Tra i manifesti dei maestri ed esemplari storici, s’inaugura domani a Chiasso ‘Bicicletta e motocicletta fra grafica e design’ (fino al 20 luglio)
Don Camillo e bicicletta è un binomio che l’umanità si è dovuta conquistare. Oggi la ‘Fernandel’ (dall’attore che impersonò il religioso nella saga con Gino Cervi, l’onorevole Peppone) è un modello di due ruote intellettuali griffato Treccani ottenibile su ordinazione. “L’uomo è una locomotiva creata dalla natura che non può essere migliorata con l’aggiunta di pedali o ruote”, scrissero ben prima della nascita di Giovannino Guareschi i giornali, alla vista dei primi uomini in sella a una bicicletta. Quel “mostro meccanico”, come qualcuno lo definì, imponeva posture poco consone a uomini e soprattutto donne. Ancor più ai preti, minacciati di scomunica se sorpresi a pedalare.
“Scompagina un mondo mentale immutato da secoli e, come tutto ciò che è nuovo, è considerato come un elemento perturbante”, scrive Stefano Pivato in uno dei saggi che accompagnano il catalogo di ‘Bicicletta e motocicletta fra grafica e design’, mostra che si apre il 31 marzo al m.a.x. museo di Chiasso (inaugurazione domani alle 18), inserita nell’approfondimento che il museo dedica ciclicamente ai mezzi di trasporto. Quanto esposto sino al 20 luglio ci riporta, con un certo stupore, ai giorni di “scontro fra parassiti e innovatori, conservatori e modernisti” che seguirono all’invenzione, per condurci sino a un oggi di movimento e velocità la cui accelerazione nasce, non senza paure e polemiche, alla fine dell’Ottocento. Pivato – professore emerito di Storia contemporanea, studioso dei comportamenti collettivi – cura la mostra insieme a Giorgio Sarti – ingegnere e imprenditore appassionato di motociclette, autore della prima enciclopedia sulla storia della moto – e Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo.
Collezione Salce
Plinio Codognato, L’Jtala, 1922-1930 ca. Manifesto pubblicitario. Cromolitografia
Dopo ‘Auto che passione’ (2018) dedicata all’automobile e ‘Treni fra arte, grafica e design’ (2021) dedicata ai mezzi di locomozione su rotaia, ‘Bicicletta e motocicletta fra grafica e design’ è mostra che ripercorre, come per le precedenti, la storia del manufatto attraverso i manifesti dei maestri della grafica d’impresa, ‘puntellati’ da esemplari fisici di due ruote, con motore o senza. Oltre cento le opere grafiche esposte, tra cui 52 manifesti stampati con tecnica cromolitografica oppure offset. Tra pareti e teche, di piano in piano, locandine, bozzetti, dépliant, cartoline, fotografie d’epoca e brochure.
La ‘fisicità’ esordisce nella hall del museo, dove sono parcheggiati un biciclo della britannica Hillman, Herbert & Cooper Ltd del 1885, una ‘Michaudine’ del 1869 (con ruote in legno) dell’italiana Bestetti-Monza e un sidecar di fine anni Venti, uno dei cinque modelli esistenti di AJS (Modello M), altra casa britannica.
Le origini della bicicletta sono un piano sotto, insieme ad altri esemplari: una Michaux del 1861 e un triciclo Peugeot del 1891, guardati dai manifesti di Marcello Dudovich, Aleardo Villa, Alberto Giacomo Spiridione, Gino Alessandrini, Aleardo Terzi, Plinio Codognato e altri di fabbricazione inglese, francese e tedesca, con predominanza di figure femminili. Spiccano l’Icaro di Alessandrini che per i cicli Fiat si toglie le ali e le lega ai pedali, e la figura diabolica di Codognato, che cavalca una Bianchi e con essa le paure della Chiesa, secondo la quale la bicicletta era opera del diavolo. Quella Bianchi da uomo, datata 1906, è poco distante.
Collezione Salce
Plinio Codognato, Bianchi - 1911-1920 ca.
La sala 2 riassume le fortune della bicicletta dagli anni Trenta fino al boom economico. Alle pareti, il marchio Atala secondo Achille Luciano Mauzan, la Frera secondo Codognato e altre storiche aziende nelle visioni di Gino Boccasile. Più un esemplare di bicicletta autarchica in legno del 1935/1936 e una in allumino recuperato dalla carlinga di aerei abbattuti, risalente agli anni Quaranta. Una volta superati, tra le altre, un’antica bicicletta dell’elettricista e del pompiere e il sinuoso manifesto Liberty che promuove la Prinetti Stucchi & C., marchio italiano di macchine da cucito, biciclette e veicoli a motore, la bicicletta evolve in motocicletta nella Sala 3 davanti a un secondo Icaro, il manifesto realizzato da Leopoldo Metlicovitz per la Mostra del ciclo e dell’automobile del 1907. Grosso, Rubino, ancora Codognato (Moto Galloni), Santambrogio (Gilera) i titolari delle altre opere esposte, insieme ad altri esemplari di motociclette, questa volta svizzeri: il motociclo Zendher Sport, la Motosacoche, la Condor Grand Sport 521 e la Moto Ticino della chiassese Attilio Faroppa Sa.
La quarta e conclusiva sala è dominata dalle linee grafiche ma pure reali di una Lambretta ‘C’ Innocenti e di una Vespa V30T Piaggio, tra manifesti di Armando Testa per Moto Guzzi e di Boccasile per Gilera.
Collezione Salce
Autore sconosciuto, Lambretta 48, 1955. Locandina pubblicitaria. Riproduzione fotomeccanica
Nell’incontro di presentazione, Stefano Pivato definisce la mostra “uno strumento per leggere la storia della società” e non – citando altre esposizioni – una sfilata di biciclette inforcate dai grandi campioni. “Mi sono spesso chiesto – dice ancora – perché in Italia ‘bicicletta’ sia di genere femminile, venendo da velocipede, triciclo, biciclo. In Francia è maschile, in Germania neutro. I linguisti non hanno saputo darmi una risposta”. Resta il fatto che mai come per la bicicletta la figura femminile è decisiva: “Guardando ai manifesti, siamo all’inizio del coinvolgimento della donna come veicolo pubblicitario”.
“Sono motociclisticamente figlio degli anni Settanta. Col tempo le moto che sognavo le ho studiate, e qualcuna collezionata. Siccome nessuno scriveva niente, allora ho pensato di scrivere io”. A Chiasso parla anche Giorgio Sarti, producendosi in un vademecum della due ruote motorizzata che dagli albori ci porta alla funzione primaria assunta dalla stessa durante la guerra per la consegna dei dispacci e nel dopoguerra in quanto unico mezzo economicamente accessibile. Fino al crollo causato dalla commercializzazione delle utilitarie, che gli scooter hanno invano tentato di contrastare. Infine, la rinascita nel 1968, quando la Honda s’inventò “il magico pulsantino dell’avviamento elettrico, e addio pedivella”.
Collezione Salce
Plinio Codognato, Frera, 1920-1930 ca. Manifesto pubblicitario
Diciamo di ‘Una cornice per artisti emergenti’, opportunità espositiva per i giovani artisti: ammirabile nella bow window dello Spazio Officina è l’opera ‘Le rivoluzioni della ruota’ di Manuel Walter con Estelle Vezzoli e Svetozar Stojic. Diciamo anche del Bosco dei manifesti antistante l’entrata del m.a.x. museo, che ospita una trentina di disegni di Rodolfo Frascoli, nome di riferimento del design applicato alla motocicletta. Che ricorda: “A metà anni Ottanta esistevano solo car designer perché fatta eccezione per la presenza di un motore, biciclette e motociclette erano assai simili”. La figura del designer è rimasta scollegata dal processo produttivo almeno sino all’arrivo della plastica, materiale duttile. E così “le motociclette, che prima nascevano dal consulto tra gli ingegneri e, al massimo, l’ufficio marketing hanno dovuto includere la figura ingombrante, amata e odiata del designer”. Odiata per i costi e perché diceva, e dice ancora, “questo è bello e questo no”.
“Oggi invece – chiude Frascoli, presente in mostra anche con un prototipo di Triumph Trident stampata in 3D – la scienza del design è parte della motociclistica. Quando propone un concept, il designer deve avere competenza tecnica, deve suggerire forme e stili realizzabili, ma soprattutto forme che vendano”. Perché “non c’è buon designer senza il riscontro sul mercato”, pena il diventare, la motocicletta, “opera d’arte fine a sé stessa”.
Museo del falegname ‘Tino Sana’
Conferenze pubbliche, eventi collaterali e laboratori su www.centroculturalechiasso.ch. Nella foto, bicicletta Mosquito per elettricista Bianchi, Italia, 1940-1950 ca.