Lo evidenziano i dati raccolti dall’annuale monitoraggio realizzato fra aprile e giugno tra chi stava concludendo la propria formazione professionale
Ancora prima di concludere l’apprendistato, due terzi dei giovani hanno già definito il loro percorso, trovando un impiego oppure scegliendo di proseguire gli studi. È un dato incoraggiante, ma non privo di insidie, quello che emerge dall’annuale monitoraggio della transizione tra la conclusione della formazione professionale di base e le prospettive future realizzato dalla Divisione della formazione professionale (Dfp) del Decs, il Dipartimento educazione, cultura e sport. L’indagine, condotta tra aprile e giugno di quest’anno e pubblicata stamane, si pone come obiettivo quello di offrire una panoramica delle aspettative e dei desideri dei giovani al termine del loro percorso formativo. Tra i dati salienti, anche il fatto che oltre la metà dei giovani che hanno partecipato all’analisi (al sondaggio annuale hanno risposto 940 apprendisti alla vigilia del diploma) vorrebbe fare in futuro un soggiorno linguistico oppure uno stage professionale in Svizzera o all’estero.
Come detto, due giovani su tre hanno le idee in chiaro. Nel dettaglio, il 41% ha trovato un impiego prima di concludere la formazione professionale, mentre il 24% proseguirà gli studi in una Scuola universitaria professionale (Sup) o in una Scuola specializzata superiore (Sss), con un corso passerella oppure con un anno integrativo per ottenere la maturità professionale. Rispetto al 2024, è inoltre stabile la quota di chi ha già firmato un contratto di lavoro. A calare è tuttavia l’interesse per gli studi (-5%). A leggere questo dato ci aiuta Angela Cattaneo, collaboratrice scientifica dell’Ufficio della formazione continua e dell’innovazione. «Negli ultimi anni – illustra – c’è in effetti stato un calo di chi decideva di continuare a studiare. Questo non implica però a mio modo di vedere una diminuzione dell’interesse verso gli studi, quanto piuttosto un aumento dell’entrata diretta nel mondo del lavoro dopo l’apprendistato». Esatto, perché dal 2021 in poi, prosegue, «si osserva una tendenza all’aumento di chi trova nell’immediato un posto di lavoro. È una questione anche di opportunità e di esperienza: da ormai qualche anno i giovani apprendisti hanno capito che la professione in cui si stanno formando non sarà per forza la stessa per tutta la vita». Un dato che fa riflettere. «Si parla molto – aggiunge Cattaneo – di formazione continua. È un continuo formarsi, migliorarsi, anche in settori diversi. Dal 2007 in avanti, oltre a una diminuzione della ricerca di un posto di lavoro, si osserva anche un calo di chi non ha ancora fatto nessuna scelta». Per Cattaneo, «entrambe queste tendenze sono legate tra loro e possono essere dovute a diversi fattori, tra cui il fatto che i futuri neoprofessionisti siano più seguiti a livello di orientamento professionale, ma anche che il contesto lavorativo attuale sia impegnativo».
Dai risultati del monitoraggio emerge che, tra chi ha già trovato lavoro, il 90% sarà impiegato nella professione appresa, con un significativo aumento di coloro che restano nell’azienda di formazione: l’83%, rispetto al 73% dell’anno scorso. «È molto positivo che chi abbia trovato un posto lo abbia fatto nell’azienda formatrice», afferma Cattaneo. E spiega: «Vuol dire che i datori di lavoro formano con l’intenzione di tenere questi giovani. Si tratta di una tendenza riconducibile al periodo post-pandemico. Il Covid non solo ha creato un forte cambiamento, ma anche una riflessione importante sul personale formato in azienda: formare bene un apprendista fa sì che poi valga la pena tenerlo in azienda». Ad aiutare, precisa Cattaneo, che «anche il Decs negli anni si sia speso molto sulla sensibilizzazione dei datori di lavoro su questo tema. Questo è proprio emblematico del fatto che la formazione professionale offra delle reali opportunità». A livello di durata dei contratti, il 69% dei rispondenti verrà assunto a tempo indeterminato, mentre il 27% inizierà con un contratto a termine. Tra gli apprendisti c’è anche chi intraprenderà da subito un’attività indipendente: si tratta di quattordici giovani. “Un dato – viene osservato nello studio – che testimonia la presenza, seppur minoritaria, di uno spirito imprenditoriale tra le nuove leve”. Per l’accesso al mondo del lavoro, l’apprendistato in azienda fa poi la differenza. I dati evidenziano in effetti alcune differenze tra i percorsi formativi: il 49% dei giovani che hanno svolto un apprendistato in azienda ha già trovato lavoro o è in attesa di conferma, rispetto al 19% di chi conclude la formazione a tempo pieno. Allo stesso tempo, questi ultimi sono più propensi a proseguire gli studi (46% rispetto al 14% degli apprendisti in formazione duale).
Anche tra chi non ha ancora preso una decisione definitiva, circa un terzo dei rispondenti, l’indagine riscontra un “atteggiamento proattivo, caratterizzato da scelte temporanee ma orientate a costruire il proprio futuro”. Ovvero: tra coloro che hanno risposto al sondaggio, diversi giovani stavano ancora cercando attivamente un lavoro (19%), altri intendono svolgere il servizio militare, alcuni rimarranno temporaneamente in azienda o cercheranno impieghi part-time, altri ancora prevedono di frequentare corsi di lingua o di partire per un’esperienza all’estero. Il sondaggio conferma in tal senso l’importanza attribuita alla conoscenza delle lingue straniere. Oltre la metà dei giovani che hanno risposto vorrebbe fare un soggiorno linguistico all’estero e il 42% vorrebbe svolgere uno stage fuori cantone o all’estero. Il tedesco resta la lingua più richiesta (68%), con una forte attrazione per Zurigo, Berna e Lucerna. Un giovane su cinque vorrebbe partire all’estero, nel Regno Unito e negli Stati Uniti, per migliorare l’inglese.
C’è poi ampia soddisfazione rispetto alla formazione intrapresa. L’85% dei giovani che hanno partecipato al sondaggio si dichiara soddisfatto del percorso formativo seguito, che risponde alle loro aspettative. Il restante 15%, che si dice poco o per nulla soddisfatto, propone di incrementare la qualità dell’insegnamento, la motivazione dei docenti come pure dei formatori in azienda e di migliorare l’allineamento tra gli apprendimenti scolastici e la realtà lavorativa. “Riscontri – si assicura – che verranno tenuti in considerazione”.
Da sottolineare il fatto che dal 2020 in poi sono emerse nuove tendenze nelle scelte operate dai giovani al termine della formazione professionale. Scelte che tra il 2007 e il 2019 sono rimaste relativamente stabili, ma che negli ultimi anni hanno conosciuto variazioni importanti. Più precisamente, la percentuale di giovani che trova subito un’occupazione è cresciuta sensibilmente, superando il 40% già nel 2021 e mantenendosi poi su valori elevati. Di conseguenza la quota di chi è alla ricerca di un lavoro è diminuita in modo marcato, fino a scendere sotto il 15%. «Per leggere questi dati – rileva Cattaneo – è importante ricordare che proprio in questi anni sono gradualmente stati introdotti i vari tipi di maturità professionale: da quella tecnica si sono aggiunte quella commerciale, poi quella sociosanitaria e infine quella nel settore del verde e del paesaggio. Questa moltiplicazione delle maturità professionali ha così aperto ai giovani le porte delle Sup e delle Sss». Non solo. Le intenzioni di proseguire gli studi, dopo un aumento progressivo fino al 2020, passano dal 33% a circa il 23%.