Ha scelto il Sociale per l’anteprima de ‘La donna è mobile’, tributo alle artiste tutte e alle canzoni che le hanno raccontate. Il 5 aprile a Bellinzona
Pensando a posteriori, e a tutte le grandi canzoni escluse dai direttori artistici, è difficile che nel Sanremo del tunz-tunz di Amadeus potesse farsi spazio ‘Tempo da consumare’, canzone scritta da Fabio Ilaqua, autore-agricoltore senza telefono cellulare che nel 2022 ha firmato tracce nell’aggraziato ‘Petali’, album con il quale Simona Molinari, interprete e cantautrice tra le voci più belle e coerenti d’Italia, ha vinto una Targa Tenco per la migliore interpretazione. Simona si è ripetuta un anno fa, e con la stessa motivazione, per ‘Hasta siempre Mercedes’, disco dedicato alla cantante e attivista argentina Mercedes Sosa (1935-2009), una storia portata a teatro con Cosimo Damiano Damato in ‘El pelusa y la negra’, spettacolo che unisce l’icona della musica con quella del calcio, Diego Armando Maradona.
Il Tenco e l’Argentina sono le tappe più recenti di Molinari, che il grande pubblico ha conosciuto a tempo di swing ma che ha esteso le sue competenze fino al cinema (recita in ‘C’è tempo’, film del 2019 di Walter Veltroni). Con lo zampino di Nicolas Gilliet, sabato 5 aprile alle 20.45 l’artista italiana presenta al Teatro Sociale di Bellinzona l’anteprima de ‘La donna è mobile’, viaggio nella storia della musica attraverso gli occhi di donne, artiste e compositrici e relative canzoni che ne hanno raccontato la grandezza. Scritto con Simona Orlando, lo spettacolo è tutto al femminile anche per la formazione sul palco: Sade Mangiaracina (pianoforte, tastiera), Chiara Lucchini (sax contralto e voce), Elisabetta Pasquale (basso, contrabbasso e voce) e Francesca Remigi (batteria), tra l’aria del Rigoletto che dà il titolo allo show e Bille Eilish, tra Dalla e Milly e altre, altri.
Ritroviamo Simona a quasi dieci anni da ‘Casa mia’, album con il quale nel 2016, neomamma di Anita, si presentò a JazzAscona. Riepilogativo di tutta la musica amata, quel disco aprì a un lungo silenzio discografico arrivato sino a ‘Petali’. «Ma non è stato un silenzio musicale, perché sono stata in tour con tanti progetti. Mi sono fermata discograficamente per rimettere a posto un po’ di cose, e per motivi non dipendenti dalla mia volontà», ci dice oggi l’artista a qualche giorno da ‘La donna è mobile’. «Bellinzona è la data zero. Chissà, un giorno questo spettacolo potrebbe pure diventare un disco».
Simona Molinari, si era riproposta di aggiornare un giorno i classici di ‘Casa mia’: in questi nove anni da quel disco ha considerato altre pietre miliari?
Ci sarebbero ancora tante canzoni da aggiungere, e alcune saranno nel concerto di Bellinzona. ‘La donna è mobile’ è un percorso che racconta l’emancipazione attraverso una musica spesso scritta da donne, anche se la cosa non era nota. Sarà un racconto nel quale andrà a inserirsi la musica, insieme a grandi musiciste che parteciperanno anche con le loro voci. Già nel 2015 cantavo Ella Fitzgerald, la prima donna che mi ha affascinata per i suoi sogni sulla carta irrealizzabili in quanto afroamericana negli anni Trenta in America. Anche il suo è stato un percorso di emancipazione attraverso la musica.
‘Hasta siempre Mercedes’ è un’altra tappa di un focus sul femminile di cui ‘Petali’ è il capitolo più personale. Perché Sosa?
‘Hasta siempre Mercedes’ è un progetto speciale che mi ha aperto un nuovo modo di intendere la musica. Oltre che come strumento musicale, Mercedes Sosa ha usato la voce come strumento di divulgazione, di trasferimento di ideali, in una lotta vera e propria per un ritorno all’umanità. La sua musica è rimasta nel cuore del popolo argentino, ma chiunque abbia assistito a un suo concerto sarà stato colpito dalla carica e dal cuore che metteva in quel che cantava. Il suo è un livello molto più profondo di intendere la musica, più alto della semplice esecuzione del brano.
L’esordio nel musical, il jazz, la canzone d’autore, teatro e cinema. Cosa manca ancora a Simona Molinari?
Forse dovrei scrivere un libro (ride, ndr).
Com’è stato il cinema?
Bellissimo, ma in fondo tutto ciò che è la ‘finzione’ di un palcoscenico, cinematografico, teatrale o musicale che sia, ti libera e ti consente di semplificare concetti che ti stanno a cuore e puoi divulgare sotto forma di arte. Mi piace sfruttare questa possibilità con tutti i mezzi che ho a disposizione, mi sento una comunicatrice oltre che una cantante.
Il jazz, sostiene lei, è comunque il suo ambiente naturale…
Nel jazz ho sicuramente la mia zona di comfort, forse perché è da lì che per me è partito tutto.
Il Festival di Sanremo, al quale lei ha regalato bellissime pagine di canzone jazzata, pare essersi dimenticato del jazz. Come se lo spiega?
Credo che il jazz sia un genere che meno lo si ascolta e meno si è pronti per apprezzarlo, meno lo si propone e meno viene cercato. Temo che il livello dell’ascoltatore medio non sia abbastanza educato alla musica in questo senso. Oggi è tutto molto istintivo e deve essere molto veloce. Il jazz richiede codici che non tutti hanno modo di comprendere e nell’ottica di questa immediatezza, immagino che un direttore artistico possa non prenderlo in considerazione.
Lei ha trascorsi in conservatorio. La musica è anche studio, non solo istintività…
All’ultimo anno di canto lirico ho cominciato a girare con un musical e non mi sono mai diplomata, ma proprio attraverso gli studi classici e il canto e il pianoforte al conservatorio ho potuto comprendere il linguaggio del jazz e del pop, ho capito come iniziare a camminare prima di correre, in modo molto graduale. Oggi sul palco quegli studi sono le mie risorse, le mie fondamenta.
Gilberto Gil, Peter Cincotti, Al Jarreau, Raphael Gualazzi, Massimo Ranieri, Ornella Vanoni. Faccia un torto ad altri e scelga la collaborazione più bella della sua carriera.
Le cose più divertenti, perché alla pari, sono accadute con Peter Cincotti e Raphael Gualazzi. Con quest’ultimo, oltre che Sanremo nel 2020, abbiamo fatto tanti concerti, siamo cugini musicali. Ho cantato pochi giorni fa a Bologna con Ornella Vanoni, una donna che mi è entrata nel cuore. È l’icona italiana alla quale mi sento più vicina e alla quale mi sono più ispirata. È una donna di un’intelligenza incredibile, che ha vissuto una vita incredibile e che a novant’anni canta ancora con una voce che tutti abbiamo nel cuore.