In vista della votazione, si schiera il comitato contrario alla proposta di Vpod e sinistra. È composto dalle prime file di Plr, Lega, Centro, Udc e Pvl
«Un'iniziativa inutile, che aumenta la burocrazia senza migliorare la qualità delle cure, che metterà in difficoltà gli operatori». È senza appello la bocciatura che formula il comitato contrario all'iniziativa popolare “Per cure sociosanitarie e prestazioni socioeducative di qualità”, al voto il 15 giugno. Già bocciata dal Gran Consiglio, la Vpod ha deciso di mantenerla e far esprimere il popolo. La proposta? “Introdurre una nuova legge per definire delle condizioni quadro per una serie di enti, quali: strutture ospedaliere, servizi ambulanze, case per anziani, centri diurni, servizi di assistenza e cure a domicilio, servizi d’appoggio, enti socioeducativi, strutture per le dipendenze, nidi e centri extrascolastici”. La legge, “prevedrebbe, inoltre, anche la nomina di una commissione parlamentare di controllo di tutto il settore”.
Il comitato contrario riflette la maggioranza che si è opposta in aula. A partire dal capogruppo del Centro Maurizio Agustoni, il quale sottolinea che «è un'iniziativa complessa, con un titolo accattivante, lanciata con le migliori intenzioni ma che, nella realtà, vede larga parte degli obiettivi già raggiunti grazie alle leggi settoriali e ai Contratti collettivi di lavoro conclusi nei vari ambiti». Per Agustoni, «l’aggiunta vera e propria dell’iniziativa è una burocrazia molto farraginosa, che andrà a sottrarre risorse a persone che si occupano di sociosanitario e socioeducativo, le cure di qualità ne risentiranno perché saranno tempo e competenze sottratte alle cure per aumentare la burocrazia». In breve: «Si andrebbe nella direzione contraria di quella auspicata».
A ruota la deputata democentrista Lara Filippini, a sottolineare come «l'effetto del sovraccarico burocratico sulle strutture del personale sociosanitario e socioeducativo è trascurato ma molto concreto: nuovi adempimenti come valutazioni indipendenti ogni tre anni, controlli frequenti, obblighi di rendicontazione e creazione di una commissione parlamentare di sorveglianza in teoria vorrebbero portare qualità e trasparenza, ma nella pratica ci sarà solo un carico amministrativo pesante, frustrante e disfunzionale che si abbatte su chi lavora in condizioni già di grande pressione». Insomma, secondo Filippini «chi lavora in case anziani, spitex, servizi cure a domicilio e tanti altri enti, già al limite delle energie, dovrà sottrarre tempo alla cura delle persone per diventare un compilatore di documenti». Senza dimenticare che «si parla di risorse importanti, finanziarie e umane, che verrebbero investite in burocrazia invece che per aumentare organici e qualità del lavoro».
Il deputato e capodicastero territorio e istituti sociali di Chiasso, Stefano Tonini (Lega), va giù dritto: «Mi occupo della supervisione politica delle strutture per anziani, so bene quanto sia delicato garantire ogni giorno servizi di qualità». E quindi, «con chiarezza», ecco la spiegazione del voto contrario: «Si rischia fortemente di mettere in secondo piano i pazienti e gli utenti, la qualità non si misura con documenti e scartoffie ma con più attenzione alle persone. La nostra missione è costruire con fiducia, competenza e risorse adeguate ciò che bisogna mettere in atto ogni giorno».
Tra i contrari anche il deputato dei Verdi liberali Massimo Mobiglia, il quale sottolinea che «una risposta ampia a questi problemi c’è già: in Ticino da vent'anni si lavora coi contratti di prestazione quale strumento di sussidiariamento e hanno come obiettivo migliorare la qualità, razionalizzare le risorse e responsabilizzare gli enti sussidiati. E il partenariato sociale è fondamentale».
La chiosa finale la pone il capogruppo del Plr Matteo Quadranti, già autore del rapporto di maggioranza con cui il parlamento ha bocciato l'iniziativa. «La nostra obiezione a questa legge, portata avanti da sinistra e sindacati, è proprio il fatto che disattende il principio consolidato a livello svizzero che il partenariato sociale è una pietra angolare. Quella proposta è una legge che non è necessaria, e si vuole creare un controllo che di fatto c’è già». Nel senso che, continua Quadranti, «a meno di promuovere una diffidenza generalizzata sui municipi, i consorzi, i consigli di fondazione e di amministrazione che gestiscono i servizi la situazione è già sotto controllo». Il contesto poi, riprende Quadranti, va già nelle direzioni auspicate. Perché è di ieri la notizia che il Consiglio federale ha deciso di mettere mano al tema «e si ipotizzano piani di servizio stabiliti con quattro settimane di anticipo, riduzione di cinque ore della durata massima lavorativa, il compenso con salario o tempo libero delle ore lavorate in più. E per formare il personale non c'è bisogno di una proposta così astringente e complicata dal profilo dell'attuazione: la macchina burocratica già oggi porta a stress e complicazioni».