Alla vigilia delle ferie del settore, il direttore della Ssic Bagnovini: ‘No a un calo degli investimenti, e sul nuovo Contratto nazionale sarà battaglia’
Dal 1° agosto l’edilizia andrà in ferie e lo farà con umori variabili, a seconda delle attività. Se le commesse pubbliche sono aumentate, il timore per il calo degli investimenti resta ancora alto. Passando attraverso molti altri temi, il direttore della sezione ticinese della Società svizzera impresari costruttori Nicola Bagnovini, a colloquio con ‘laRegione’, fa il punto della situazione.
Con che spirito va in vacanza quest’anno l’edilizia?
Con lo spirito di vivere vacanze che sono una particolarità del Ticino, e sono sempre molto attese dagli operatori del settore principale della costruzione. Due settimane consecutive di meritate ferie per tutti (dirigenti, quadri, maestranze e altri addetti ai lavori) che, quando possibile e in particolare per gli ultracinquantenni che dispongono di 6 settimane di vacanza all’anno, spesso diventano tre. Ciò consente a molti lavoratori di tornare ai loro Paesi di origine per il tradizionale ricongiungimento con parenti e conoscenti.
Le preoccupazioni dello scorso anno in merito a commesse pubbliche e riserve di lavoro sono ancora presenti?
L’umore con cui le imprese si apprestano a concludere questa prima parte dell’anno varia parecchio a seconda dell’attività svolta. Il settore dell’edilizia registra infatti buoni segnali congiunturali, con riserve di lavoro vicine ai 6 mesi. Il genio civile, la sottostruttura e la pavimentazione stradale stanno invece attraversando un periodo di maggiore incertezza, nonostante la presenza di grandi cantieri infrastrutturali, come al San Gottardo per la costruzione del secondo tunnel stradale, e dei vari interventi alla rete autostradale. La Ssic Sezione Ticino si batte da sempre per fare in modo che le gare di appalto vengano scorporate in lotti accessibili, per dimensioni, a un buon numero di imprese ticinesi e questo approccio potrebbe migliorare la situazione in prospettiva futura. Il numero di appalti pubblicati sul Foglio Ufficiale è finalmente aumentato negli ultimi due trimestri e questo è un segnale positivo che apprezziamo. Siamo comunque ancora ben al di sotto della media del triennio pre-pandemia e dunque occorre mantenere una buona quota di investimenti a livello di Confederazione, Cantone, Comuni e Aziende di servizio, specialmente nella manutenzione delle infrastrutture e degli immobili pubblici.
Sempre parlando di preoccupazioni, ne sono subentrate altre?
Sì, una è emersa nelle ultime settimane e riguarda il basso numero di nuovi contratti per apprendisti muratori. Lo scorso giugno si sono presentati all’esame di fine tirocinio 60 ragazzi e finora sono stati sottoscritti solo 24 nuovi contratti. È un vero peccato se si considerano le ottime condizioni di lavoro nel nostro settore e le belle opportunità di carriera esistenti nella specializzazione oppure di perfezionamento professionale nell’edilizia. Nei prossimi mesi cercheremo di riattivare l’attenzione dei giovani e delle famiglie verso i nostri apprendistati.
Se guarda alla ripresa, invece, che autunno si aspetta? Quali sono le principali sfide che attendono il settore?
Sarà un autunno caldo sia sul piano nazionale che su quello cantonale. Il Contratto nazionale mantello dell’edilizia principale (Cnm) e quello cantonale (Ccl-Ti, che rappresenta un’estensione regionale alle disposizioni nazionali) sono infatti in scadenza a fine 2025. I sindacati non si sono fatti attendere con le loro esagerate rivendicazioni, che comporterebbero aumenti salariali superiori al 10%, e lo hanno fatto ancora prima di sedersi al tavolo delle trattative, mediante manifestazioni di piazza a Zurigo e Losanna. Durante il primo incontro di trattative svoltosi a Zurigo lo scorso 7 luglio, la delegazione nazionale della Ssic, della quale fa parte anche il nostro presidente cantonale Massimo Cereghetti, ha innanzitutto dichiarato di volere un nuovo Contratto nazionale mantello che sia di obbligatorietà generale; snello e trasparente, mantenendo gli attuali buoni salari minimi; che ponga le basi per un mondo del lavoro moderno e che dia la necessaria libertà nella gestione del tempo di lavoro a imprenditori e dipendenti. Dopo 60 anni di continue modifiche e aggiunte, la complessità degli attuali Contratti collettivi non è più sostenibile. L’altra grande sfida che ci occuperà riguarda la carenza di manodopera qualificata. Un problema molto sentito anche sul piano nazionale. In Ticino, i cambiamenti riferiti alla tassazione dei nuovi frontalieri non aiutano di certo a reperire la manodopera ma, al di là di questo, il settore della costruzione dovrà riuscire ad attrarre un numero maggiore di giovani motivati, iniziando dalla formazione di base per poi promuovere le numerose specializzazioni o possibilità di carriera. Il tempo stringe e il pre-pensionamento a 60 anni accorcia il periodo di attività per tutte le maestranze.
La recente decisione governativa di passare da Claudio Zali a Norman Gobbi la responsabilità della Divisione delle costruzioni porterà qualche cambiamento secondo lei? Cosa si aspetta in generale dal governo?
Per quanto ci riguarda, l’aspetto più importante è che il governo continui a perseguire una politica di promozione degli investimenti essenziali per il Cantone e per i servizi che questo è chiamato a garantire. Si pensi, ad esempio, alle infrastrutture per la mobilità, alla logistica legata alla formazione o alle opere di protezione contro i pericoli naturali. È evidente a tutti che la linea seguita in questi anni debba non solo essere confermata, ma possibilmente rafforzata. In questo senso, sono convinto che il Consiglio di Stato, indipendentemente dalla ripartizione delle competenze, che rientra peraltro esclusivamente nelle sue prerogative, manterrà la rotta. D’altra parte, in questi anni è stato piuttosto il parlamento a rimettere in discussione taluni investimenti, mentre i consiglieri di Stato e l’Amministrazione hanno dimostrato, nella maggior parte dei casi, una visione chiara sulle necessità di sviluppo, e quindi di investimento, per il nostro cantone.
A proposito di investimenti, il Preventivo 2026 sembrerà essere lacrime e sangue. Quanto è rischioso per lei che calino ancora?
Il rischio è purtroppo reale. Premesso che finanze pubbliche sane sono la condizione per uno Stato capace di reagire in modo efficace alle esigenze della società, come abbiamo visto, ad esempio, durante la pandemia, è fondamentale evitare il rischio dei cosiddetti “falsi risparmi” penalizzando gli investimenti. Se da un lato può apparire più semplice ridurre questi ultimi, rispetto alla spesa corrente, per riequilibrare i conti nel breve termine, dall’altro lato bisogna considerare che nel lungo periodo si generano debiti occulti. In ogni caso, prima o poi, tali investimenti saranno comunque necessari, sicuramente con costi superiori, poiché il degrado di infrastrutture e edifici non segue un’evoluzione lineare, ma tende ad accelerare nel tempo, rendendo gli interventi conservativi più urgenti e onerosi.