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Lupo e predazioni, il Plr: ‘Azioni più concrete’. I contadini: ‘Serve subito un cambio di passo’

Dopo l'aggressione ad Artore, Zanetti scuote il governo: ‘Basta rimandare’. Genini: ‘È un problema per tutto il territorio’. Ambrosetti: ‘Siamo soli’

L’emergenza continua
(Keystone)
16 luglio 2025
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Il lupo non è solo nei boschi, o a predare negli alpeggi. Non mette solo in ginocchio alcune aziende in valle, ma arriva a 15 metri da una fermata del bus poco sopra Bellinzona. E la preoccupazione, già sui livelli di guardia, aumenta. Dopo la notizia della predazione ad Artore, la politica e il mondo contadino infatti fanno sentire la loro voce con forza e scuotono il governo chiedendo azioni concrete.

Con ordine. A interrogare il Consiglio di Stato è il presidente dell’Alleanza patriziale e deputato del Plr Tiziano Zanetti che, a nome di tutto il gruppo liberale radicale in Gran Consiglio, alza la voce: “Negli ultimi anni, la presenza del lupo in Ticino è aumentata in modo significativo, causando un forte impatto sull’agricoltura di montagna – si legge nel testo dell’interrogazione –. Gli episodi di predazione ai danni del bestiame sono diventati sempre più frequenti, anche in prossimità dei centri abitati, come dimostrato dall’ultima aggressione ad Artore. Nonostante gli ingenti investimenti per mettere a norma gli alpeggi, molti allevatori si trovano in difficoltà e valutano l’abbandono dell’attività, con gravi conseguenze economiche, sociali e ambientali per il territorio”. Una situazione tutto tranne che incoraggiante.

‘Cresce il senso di frustrazione’

Come se non bastasse, ricorda Zanetti, “il quadro normativo federale limita il margine di manovra del Cantone, rendendo complessa l’attuazione di interventi efficaci e tempestivi. In questo contesto, cresce il senso di frustrazione tra gli operatori del settore e la richiesta di una presa di posizione chiara e di azioni concrete da parte delle autorità”.

Ciò detto, però, non si scappa: “La gestione del lupo in Ticino non può più essere rimandata o affrontata con misure parziali”, annota il granconsigliere Plr. E quindi, “è sempre più necessario un intervento deciso e coordinato che tenga conto sia della sicurezza delle persone sia della sopravvivenza dell’agricoltura di montagna, settore fondamentale per il territorio e la tradizione ticinese. Si chiede quindi una presa di posizione chiara e azioni concrete per evitare che la situazione degeneri ulteriormente”.

Le richieste al Consiglio di Stato

Le domande al governo vertono su “quali azioni immediate intenda intraprendere a seguito dell’ultima aggressione avvenuta ad Artore per garantire la sicurezza della popolazione e la tutela degli allevatori” e su “quanti interventi di regolazione dei branchi di lupo sono stati autorizzati e realizzati nel 2024 e quali sono i criteri utilizzati per decidere tali interventi”. Sempre riguardo agli interventi, il Plr chiede al governo se “intende aumentare la quantità di interventi, in particolare nelle zone dove la convivenza risulta insostenibile” e, una volta per tutte, “qual è il margine di manovra effettivo del Cantone nella gestione del lupo, alla luce delle normative federali e delle recenti modifiche legislative”. E se, a fronte di ciò, “il Cantone ha richiesto ulteriori deroghe o intende sfruttare appieno le possibilità offerte dalla legge per agire in modo più incisivo”.

Finito? No. Zanetti chiede al governo, retoricamente beninteso, se “è consapevole che la tendenza in atto porterà alla cancellazione dell’agricoltura di montagna in modo irreversibile” e “in che modo il Consiglio di Stato intende sostenere gli allevatori che, nonostante gli investimenti per mettere a norma gli alpeggi, non riescono a garantire la protezione del bestiame. E sono previste nuove misure di risarcimento o di supporto per le aziende agricole colpite?”.

Infine, l’interrogazione liberale radicale chiede “a che punto sono la redazione e l’attuazione del Piano cantonale di gestione e regolazione del lupo e quali saranno le misure concrete previste a breve termine? Quali sono le tempistiche e le modalità di coinvolgimento degli attori del settore?”.

LA REAZIONE/1

‘Situazione ormai fuori controllo’

Non usa giri di parole nemmeno Sem Genini, segretario dell’Unione contadini ticinesi (Uct): «Predazioni come quella recente di Artore ci ricordano come il lupo non sia una presenza e un problema limitato alle regioni di montagna, ma sia diffuso in tutto il territorio ticinese». Poche storie, per Genini «non si può parlare di gestione complicata del lupo, ma di un problema ormai fuori controllo. Una situazione che altri Paesi hanno vissuto prima di noi. Purtroppo, in Ticino, non siamo stati capaci o non si è voluto imparare per tempo. Il lupo si è ormai adattato all’uomo e non ha più alcun timore».

La soluzione per il segretario dell’Uct è quindi una sola: «Bisogna cambiare rotta, innescare alcune marce più alte e iniziare veramente con misure attive, quali gli abbattimenti. Tutte le altre misure, quelle passive, come recinzioni e cani da pastore, le uniche che finora vengono portate avanti, hanno mostrato tutti i loro limiti». Anche la politica cantonale, per Genini, ha le sue colpe. «Da anni mettiamo in guardia e denunciamo la situazione e chiediamo, anche come parlamento, delle misure concrete a tutela soprattutto delle greggi non proteggibili che sono la stragrande maggioranza in Ticino. Purtroppo c’è sempre un appiglio, una postilla, un qualcosa di legale che impedisce di essere incisivi. Oltre al fatto che negli ultimi 25 anni non si è fatto niente di innovativo, di diverso, neanche a livello di ricerca, tranne i collari con feromoni sviluppati da privati i cui veri benefici sono però ancora da studiare in maniera approfondita. Si è fatto troppo poco e si è aspettato che la situazione degenerasse e ora, con quanto si propone sia a livello federale che cantonale, si sta abdicando. La fine dell’alpicoltura ticinese è già iniziata. E nessuno se ne prenderà le responsabilità».

A proposito di politica federale, a inizio maggio il Consiglio nazionale ha respinto una mozione del consigliere agli Stati ticinese Fabio Regazzi in cui si chiedeva, tra le altre cose, la possibilità di cacciare questo canide sulla base di quote di abbattimento definite, di consentire una regolazione differenziata secondo le regioni, nonché la possibilità per i Cantoni di istituire zone senza lupi ‘wolf free’. La maggioranza (risicata, 98 contrari e 93 favorevoli) ha però respinto la proposta. Il motivo: si vuole aspettare di vedere quali risultati ha prodotto la nuova legge sulla caccia in vigore da febbraio. «È veramente un grande peccato – commenta amareggiato Genini –, erano proposte eccellenti. Anche l’Unione europea ha aspettato, aspettato e ancora aspettato molti anni per declassare la protezione del lupo, perdendo tempo e risorse preziose a puro discapito degli allevatori. Forse in altri cantoni c’è ancora tempo, anche se in pochi, non di certo in Ticino. Il nostro territorio e la nostra morfologia sono molto specifici e diversi dagli altri cantoni. Un recente rapporto del Cantone, condotto su tutte le aziende ovi-caprine ticinesi ha dimostrato che il 74% degli alpeggi caricati a ovini e il 79% di quelli con capre non munte nel nostro cantone non è ragionevolmente proteggibile di notte, e addirittura il 94% di capre e pecore non lo è durante il pascolo di giorno. Per queste aziende, che sono le più vulnerabili, è imperativo fare qualcosa di concreto. Il tempo delle parole deve finire. Altrimenti sarà la loro fine». Le conseguenze, in ogni caso, già ci sono.

‘Numerose aziende hanno già chiuso i battenti’

Afferma il segretario cantonale dell’Uct: «Gli effetti sono già ben visibili e sono davvero numerose le aziende che hanno chiuso i battenti o che non caricano più gli alpeggi negli ultimi anni a causa del lupo, con enormi fette di territorio, per esempio in Leventina o Vallemaggia, senza più animali da reddito. Un abbandono degli alpeggi con ripercussioni drammatiche sia sul territorio che per il turismo. Il bosco continuerà ad avanzare, il paesaggio perderà attrattività e biodiversità e gli ingenti investimenti fatti per la riqualifica degli alpeggi andranno persi». C’è poi un altro aspetto che Genini ci tiene a rimarcare: «Quanti esemplari in circolazione sono davvero lupi purosangue e quanti degli ibridi? Perché le possibilità di ibridazione sono molteplici, anche per altri animali domestici: basti pensare che, per legge, un cane è tale se ha meno del 25% di Dna di lupo, altrimenti si entra nell’illegalità. E gli ibridi tra animali domestici e selvatici devono essere abbattuti. Di questa tematica si parla poco, tuttavia alla luce del comportamento sempre meno schivo e irriverente dei lupi è di grande attualità». Guardando alle cifre, quest’anno è già un anno da record assoluto di attacchi predatori così come di animali morti. Finora i capi predati registrati ufficialmente sono quasi 120 (l’anno scorso erano 33), malgrado la diminuzione degli alpeggi e degli animali caricati. Spiccano i numerosi attacchi a caprini, più che triplicati rispetto all’anno scorso. «I lupi hanno rapidamente imparato a scavalcare le recinzioni e a predare di giorno. La miscela esplosiva dell’aumento incondizionato dei predatori, più che raddoppiati rispetto al 2022, e del loro adattamento alle misure passive di protezione, sta sfociando in un vero e proprio disastro».

LA REAZIONE/2

‘Noi abbandonati anche dalla popolazione’

A prendere posizione è pure Alice Ambrosetti, che da noi interpellata commenta la recente predazione ad Artore. A nome del comitato dell’Associazione donne contadine ticinesi, Ambrosetti va giù dura: «Nel servizio del ‘Quotidiano’ si è detto che la questione lupo è tornata di stretta attualità, ma è difficile, per chi vive nel mondo agricolo, non indignarsi di fronte a questa frase che non considera che il lupo è sempre d’attualità, che fa parte della quotidianità di chi lavora con ovini e caprini e che ripetutamente ritrova i propri animali squartati e dilaniati dal lupo. Le predazioni negli alpeggi sono diventate talmente frequenti che non fanno nemmeno più notizia, il lupo ha dovuto superare il confine della città affinché quasi tutti i media ne parlassero ancora».

‘È troppo tardi reagire quando il lupo entra in casa’

L’attacco è diretto, da parte del comitato dell’Associazione donne contadine ticinesi. E Ambrosetti tuona: «Le agricoltrici e gli agricoltori si sentono abbandonati non solo dalla politica, che non sta facendo nulla di concreto contro la sparizione dell’agricoltura così come la si conosce oggi, ma anche dalla popolazione, la quale solo quando il lupo si avvicina troppo inizia ad averne paura. Una paura fondata che però – afferma la presidente dell’Associazione – dovrebbe esistere già da anni, ossia da quando il lupo è diventato, assieme ad altre sfide come i prezzi al consumo e il cambiamento climatico, uno dei fattori di distruzione dell’agricoltura. La sparizione di aziende agricole e di alpeggi deve far paura perché l’agricoltura concerne tutte e tutti». L’agricoltura, riprende Ambrosetti, «produce alimenti, preserva il paesaggio, perpetua tradizioni e conserva patrimonio. È troppo tardi reagire al lupo quando entra in casa, ma bisogna agire prima e considerare che le predazioni negli alpeggi sono gravi quanto quelle a 15 metri di distanza da una fermata del bus. Bisogna diventare consapevoli di questa interconnessione tra città e montagna e tra agricoltura e consumatori, oppure l’agricoltura come la si conosce oggi, ossia rispettosa dei ritmi, degli animali e dei territori, non esisterà più».

Insomma, questo è un appello «a chi sta aspettando di trovarsi il lupo nel proprio giardino per interessarsene: abbiatene paura già ora, e si reagisca, perché le conseguenze si stanno già pagando».