Incontro fra la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ e la squadra di periti chiamata a pronunciarsi sull'idoneità dei candidati magistrati
«Molto interessante e sicuramente opportuno. È stato un momento importante, da un lato per conoscersi, dall’altro per esprimere il nostro punto di vista su alcuni temi e capire come loro intendano lavorare». Fiorenzo Dadò commenta così l’incontro, avvenuto lunedì, fra la commissione parlamentare ‘Giustizia e diritti’ – di cui il deputato del Centro fa parte e della quale è stato anche coordinatore – e la neo Commissione di esperti indipendenti, chiamata a pronunciarsi sull’idoneità dei candidati a ricoprire la carica di procuratore pubblico o quella di giudice, con relativo preavviso all’autorità che in Ticino elegge le toghe, vale a dire il Gran Consiglio. La squadra dei cinque periti è stata designata dal Legislativo cantonale nella seduta del 19 maggio. Il suo rinnovo si è reso necessario essendo giunto a scadenza il mandato di sei anni della precedente compagine formata dal giudice federale emerito Ivo Eusebio, dalla già giudice e presidente del Tribunale d’appello Agnese Balestra-Bianchi, dal giudice del Tribunale penale federale Giorgio Bomio-Giovanascini, dall’ex segretario di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione ed ex comandante della Polizia cantonale Mauro Dell’Ambrogio e dall’avvocata e già procuratrice Francesca Piffaretti-Lanz. La Commissione è stata rinnovata per quattro quinti, visto che Piffaretti-Lanz ha dato la propria disponibilità a svolgere un ulteriore mandato. Oggi gli esperti sono Emanuela Colombo Epiney, ex giudice e presidente del Tribunale d’appello e già presidente della Commissione di ricorso sulla magistratura; Franco Lardelli, ex procuratore pubblico e già giudice del Tribunale d’appello; Stefano Manetti, avvocato e notaio; Luca Marcellini, già procuratore generale (il secondo pg dopo l’unificazione all’inizio degli anni Novanta delle Procure sotto e sopracenerina e l’istituzione del Ministero pubblico) e appunto Piffaretti-Lanz.
Torniamo al recente rendez-vous fra la ‘Giustizia e diritti’ e gli esperti. «Ho avuto l’impressione di una commissione assai motivata e perfettamente consapevole dell’importanza dei suoi compiti e del suo ruolo. Non solo: mi è sembrata anche molto attenta alla propria indipendenza», rileva il capogruppo socialista in Gran Consiglio Ivo Durisch. Riprende Dadò: «Il colloquio tra i vari attori per quanto riguarda la nomina dei magistrati deve essere mantenuto chiaro e positivo, in modo da evitare che nascano equivoci. L’incontro è stato sicuramente di buon auspicio». Sulla stessa lunghezza d’onda Matteo Quadranti, anch’egli membro della ‘Giustizia e diritti’. «Credo che le premesse ci siano tutte per un dialogo costruttivo tra noi e i cinque esperti nominati lo scorso mese dal parlamento – afferma il capogruppo del Plr –. Come deputati abbiamo posto alcuni temi, fra questi l’eventuale introduzione degli assessment per gli aspiranti magistrati, l’eventuale inserimento nella Commissione di esperti di un perito in risorse umane e la possibilità di incontrare la stessa Commissione per approfondire i suoi rapporti sull’idoneità o la non idoneità del candidato. È stata – aggiunge Quadranti – una discussione interlocutoria, uno scambio di opinioni sui possibili miglioramenti del sistema di elezione dei magistrati». La commissione ‘Giustizia e diritti’ ha il compito di proporre al plenum del parlamento il o i candidati da nominare, tenendo conto ovviamente anche dei preavvisi ‘tecnici’ espressi dagli esperti.
La Commissione di esperti ha visto la luce con la Costituzione cantonale del 1997, che ha attribuito al Gran Consiglio la competenza di eleggere i magistrati (solo i giudici di pace vengono ancora designati dal popolo). “L’elezione avviene previo concorso e dopo che una Commissione di esperti indipendenti, nominata dal Gran Consiglio, ha esaminato e preavvisato le nuove candidature”, stabilisce la Carta ticinese. Uno degli obiettivi dei legislatori quando misero mano alla riforma totale della Costituzione era di rendere accessibile le cariche in magistratura anche a chi non era sponsorizzato da un partito. Tuttavia il manuale Cencelli, nonostante venga, a parole, ripudiato, continua a determinare la spartizione partitica delle poltrone a Palazzo di giustizia. E questo nonostante i tentativi negli anni di “spoliticizzare” il reclutamento delle toghe. Si torna comunque a parlare di una revisione del sistema vigente. Non è la prima volta. E verosimilmente non sarà l’ultima.