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Gabriele Pezzoli Trio: dieci anni dopo, nel mese di ‘June’

Nella formula imprescindibile e ritrovata, il pianista ticinese con Cédric Gysler al contrabbasso e Brian Quinn alla batteria per un fior di disco

Negli store digitali, su cd e, da fine marzo, in vinile a edizione limitata. Info: www.gabrielepezzoli.com
26 febbraio 2025
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A pubblicare è l’elvetica Altrisuoni e a parte due brani di repertorio (‘Alfonsina y el Mar’ di Ramirez e Luna e il ‘Continuum’ di Jaco Pastorius), le restanti nove tracce vengono da Gabriele Pezzoli (in numero di otto) e dal contrabbassista Cédric Gysler (una). Con Brian Quinn alla batteria, questo è ‘June’ (Giugno), nuovo album di Pezzoli che, seduto al pianoforte, è a capo del trio che è nato venticinque anni fa e che porta i suoi nome e cognome. Dopo gli ultimi anni spesi intensamente nel collettivo Blue 2147 (nel 2019 scrivemmo di r:ed, lo spin off che portò a ‘Backdrops’), e insieme alla modalità piano solo, il pianista ticinese torna alla formula imprescindibile per questo strumento.

«Il trio è una delle mie forme preferite e per i pianisti in generale è davvero un punto di riferimento. A Losanna (dove ha studiato, ndr) era materia scolastica, al mattino si faceva proprio il corso di piano trio. D’altra parte questa è la formula orchestrale completa in formato supertascabile in cui tutti i ruoli sono coperti, melodico armonico ritmico dinamico e formale. Con la scrittura e l’improvvisazione, in trio si può davvero fare di tutto senza la necessità di avere un gruppo molto numeroso di musicisti, preservando l’equilibrio tra le individualità, con le parti d’insieme combinate in modo sempre interessante e creativo».

Ritmicamente

‘June’ è un fior di disco che ha in ‘White Marble’, nella metheniana ‘September’ e in ‘May’, una di seguito all’altra, una specie di triplice punto di non ritorno. Senza entrare nel cliché del “nasce prima la musica o le parole?”, forti anche del fatto che le parole qui non ci sono, entriamo più in profondità nelle modalità di scrittura che il trio offre, facendoci un po’ i fatti di Pezzoli, in questo lavoro concepito ben oltre i nove mesi canonici in cui si danno alla luce le creature: «Non è un problema parlare dei dietro le quinte, amo farlo», rassicura Gabriele, che ricorda la rilassata e invernale ‘Snowly’, che chiude il disco, frutto del gusto di Gysler, e per quanto il grosso venga dal pianoforte, «ho scritto sempre concordando in anticipo il grosso con i musicisti, focalizzando un certo tipo di linguaggio, includendo alcune cose ed escludendone altre. In questo senso è stato un lavoro molto armonico, durato diversi anni». Dice di avere pensato a lungo dove indirizzare la formazione, il cui ultimo atto discografico risale a dieci anni fa, i paesaggi sonori di ‘Viljandi’, «un disco quasi ambient, cui segue ora questo lavoro più improntato sull’elemento ritmico».

Forse è proprio quel ‘ritmico’ di cui dice il pianista a spiegarci perché – nella sopraccitata ‘September’, per esempio – ci si convinca che da qualche parte stia suonando una chitarra, che invece non c’è. ‘September’ l’abbiamo definita metheniana perché lì il pianoforte si muove chitarristicamente: «La citazione tocca uno dei miei musicisti preferiti. Avendo ascoltato così tanto Pat Metheny è inevitabile prendere qualcosa e portarlo con sé. È vero, rispetto ad altre situazioni di trio, il pianoforte ha qui una mano sinistra molto ‘impegnata’, laddove in altre circostanze rimane molto libera. C’è una sorta di base ritmico-armonica molto presente, con la mano destra tradizionalmente dedita alle linee melodiche». A conferma del chitarrismo diffuso: «Abbiamo utilizzato delle specie di riff per la mano sinistra del pianoforte, e i riff sono elementi tipicamente chitarristici».

Suggestione pura

La bellezza di ‘Velvet’ (Velluto, quale altro titolo), la piccola seduta di ipnosi chiamata ‘Eleven Steps’ e una ‘April’ degna d’un Dave Grusin. ‘June’ passa di emozione in emozione e di mese in mese (c’è pure ‘October’). «I mesi dell’anno sono un gioco», spiega Gabriele. «Non è l’idea di concept album, avevamo alcune composizioni suonate dal vivo da anni e che non erano mai entrate nei nostri dischi. Prima che invecchiassero troppo volevamo dare loro un posto nel tempo. Un paio già portavano come titolo un mese, per motivi personali o ‘meteorologici’, ma senza alcuna forzatura. I mesi non sono in ordine, ne mancano alcuni, sono parte di un percorso libero e di pura suggestione. Nemmeno parlerei di ispirazione».

Torna la ritmica, quando chiediamo a Pezzoli dove stia questo disco nella timeline della sua vita artistica: «‘June’ arriva nel punto in cui, musicalmente, la questione ritmica è divenuta centrale. Dal disco precedente in avanti abbiamo lavorato molto intensamente con il collettivo d’improvvisazione, nel quale il nocciolo, il focus è proprio il ritmo, e credo che qui la ricerca ritmica si percepisca. Dal punto di vista personale, avevo molta voglia di fare questo disco, soffrivo per un trio fermo dal punto di vista discografico». Benedetta, allora, anche la forma fisica del nuovo lavoro, disponibile in cd e vinile. Perché nel primo caso «si mormora, tra gli addetti ai lavori, di un piccolo ritorno dei cd» e perché nel secondo caso il vinile è stato una sorpresa: «Ero un poco scettico, poi una volta ricevute le stampe di prova mi sono reso conto della sua forza. Per via del formato, che richiede due mani per essere maneggiato, e per quel dover fare una scelta di repertorio dovuta al fatto che il vinile non ha la stessa capacità del cd, e il pensiero deve ulteriormente condensarsi. E poi si tratta di decidere dove termina il lato A e inizia il lato B, dunque dove far alzare dalla poltrona l’ascoltatore. Oltre a essere un bell’oggetto, tutte queste implicazioni lo rendono molto interessante».

Uno degli eventi da non perdere legati a ‘June’ riguarda JazzAscona. «È l’anno giusto, quello del disco, suoneremo su uno dei palchi principali e ci fa molto piacere, perché JazzAscona è una realtà locale alla quale crediamo molto». L’appuntamento è per il 30. Il 30 di ‘June’.