bellotti. L’istanza è stata però respinta dal Gran Consiglio con 71 voti (cinque sì e quattro astensioni). L’interpellanza, trasformata in interrogazione, non ancora evasa dal Consiglio di Stato, «è volta a sapere anche se vi sia stato un intervento informale del presidente del Consiglio della magistratura Damiano Stefani a sostegno della candidata», ha ricordato il granconsigliere dell’Mps, alludendo alle presunte telefonate del giudice e/o di altri magistrati a deputati. Circostanza che, all’indomani del deposito dell’atto parlamentare, il coordinatore della ‘Gustizia e diritti’, il centrista Fiorenzo Dadò, ha smentito dopo aver riunito e sentito i colleghi commissari. Nessuna interferenza via telefono. «La vicenda non si può considerare conclusa con quella scenetta – ha affermato oggi in parlamento Sergi –. È come se si organizzasse oggi un voto sull’autodeterminazione nel Donbass con i carri armati russi in strada... sappiamo come andrebbe a finire».
Un altro motivo che secondo il parlamentare avrebbe giustificato il rinvio è legato ai «curricula». Sergi: «È normale che chi lavora in ambito giudiziario indichi come referenze dei magistrati, ma è perlomeno inopportuno che la candidata prescelta» dalla commissione ‘Giustizia e diritti’ «abbia indicato proprio il giudice Stefani. Che è presidente dell’organo di sorveglianza del sistema giudiziario» e quindi dell’operato dei magistrati. Sempre poi dai curricula «emerge che la candidata non è la più qualificata». Non è tutto. Si sostiene spesso che più fattori concorrono a fare di un aspirante magistrato un valido magistrato: insomma, non c’è solo la preparazione scientifica. Ok. Tuttavia nel rapporto con cui la ‘Giustizia e diritti’ ha proposto al Gran Consiglio di nominare Bellotti, ha osservato Sergi, nulla è stato scritto a proposito delle «qualità personali» della prescelta. «Ci è stato riferito – ha aggiunto Sergi– che la commissione parlamentare non audiziona più i candidati». In altre parole, si basa sui preavvisi tecnici degli esperti e per il resto spazio al manuale Cencelli, con i relativi accordi fra partiti per la spartizione delle poltrone a Palazzo di giustizia. Il capogruppo socialista e membro della ‘Giustizia e diritti’ Ivo Durisch: «Anche voi dell’Mps potete convocare i candidati per sentirli». Sì, ma perché la commissione non li incontra?
Tornando a Sergi, il granconsigliere si è pure soffermato sul licenziamento prospettato dalla commissione amministrativa del Tribunale d’appello al cancelliere della Cef per aver scritto alla ‘Giustizia e diritti’ invitandola a ponderare bene la scelta, fra i quattro candidati, della persona di cui proporre l’elezione, ciò alla luce dei compiti delicati e complessi della Camera di esecuzione e fallimenti. Il passo dei vertici del Tribunale confermerebbe, a detta di Sergi, «un clima di pressioni indebite, nel quale il contributo critico e costruttivo dei funzionari dello Stato non solo non è valorizzato, ma addirittura punito».
Il Gran Consiglio ha preferito tirare dritto e respinto così il rinvio della nomina. Tuto Rossi (Udc): «Abbiamo avuto una discussione in commissione (‘Giustizia e diritti’, ndr) e si è deciso di proporre l’elezione di questa candidata». Già. Matteo Quadranti, capogruppo dei liberali radicali: «La ‘Giustizia e diritti’ sta ragionando su nuovi sistema di nomina: per questa tornata la commissione ha fatto la sua scelta». Sottoscritta anche dal Plr. Tra quei partiti che, perlomeno a parole, pongono l’accento sulle competenze e sull’esperienza. Già.