Il mese di giugno non è stato positivo nonostante il bel tempo. Cadenazzi (Federviti): ‘Contesto complicato, ma il cliente ticinese è fedele’
Il consumo di vino è in calo. A livello nazionale nel 2024 è stata registrata una diminuzione dell’8 per cento. Diminuzione che, secondo le statistiche, colpisce soprattutto i vini svizzeri. Anche quest’anno, come ci confermano diversi produttori locali, la tendenza non sembra essersi invertita. Anzi, nonostante un mese di giugno segnato dal bel tempo – con la meteo che incide molto sui consumi, specialmente d’estate – le vendite hanno registrato una flessione. «Il contesto è sicuramente complesso – ammette il presidente di Federviti Davide Cadenazzi –. Sono diverse le cause che si sommano e mettono sotto pressione il nostro settore. Un settore che nonostante tutto gode ancora della fiducia dei consumatori ticinesi». Motivo per cui «guardiamo al futuro con fiducia. Gli ultimi eventi, penso ad esempio a Cantine aperte, hanno dimostrato che l’attaccamento al vino ticinese c’è ancora. Eccome se c’è». Da qui la volontà di rendersi sempre più proattivi: «Bisogna saper mettere il bicchiere in mano al consumatore e, allo stesso tempo, fargli capire cosa c’è in quel bicchiere».
Interesse del consumatore che resiste, ma che si confronta con un potere d’acquisto in calo. «Se una volta le persone andavano via dalle cantine con i cartoni di vino sottobraccio, ora acquistano magari solo una o due bottiglie», afferma Cadenazzi. «Certo, il numero di piccoli produttori è aumentato e l’offerta si è diversificata. C’è più concorrenza e le persone differenziano gli acquisti. Ma una difficoltà nel poter spendere mi pare evidente. Aumentano le casse malati, le assicurazioni e altre spese fisse. La gente taglia quindi prima sui piaceri da concedersi, e il vino o le uscite a cena al grotto sono tra questi».
Un calo dei consumi significa, ovviamente, un calo delle vendite. A rallentare è però tutta una filiera. «Le cantine, specialmente quelle grosse, ritirano l’uva dei viticoltori a un prezzo al momento stabilito – spiega Cadenazzi –. Avanti di questo passo è però inevitabile che qualcuno si trovi costretto a rivedere le tariffe o i quantitativi e questo potrebbe minacciare qualche attività. Probabilmente i primi a essere abbandonati saranno i vigneti più discosti, quelli impegnativi da curare ma che sono anche importanti per mantenere integro il territorio».
Ci sono però anche altri fattori che non aiutano il settore vitivinicolo. Tra questi: le numerose campagne di sensibilizzazione al consumo di bevande alcoliche. «È una tematica importante, e ci mancherebbe – mette in chiaro il presidente di Federviti –. Ma non bisogna fare di tutta l’erba un fascio e demonizzare il vino che, se bevuto con moderazione, ha anche dei benefici. È inoltre una bevanda che rappresenta storia, cultura e territorio».
C’è poi un mercato sempre più difficile. La scelta, specialmente nella grande distribuzione è molto ampia e il cliente si è abituato ad avere sempre molte etichette in offerta. «Per chi non cerca una bottiglia precisa, ci si è quasi abituati ad acquistare scegliendo tra quello che è scontato. Ciò mette ancora più pressione sui produttori, specialmente tra i piccoli che non possono concedersi di partecipare a una concorrenza al ribasso così sfrenata».
E sulla concorrenza estera, che per il Ticino è rappresentata soprattutto dall’Italia? «C’è sempre stata e i produttori sanno conviverci. Questo grazie anche all’attenzione del cliente ticinese verso il prodotto locale. Un’attenzione che resiste nel tempo».
A dirsi decisamente più preoccupata della concorrenza straniera è l’Associazione svizzera viticoltori-vinificatori. Nelle scorse settimane, attraverso un duro comunicato, l’Associazione ha criticato l’accordo di libero scambio tra la Svizzera e il Mercosur, ovvero lo spazio economico che raggruppa Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay. “Dappertutto in Svizzera si assiste alla stessa cosa: la viticoltura è in crisi – si legge nel comunicato –. Il calo dei consumi è sicuramente un problema, ma non il principale”. La minaccia numero uno, per l’Associazione svizzera viticoltori-vinificatori è rappresentata dai vini stranieri. Una concorrenza che con il nuovo accordo siglato con i paesi del Mercosur, secondo l’Associazione, rischia di peggiorare: “Le considerazioni (Agri 30.05.2025) secondo cui i ‘contingenti tariffari’ rappresenterebbero una protezione delle frontiere sono errate, poiché si basano su premesse errate. Al contrario, questi contingenti tariffari aumentano la concorrenza sleale dei vini stranieri. In effetti, il vino viene importato a tariffe più basse fino all’esaurimento del contingente, grazie al quale il mercato svizzero viene inondato di vino a prezzi indecenti. I viticoltori svizzeri non sono in grado di contrastare questa situazione a causa dei costi di produzione”. Tra gli esempi citati: salari, condizioni, affitti e assicurazioni. Cosa fare quindi? “Una prima misura – suggerisce l’Associazione – può essere introdotta rapidamente: L’assegnazione dei diritti di importazione solo ai commercianti che si impegnano a vendere anche vini svizzeri. Questa misura è già stata approvata dal Consiglio federale nel 2014 per il mercato della carne; ora chiediamo che venga introdotta anche per il vino. Chiediamo che i contingenti tariffari siano assegnati in base al contributo alla produzione svizzera. Gli importatori devono essere incentivati a vendere vini svizzeri per rafforzare il mercato locale”.