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Don Leo, l'accusa chiede cinque anni e sei mesi

Al processo in corso a Lugano arriva la proposta di pena formulata dalla pp Tuoni a carico del religioso accusato di reati sessuali

Il dibattimento si è aperto questa mattina a Lugano
(Ti-Press)
14 agosto 2025
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Cinque anni e sei mesi di carcere, con l’obbligo di seguire una terapia ambulatoriale durante la reclusione. È la pena chiesta dalla procuratrice pubblica Valentina Tuoni – la sua requisitoria al processo in corso a Lugano è appena terminata – nei confronti di don Rolando Leo, il 56enne ticinese ex cappellano del Collegio Papio di Ascona, già responsabile dell’Ufficio insegnamento religioso scolastico e già attivo nella Pastorale giovanile, chiamato a rispondere di ripetuta coazione sessuale, atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere, ripetuti atti sessuali con fanciulli e ripetuta pornografia. Tale la sfilza di reati contestatigli dalla pp Tuoni. Che ha inoltre chiesto alla Corte, presieduta dal giudice Amos Pagnamenta, di interdire il sacerdote e docente da attività a contatto con minorenni.

Nove le presunte vittime all’epoca dei fatti: quattro minorenni e cinque maggiorenni. Già, i fatti. Secondo quanto appurato dall’accusa, sarebbero avvenuti tra il 2015 e il 2023. In più luoghi: nella casa parrocchiale di Bellinzona, in un appartamento a Lugano, al Monastero di Claro durante un ritiro spirituale, al Collegio Papio, a Losanna. Poi nel 2024 la segnalazione che ha fatto partire l’inchiesta penale: la segnalazione di chi, diciannovenne all’epoca degli episodi, aveva subito le malsane attenzioni del presbitero. Arrestato il 7 agosto dello scorso anno, don Leo è in espiazione anticipata dal 15 novembre.

‘L'imputato: mi sentivo invincibile’

Il sacerdote, camicia a quadri e pantaloni beige, si materializza nell’aula penale del Palazzo di giustizia di Lugano poco prima delle 9.45. «Ho fatto prevalere l'emotività sulla ragione. Ho ascoltato solo me stesso e non ho saputo fermarmi – dice – Mi sentivo invincibile, pensavo di curare i mali di tutti anche con i massaggi. Ma era assurdo. Non dovevo farli. Ho tradito la loro fiducia». Quella delle sue vittime. I massaggi appunto. Spacciati per "tecniche di rilassamento" per alleviare ansia e agitazione dei giovani, come si legge nell'atto d'accusa. Massaggi durante i quali l'avambraccio del prete toccava i genitali dei ragazzi, “con movimenti masturbatori". Lui in aula, il presbitero, riconosce solo una parte degli episodi imputatigli. Non la pensa così la pubblica accusa.

‘Spregiudicato e affetto da un senso di impunità’

E nella requisitoria Tuoni ha parole dure. Definisce quello del sacerdote un comportamento seriale, ben strutturato: «Sceglieva le sue vittime con cura, creava un rapporto stretto per poi metterle in situazioni ambigue, confondendo i giovani e usandoli le vittime che riponevano in lui tanta fiducia». Quella di don Leo, prosegue la pp, è una colpa molto grave, per il numero di atti, il numero di vittime, la loro giovane età. Per il suo comportamento attivo nel cercare la loro fiducia, per confonderli e poi fare ciò che voleva. In sintesi, un uomo «spregiudicato e affetto da un senso di impunità». Per anni, ha incalzato Tuoni, il sacerdote «ha alimentato la sua attrazione sessuale verso i giovani consumando pornografia e passando all'atto quando la vittima era quella giusta». Al banco degli imputati don Leo ascolta con gli occhi socchiusi.

‘Abusi tra una preghiera e l’altra’

In mattinata interviene anche l'avvocato Felice Dafond, uno dei patrocinatori delle vittime costituitesi accusatrici private. «Don Leo ha approfittato vergognosamente della famiglia di questo adolescente, una famiglia che gli aveva aperto la propria casa e con la quale aveva rapporti stretti. Per loro – aggiunge Dafond, chiedendo alla Corte la conferma integrale dell'atto d'accusa e il risarcimento danni – il sacerdote era un confessore, una persona di riferimento. In realtà era un abile manipolatore. Ha agito su un ragazzino di dodici anni (i fatti sarebbero accaduti nella camera del giovane, ndr) tra una preghiera e l'altra». Don Leo aveva sposato i genitori e celebrato il battesimo e la cresima della vittima...

Don Leo, che il perito giudiziario ha definito affetto da un disturbo parafilico non esplosivo, con un lieve rischio di recidiva. Ma capace di intendere e di volere al momento dei fatti imputatigli.

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