Così il presidente dell'Alpa sul momento difficile che vive il settore: ‘Auspichiamo che la politica capisca, gli atti pendenti trovino risposta positiva’
«Siamo preoccupati, molto preoccupati», sospira il presidente dell’Alleanza patriziale (Alpa) Tiziano Zanetti sfogliando un articolo recentemente apparso su “L’Agricoltore ticinese”. Un articolo che conferma quanto si va dicendo da tempo: per i vigneti tradizionali tira brutta aria. Cala la superficie vitata, aumenta la burocrazia. Scende il numero delle persone impiegate in questo settore, crescono gli impegni e gli imprevisti. Non ultimo, l’obbligo di patentino per i prodotti fitosanitari. Ma c’è anche un allarme, nel testo redatto da Marco Conedera e Patrick Krebs dell’Istituto federale di ricerca Wsl di Cadenazzo, Attilio Rizzoli di Agroscope e Davide Cadenazzi di Federviti: “È quindi plausibile ipotizzare anche per il prossimo futuro una progressione continua, se non addirittura un’accelerazione, dell’abbandono dei vigneti con maggiori difficoltà gestionali, presenti soprattutto nelle valli del Sopraceneri e del Moesano”.
Ed è qui che, soprattutto, monta la preoccupazione di Zanetti e dell’Alpa: «Il tema dei vigneti tradizionali è molto importante per noi – spiega il presidente dell’Alleanza patriziale a ‘laRegione’ –. Da un lato perché i vigneti costituiscono una componente importante del paesaggio tradizionale; dall’altro perché la gestione di questi spazi è un atto culturale importante che va mantenuto e continuamente rilanciato anche per le future generazioni. I vigneti ticinesi fanno parte del territorio cantonale in modo importante, come immaginare le nostre colline senza la presenza di vigneti? Come vedere alcune colline, alcune zone montuose senza nessuna più di queste testimonianze nostre?».
Ebbene, per Zanetti l’articolo pone interrogativi seri: «A partire dalle sfide che stiamo affrontando relative anche ai cambiamenti climatici, alle nuove malattie dei vigneti, e ciò anche riferito alle spesso impervie zone delle colture così come alle difficili successioni», ma soprattutto sulla riduzione dei vigneti, che ammonta al 40% dal 1989 al 2020: «Siamo preoccupati – riprende Zanetti –. Come sono da sottolineare le differenze notevoli tra Sopra e Sottoceneri: la morfologia del territorio fa sì che nel Sopraceneri sia più difficoltoso gestire i vigneti, e quindi il loro rischio di abbandono è più marcato. Nel Sopraceneri inoltre ci sono molti più viticoltori, ma gestiscono una superficie nettamente più ridotta. Questa tipologia di vigneti porta anche a dire che nel Sopraceneri sono in particolare i viticoltori hobbisti che gestiscono i vigneti tradizionali, quelli più difficili da gestire ma anche quelli più affascinanti dal punto di vista paesaggistico. Ovvio che questi ultimi siano più a rischio di abbandono, come peraltro evidenziato dalle cifre». L’auspicio dell’Alpa, afferma ancora il suo presidente, è che «le associazioni di categoria e pure la politica riescano a trovare delle modalità operative/finanziarie per scongiurare un continuo abbandono, che risulterebbe irreversibile e porterebbe all’impoverimento del territorio e alla scomparsa di un’attività tradizionale del nostro cantone».
Come se non bastasse, c’è sempre lui: il patentino della discordia, quello fitosanitario, divenuto obbligatorio e da ottenere entro la fine del 2026 per poter acquistare i prodotti per i trattamenti in vigna. Per Zanetti «ciò rappresenterebbe una futura ulteriore complicazione e burocratizzazione nella gestione dei vigneti dove ogni proprietario sarebbe tenuto a notificare su un’apposita piattaforma i trattamenti effettuati con data, quantità e prodotti usati». E il discorso è chiaro: «Molti viticoltori, sembrerebbe un migliaio su poco meno di 2’400, non ne sono in possesso e i tempi per svolgere il corso sono ridotti. Per fare un paragone, il patentino sta al futuro dei vigneti tradizionali come il lupo lo è per il futuro dell’alpicoltura e del settore primario di montagna: sono ostacoli che arrischiano di aggravare in modo ancora più repentino una situazione di per sé già fragile minando la sopravvivenza di questi due settori socioeconomici e territoriali importanti per il Ticino».
Davanti a questo problema, perché di problema si tratta, l’Alpa si augura che «soprattutto la politica cantonale capisca che occorre attivarsi prontamente per scongiurare questi scenari e individuare delle soluzioni pragmatiche e risolutive». Facendo un paragone immediato: «Se per il lupo il Cantone è attivo con forza a Berna per far capire le peculiarità e le drammaticità ticinesi, lo stesso impegno dovrebbe essere fatto per i vigneti tradizionali e il patentino, il cui corso di formazione della durata di quattro giorni anche per gli hobbisti è forse un fattore che disincentiva ad affrontarlo e questo pur coscienti dell’importante sensibilizzazione promossa per l’utilizzo dei differenti prodotti fitosanitari». Ciò detto, «sappiamo che ci sono degli atti parlamentari di Aron Piezzi pendenti, sia per degli incentivi finanziari a chi si occupa dei vigneti tradizionali, sia per trovare una modalità più accessibile e ridotta per lo svolgimento del corso per l’ottenimento del patentino. Non possono essere equiparati produttori hobbisti gestori di un piccolo appezzamento con chi si occupa di grandi superfici vignate». Domanda retorica di Zanetti: «Come mai si paragonano hobbisti con grandi produttori? È proprio necessario porre uguaglianza di formazione?». Risposta? Eh, dipenderà dal Gran Consiglio la risposta. Intanto, l’Alleanza patriziale confida che «la politica capisca la gravità della situazione e trovi soluzioni percorribili e pragmatiche, anche muovendosi verso Berna. Un segnale dal parlamento in tal senso, non potrà che supportare gli sforzi che amministrazione cantonale e associazioni di categoria stanno intraprendendo».