Lanciata la campagna a favore dell’iniziativa progressista in votazione il 28 settembre. ‘A differenza di quella della Lega porta sollievo al ceto medio’
«Un principio tanto semplice quanto concreto» per iniziare a uscire da «una situazione insostenibile»: che nessuno debba pagare più del 10% del proprio reddito disponibile per i premi di cassa malati. È in questi termini che la copresidente del Partito socialista Laura Riget ha lanciato davanti ai rappresentanti dei media la campagna per il “sì” all’iniziativa popolare ‘Esplosione premi di cassa malati: ora basta!’, meglio conosciuta come ‘Iniziativa per il 10%’, su cui i ticinesi sono chiamati a votare il 28 settembre. Presentata dal Ps e sostenuta da un ampio fronte progressista, l’iniziativa è nata nel dicembre 2022 dopo l’annuncio di massicci aumenti dei premi per l’anno successivo – aumenti che in quelli a venire si sono ripetuti e sono spesso risultati i più alti del Paese – nel cantone col salario mediano più basso. Lo scopo: «Offrire un sollievo tangibile a una larga fetta della popolazione ticinese: il 61% secondo le stime del Consiglio di Stato».
L’iniziativa prevede di ampliare la fascia dei beneficiari della Ripam, ovvero i cosiddetti sussidi di cassa malati, concedendoli a tutti coloro che spendono per i premi oltre un decimo del reddito disponibile. «Abbiamo mantenuto il concetto di reddito disponibile in quanto è già attualmente usato nella Legge cantonale d’applicazione della LaMal per definire chi ha diritto alla Ripam – ha spiegato Riget –. Questo garantisce un’implementazione semplice della nostra iniziativa senza creare nuova burocrazia. Inoltre il principio del reddito disponibile è socialmente più equo di altri quali il reddito netto o imponibile», ha specificato la copresidente socialista. Per quanto riguarda i costi dell’iniziativa a carico del Cantone, stimati dal governo in 300 milioni di franchi – stima definita dagli iniziativisti «un po’ grossolana» – Riget ha concesso che anche se fossero più bassi sarebbero comunque «costi sicuramente importanti, che però rispecchiano l’enormità del problema». Ma soprattutto, ha sottolineato, «si tratta di una cifra che già attualmente la maggior parte dei cittadini paga spendendo oltre il 10% del reddito disponibile». Riget ha annunciato che una proposta di «finanziamento solidale» sarà avanzata nelle prossime settimane e ha espresso l’auspicio che l’iniziativa sia solo un primo passo verso il passaggio a una cassa malati federale unica e pubblica in base al reddito.
Per mostrare come l’iniziativa andrebbe a beneficio di migliaia di persone soprattutto del ceto medio Tamara Merlo di Più Donne ha portato degli esempi: «Oggi una persona sola con un reddito modesto di 42mila franchi può arrivare a pagare fino al 17% del proprio stipendio in premi senza ricevere alcun aiuto. Con l’iniziativa avrebbe un sostegno di oltre 2’800 franchi l’anno. Anche molte coppie di pensionati, che oggi destinano oltre il 20% del reddito ai premi, risparmierebbero più di 7’000 franchi». Per Merlo quello proposto è «un cambiamento radicale, che restituirebbe a migliaia di ticinesi più potere d’acquisto, più sicurezza, più serenità, con benefici concreti anche sulla società intera».
Dal canto suo Giuseppe Sergi del Movimento per il Socialismo ha tenuto a confutare l’espressione “esplosione dei costi sanitari” che i contrari all’Iniziativa per 10% usano per sostenere che il vero problema è l’incremento dei costi della salute da cui deriva quello dei premi. «Eppure i costi della salute incidono nella misura dell’11,5% del Prodotto interno lordo, non molto più di dieci anni fa quando erano intorno al 10,7%. E una forchetta tra il 10 e il 12% del Pil è in linea con quella di molti dei Paesi industrializzati comparabili alla Svizzera». Pure Sergi ha poi evidenziato che gli stimati 300 milioni «c’è già qualcuno che li mette, e sono quelle famiglie, quei salariati, quei pensionati che pagano gli stessi premi di un milionario». Insomma, per il deputato Mps il problema non sono le prestazioni del sistema sanitario svizzero da ridurre ma il sistema di finanziamento iniquo che grava in modo sproporzionato su chi ha salari normali o al di sotto della media.
Su un simile solco argomentativo anche Rudi Alves del Partito comunista che ha insistito sul fatto che l’origine dei problemi è la stagnazione dei salari, nonché sulla necessità di rafforzare i redditi delle famiglie: «L’iniziativa 10% va proprio in questo senso in quanto redistribuisce in modo più equo il peso dei premi. Perché se due terzi della popolazione ticinese deve sostenere costi della salute sopra la soglia del 10% significa che c’è una disfunzione alla base ed è illusorio credere che si possa fare un contenimento significativo dei costi della salute per risolverlo». D’altro canto, se approvata, l’iniziativa «sposterebbe la responsabilità dell’aumento dei premi dai cittadini al Cantone obbligandolo ad agire per ridurre gli sprechi, favorire la prevenzione e pianificare meglio l’offerta ospedaliera, evitando la costosa pseudo-concorrenza tra pubblico e privato».
Rocco Vitale dei Verdi ha invece confrontato l’Iniziativa per il 10% definita «una vera e propria boccata d’ossigeno» con quella della Lega dei ticinesi denominata ‘Basta spennare il cittadino, cassa malati deducibile integralmente!’, anch’essa in votazione popolare il 28 settembre, definita dall’esponente del partito ecologista «la classica ricetta della destra che privilegia esclusivamente i redditi più alti». Vitale ha usato un esempio esplicativo: «Una famiglia del ceto medio con un reddito di 117’000 franchi con l’iniziativa 10% risparmierebbe 4’000 franchi, ma solo 291 franchi con quella leghista. Mentre una famiglia con un reddito alto di 250’000 franchi non otterrebbe alcun beneficio dalla prima iniziativa, ma guadagnerebbe 1’760 franchi con quella leghista». C’è pertanto «solo un’iniziativa in votazione che porta sollievo reale al certo medio e pone le basi affinché la salute venga nuovamente considerata come un diritto fondamentale e non un peso economico insostenibile», ha concluso Vitale, «ed è quella del 10%».