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Cassa malati unica federale, ‘come Ticino è importante poter dire la nostra’

L’Associazione per la difesa del servizio pubblico propone sabato a Bellinzona una giornata studio con vari esperti e ospiti ‘anche di opinioni diverse’

Anna Biscossa, Franco Cavalli, Graziano Pestoni, Edoardo Cappelletti
26 agosto 2025
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«Un onere sempre più insopportabile per molte famiglie», «una situazione che incide non soltanto sul borsello della cittadinanza ma anche sul diritto stesso alla salute», «un sistema che rischia di implodere». È uno scenario decisamente cupo – come peraltro trasversalmente riconosciuto – quello generato in Svizzera dall’esplosione dei costi della salute e dei premi di cassa malati e messo a fuoco dall’Associazione per la difesa del servizio pubblico (Asp) e dal sindacato Vpod Ticino nel presentare la ‘Giornata di studio su una cassa malati federale unica’ prevista per sabato 30 agosto. L’appuntamento è per le 8.30 alla Casa del popolo a Bellinzona dove con il contributo di numerosi esperti – «anche di opinioni diverse», specificano gli organizzatori – si intende approfondire una serie di aspetti: si partirà con una retrospettiva storica sulla LAMal e un confronto con i sistemi sanitari esteri, a cui seguiranno la presentazione dei diversi modelli di cassa malati unica, una riflessione sull’etica e sul futuro della sanità, e interventi di esponenti di differenti partiti, sindacati e associazioni. Infine, alle 15.30, si terrà un dibattito pubblico tra il presidente Uss Svizzera Pierre-Yves Maillard; il medico-oncologo Franco Cavalli; il consigliere nazionale Udc Paolo Pamini; e Ivo Giudicetti dell’associazione mantello degli assicuratori malattia prio.swiss.

Per illustrare la gravità della situazione, il presidente dell’Asp Graziano Pestoni ha ricordato alcuni dati emblematici: dal 1996 i premi di cassa malati sono aumentati del 242% a fronte di una crescita degli stipendi del 24% e di pensioni spesso diminuite. «Oggi una famiglia di quattro persone spende in media oltre 22mila franchi all’anno per l’assicurazione sanitaria, una cifra insostenibile, specialmente per la classe media che non riceve contributi pubblici», ha detto Pestoni, sottolineando che «in Svizzera i due terzi della spesa sanitaria sono assunti direttamente dalle famiglie mentre in molti altri Stati l’ente pubblico paga la quasi totalità della spesa grazie alle imposte che vanno in base al reddito. Non a caso da noi sta aumentando la percentuale di popolazione che non si reca più dal medico per ragioni finanziarie». Le critiche di Pestoni vanno alle istituzioni e alla maggioranza delle forze politiche che non hanno proposto soluzioni concrete opponendosi a qualsiasi iniziativa col mantra del «costerebbe troppo», e questo in un Paese che «trova i soldi per tutto – sgravi ai ricchi, nuove strade, aerei di dubbia utilità – tranne che per garantire l’accesso alle cure». Il lancio di un’iniziativa popolare per una cassa malati unica con premi basati sul reddito che è in preparazione a livello federale «oltre a offrire una valida soluzione alle famiglie, potrebbe avere un ruolo importante a livello dei costi della salute», commenta il presidente Asp.

Benché le decisioni siano da prendere a livello federale, «il Ticino che negli ultimi quattro anni si è visto aumentare i premi di quasi il 40% deve poter dire la sua e tirare le giacchette a chi di dovere affinché si trovino soluzioni efficaci e rapide, perché la sopportabilità della popolazione è oltre il limite», ha dal canto suo affermato Anna Biscossa. «La nostra associazione – ha dichiarato in qualità di membra di comitato Asp – non può accettare che si speculi sulla salute. Il binomio economia-medicina, in cui la prima dovrebbe essere il mezzo e la seconda il fine, si è trasformato in una relazione molto pericolosa per cui la medicina è diventata il mezzo per fare profitti».

Sulla stessa linea d’onda il cosegretario generale Vpod Edoardo Cappelletti che ha premesso come la cassa malati unica sia una rivendicazione storica del movimento sindacale, sostenendo che le bocciature sul tema «sono occasioni mancate che tuttavia, alla luce del progressivo aumento dei premi, confermano la validità della nostra analisi e la necessità di un cambiamento del sistema». Anche per Cappelletti la sanità non deve soggiacere alle logiche del mercato, «semmai a una logica di diritti. Quindi a una logica per cui lo Stato non si riduce a semplice spettatore o regolatore del sistema sanitario, ma interviene per garantire il diritto a una salute accessibile. Un disegno non conciliabile con una delega ad attori privati in concorrenza tra loro come le casse malati».

A esprimere la convinzione che il sistema sanitario sia «vicino all’implosione» è stato infine Franco Cavalli, poiché «un aumento annuale dei costi del 3-4% non può continuare a lungo. Una serie di studi mostra che nel campo della salute come in quello dell’educazione, se il sistema non viene finanziato in modo proporzionale al reddito – con le imposte o i premi – si va incontro a una spaccatura che crea un’offerta per poveri e una per ricchi». Per evitare il collasso sono tre gli ambiti di intervento suggeriti da Cavalli. Il primo è l’istituzione di una cassa malati unica, «conditio sine qua non» per iniziare a risolvere i problemi: ridurrebbe i costi amministrativi e creerebbe la trasparenza necessaria per controlli efficaci. Servirebbe poi una regolamentazione nel settore ambulatoriale – esente da pianificazione cantonale – e una sui prezzi dei farmaci, «responsabili di quasi la metà dell’aumento totale dei costi sanitari», una situazione, rileva Cavalli, destinata a peggiorare a causa dell’impatto delle politiche di Trump che incentivano le aziende farmaceutiche ad aumentare i prezzi in Europa.

La partecipazione alla giornata è gratuita. È richiesta l'iscrizione sul sito dell'Associazione per la difesa del servizio pubblico.