L’ultimo film di Coogler ha la qualità di aver ricostruito, all’interno di un'opera d’intrattenimento, uno spaccato della vita afroamericana degli anni 30
‘Blood & Sinners’ è l’ultimo film di Ryan Coogler, regista afroamericano dei due ‘Black Panther’ e di ‘Creed’. È un film di vampiri ambientato, in parte, in un locale dove si fa musica e gli spettatori oltre i trent’anni non possono non pensare a ‘Dal tramonto all’alba’, il film di Robert Rodriguez con George Clooney e Quentin Tarantino che devono vedersela con una delle vampire più sexy della storia del cinema, Salma Hayek. Cito il film di Rodriguez perché dove lì niente era serio e tutto si fermava alla letteralità delle immagini e dell’azione, dove non c’era altro che un puro piacere cinematografico da film di Serie B fatto bene, in quello di Coogler invece è tutto serio, tutto metaforico, il cinema è solo uno strumento per passare un messaggio.
La qualità di ‘Blood & Sinners’ che gli riconosce la stampa americana è principalmente quella di aver ricostruito, all’interno di un film d’intrattenimento, con i vampiri, appunto, uno spaccato della vita afroamericana degli anni 30. Il film è ambientato a Clarksdale, Mississippi, un posto famoso per le piantagioni di cotone e dove si dice sia nato il blues. A Clarksdale c’è il “devil crossroads”, ovvero l’incrocio tra le Highway 61 e 49 dove secondo la leggenda Robert Johnson avrebbe ceduto l’anima al diavolo in cambio del suo talento nel suonare la chitarra. Uno dei protagonisti del film di Coogler è un ragazzo di nome Sammie, abile con la chitarra e con una voce profonda. Che anziché essere invitato dal diavolo a qualche patto reciprocamente conveniente viene assalito da un’orda di vampiri. Il vampiro principale, il paziente zero, diciamo, è bianco di origine irlandese e suona al banjo quella buffa musica in cui si balla incrociando le gambe. Quando è abbastanza vicino a Sammie gli dice: «Voglio la tua musica, le tue storie, e tu non puoi avere le mie».
I lettori mi perdoneranno lo spoiler ma (oltre al fatto che sono temi e citazioni già riportate in diversi articoli come questo) la mia idea al riguardo è che se la visione di un film può essere rovinata da un racconto minimo di quello che succede e dallo svelamento di una metafora così evidente e sbattuta in faccia agli spettatori, allora non è un buon film. I vampiri, dicevamo, sono i bianchi al tempo della segregazione ma, più in generale, i bianchi che rubano la musica ai neri. Il povero Elvis si sta rigirando nella tomba. Ma i cattivi sono anche gli hipster che dentro le loro teste vivono in una società post-razziale e pienamente multiculturale, così come i neri integrati, rappresentati da quei personaggi che dopo essere stati morsi diventano vampiri a loro volta. Per carità: niente da dire, la ricostruzione storica è piuttosto oggettiva, è andata così.
Tutte le interpretazioni sono ottime, a cominciare da quella doppia del protagonista di ‘Blood & Sinners’, Michael B. Jordan, che interpreta entrambi i gemelli che aprono il locale poi assalito dai vampiri. La regia di Coogler è a tratti un po’ manierista nel modo in cui racconta i vari passaggi pratici che mandano avanti la trama e alcuni dialoghi sembrano messi in scena da personaggi di un museo, ma c’è almeno una scena che vale da sola il prezzo del biglietto. Ed è quella dove Coogler non spiega niente, non metaforizza niente, ma si limita a farci “vedere” l’idea che ha avuto, ovvero far ballare tutti insieme nella stessa sala figure tribali africane e b-boy degli anni 90, mischiare passato e futuro (rispetto al tempo raccontato nel film) della cultura musicale “nera”. Ne viene fuori uno splendido omaggio, visivamente coinvolgente e denso di significato.
Se solo Coogler avesse spiegato meno di cosa parlava il suo film, e si fosse divertito di più a farcelo vedere, avrebbe potuto essere qualcosa di più di un film-metafora. ‘Blood & Sinners’ sta avendo un successo straordinario di pubblico e critica ma è difficile che lasci qualcosa di più nella mente di chi lo guarda di quello che lasciano gli slogan durante le manifestazioni. Possiamo anche essere d’accordo con Coogler, ma che palle i vampiri hipster.